L’Unione europea ha ribadito più volte ai Paesi dell’area l’importanza di sanzionare la Russia. Invito rivolto particolarmente alla Serbia, che risponde: “Non possiamo permetterci prezzi alti del gas”
Se Albania, Montenegro, Macedonia del Nord, Bosnia ed Herzegovina e Kosovo hanno seguito la linea dell’Ue sulle sanzioni alla Russia, lo stesso non si può dire per la Serbia di Aleksandar Vučić, Presidente della nazione balcanica che da mesi cerca di tenersi neutrale tra Bruxelles e Mosca, nonostante i molteplici rischi verso i quali potrebbe incorrere. Su tutti, il processo d’integrazione verso l’Unione europea che, come spiegato dall’Alto Commissario Josep Borrell, non può vedere le nazioni che auspicano all’ingresso disallineate con la politica estera Ue sulla questione Ucraina.
Nei giorni scorsi l’Alto Commissario ha incontrato a più riprese gli esponenti delle nazioni balcaniche: l’11 maggio nel corso di una cena di lavoro con i Presidenti di Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, nella giornata di ieri con i rispettivi Ministri degli Esteri per l’incontro allargato del Fac, il Foreign Affairs Council dedicato alla difesa con tematiche che spaziavano dalla crisi in Ucraina al Mali.
In entrambe le occasioni, Borrell ha ribadito l’importanza dei Paesi balcanici per “rispondere alle gravi conseguenze della guerra, specie sui prezzi dell’energia, del cibo, e della stabilità regionale e globale”, invitandoli a dare un segnale congiunto contro “l’ingiustificata aggressione” di Mosca. Sulla carta tutto regolare, ma la Serbia, come sottolineato da Vučić durante un’intervista tv rilasciata successivamente agli incontri europei, non sembra agire come Bruxelles vorrebbe.
Il problema ruota ancora una volta attorno all’energia. “Mi aspetto un accordo con la Russia per un prezzo normale del gas”, ha detto il Presidente. “Per noi è importante, ho ricevuto rassicurazioni dalla Bulgaria sul fatto che non causerà problemi al flusso di gas che arriverà in Serbia”. Ma per Borrell mantenere stretti legami con il regime di Putin non è più compatibile con la costruzione comune del futuro dell’Unione europea. “Rimanere neutrali è un falso concetto: una nazione ha invaso un’altra, la neutralità non distingue tra chi è l’occupante e l’occupato”, ha rimarcato.
Ma perché questo freno ad abbracciare le posizioni europee? Secondo un sondaggio dello European Council on Foreign Relations, il 54% dei cittadini serbi ritiene la Russia un alleato, il 95% lo vede come un partner necessario. Solo l’11% degli intervistati vede nella stessa maniera l’Unione europea. Dati statistici che il Governo Vučić conosce bene, motivazioni di politica interna per le quali Belgrado tende ad arginare ancora, a distanza di mesi dall’inizio dell’invasione, le pressioni europee sulle sanzioni contro Mosca.
Ma si avvicina sempre più il giorno nel quale la Serbia dovrà fare una scelta di campo, senz’altro scontentando la Federazione e, allo stesso tempo, esponendosi a maggiori rischi. Esattamente quelli presi dagli altri 5 Paesi balcanici, che hanno trovato il favore di Borrell, ai quali ha promesso supporto finanziario per mitigare la crisi.
Nei giorni scorsi l’Alto Commissario ha incontrato a più riprese gli esponenti delle nazioni balcaniche: l’11 maggio nel corso di una cena di lavoro con i Presidenti di Serbia, Montenegro, Albania, Macedonia del Nord, Bosnia ed Erzegovina, Kosovo, nella giornata di ieri con i rispettivi Ministri degli Esteri per l’incontro allargato del Fac, il Foreign Affairs Council dedicato alla difesa con tematiche che spaziavano dalla crisi in Ucraina al Mali.