L’associazione di categoria del Regno Unito stima un calo del 68% nel volume delle esportazioni verso l’Ue, ma il Governo nega i numeri
Un camion in piazza del Parlamento a Londra, Gran Bretagna, 18 gennaio 2021. REUTERS/Hannah McKay
Nei giorni scorsi ha fatto discutere un report della Road Haulage Association, importante e unica associazione di categoria per il trasporto dei beni nel Regno Unito, che stima un crollo del 68% delle esportazioni verso l’Unione europea. La Rha ha inviato il documento a Michael Gove, Cabinet Office Minister del Governo di Boris Johnson, notando come sia diminuito di più della metà il volume di beni esportati e transitati dai porti britannici, chiedendo un intervento urgente per risolvere la situazione.
Il crollo post-Brexit
Richard Burnett, Amministratore dell’Rha, ha spiegato che, nonostante le ripetute segnalazioni all’esecutivo conservatore in carica affinché prendesse in considerazione l’allarme lanciato dall’industria dei trasporti, non sono state messe in atto le misure per evitare il rallentamento delle ispezioni doganali. In particolare, la proposta della Road Haulage Association puntava sull’aumento degli agenti da 10mila a 50mila, numero necessario vista l’accresciuta burocrazia.
Inoltre, tra il 65% e il 75% dei veicoli arrivati in Uk dal Vecchio Continente sono tornati in Ue vuoti. Burnett, che ha evidenziato la gravità dei numeri in un’intervista all’Observer, ha detto di essersi sentito frustrato sul fatto che i Ministri non abbiamo voluto ascoltare il parere degli esperti e del mondo industriale. “Non abbiamo ricevuto nessuna risposta formale, ma solo comunicazioni su Whatsapp da parte di Michael Gove: una completa perdita di tempo, perché non ascoltano le tematiche che abbiamo sottoposto”, ha aggiunto il Chief Executive di Rha.
Ai commenti si aggiungono quelli del responsabile dell’Associazione dei Porti Britannici Richard Ballantyne: il -68% “è del tutto il linea con la mia impressione del calo di traffico”. Le previsioni non sono positive: infatti, per Ballantyne il Regno Unito non sarà pronto alla data del primo luglio, quando i controlli per i beni in arrivo dall’Europa saranno fisici e uno a uno. A oggi, vige un periodo di grazia — grace period — che avrebbe dovuto agevolare la fase iniziale ma a quanto si apprende, è ancora tutto — letteralmente — in alto mare.
La risposta del Governo
“Non riconosciamo i dati dell’Rha e non sono stati condivisi ulteriori dettagli”, ha commentato il Cabinet Office. I numeri parlano di cifre quasi normali, tra il +96% di circolazione delle merci nei porti britannici e il 95% per quelli outbound, nonostante l’impatto del Covid sul commercio. Dal 30 al 5 febbraio il flusso è stato pari all’82% delle capacità totali e il Porto di Dover conferma che i volumi sono pressoché uguali.
Sul numero di agenti doganali necessari, il Ministero di Gove sostiene che il settore può già rispondere alle esigenze di controllo e che 50mila persone sono la cifra espressa dal mondo industriale, che non necessariamente è l’obiettivo governativo. “Il Governo ha già investito 84 milioni di sterline per supportare la capacità del business dei trasporti”, spiegano da Cabinet Office.
L’associazione di categoria del Regno Unito stima un calo del 68% nel volume delle esportazioni verso l’Ue, ma il Governo nega i numeri
Nei giorni scorsi ha fatto discutere un report della Road Haulage Association, importante e unica associazione di categoria per il trasporto dei beni nel Regno Unito, che stima un crollo del 68% delle esportazioni verso l’Unione europea. La Rha ha inviato il documento a Michael Gove, Cabinet Office Minister del Governo di Boris Johnson, notando come sia diminuito di più della metà il volume di beni esportati e transitati dai porti britannici, chiedendo un intervento urgente per risolvere la situazione.
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