Un modello di crescita che deve modernizzarsi
L’economia tedesca è stata fortemente danneggiata dagli sconvolgimenti geopolitici degli ultimi anni e affronta una recessione per il secondo anno consecutivo. Una crisi che preoccupa gli altri Paesi europei e che ha radici profonde.
Nel 2024, l’economia tedesca si contrarrà dello 0,2%. Lo ha annunciato la settimana scorsa il ministro dell’Economia Robert Habeck, rivedendo al ribasso le precedenti stime, che prevedevano una crescita dello 0,3% del prodotto interno lordo.
I numeri sono contenuti, ma se vengono osservati all’interno di un quadro più ampio si capisce quanto siano preoccupanti per Berlino. La Germania è tra i pochi stati in recessione a livello europeo, insieme a Austria e Estonia. E a livello globale il confronto è ancora più impietoso: nel 2024 si prevede una crescita del 5% per la Cina, del 2,6 per gli Stati Uniti.
Inoltre, in Germania la decrescita di quest’anno segue quella del 2023, dello 0,5%. Negli ultimi vent’anni, mai il Paese era stato in recessione per più anni consecutivi. L’ultima volta era successo tra il 2002 e il 2003, in occasione dell’ultima grande crisi che aveva colpito Berlino.
Secondo Carsten Brzeski, capo economista presso il gruppo bancario olandese ING, era già evidente da tempo che il Pil tedesco si sarebbe contratto anche quest’anno. “Il governo è solo l’ultima delle istituzioni a rivedere verso il basso le prospettive di crescita dell’economia tedesca, non fa altro che riconoscere che il Paese si trova ancora in una fase di stagnazione - spiega, intervistato dall’emittente tedesca Deutsche Welle - Alcune istituzioni erano semplicemente troppo ottimistiche all’inizio di quest’anno, sperando in una ripresa nel 2024 invece che osservarla e predirla realmente”.
Brzeski osserva che, dopo un 2023 negativo, Berlino sperava in una crescita spinta in particolare dalla ripresa delle esportazioni verso Stati Uniti e Cina. Se i primi hanno effettivamente acquistato maggiori beni prodotti in Germania, non c’è stato invece un aumento della richiesta da parte di Pechino. Inoltre, non sono cresciuti nemmeno i consumi interni, a dispetto delle aspettative: i cittadini tedeschi continuano a mostrarsi cauti e a preferire i risparmi, frenando di conseguenza la crescita.
Più in generale, però, le difficoltà dell’economia tedesca si spiegano con una serie di fattori strutturali, che sono solo in parte attribuibili al governo guidato da Olaf Scholz. Carsten Brzeski evidenzia come negli ultimi anni la Germania abbia perso il proprio ruolo di locomotiva economica: un decennio fa era considerata tra i dieci stati più competitivi al mondo, oggi si posiziona attorno alla ventesima posizione.
Inoltre, l’economia tedesca è stata fortemente danneggiata dagli sconvolgimenti geopolitici degli ultimi anni. La pandemia prima e la guerra in Ucraina in seguito hanno costretto Berlino a rivedere in fretta il modello su cui puntava per la crescita, basato sull’export. Ora in Germania non è più possibile sfruttare l’energia a basso costo proveniente dalla Russia per produrre quantità enormi di beni. Ed è diventato problematico essere fortemente dipendenti dalla Cina e dalle sue importazioni.
Le difficoltà hanno colpito tutta l’industria tedesca, esposta anche alla cronica carenza di lavoratori qualificati. Ma sono state particolarmente evidenti nel settore automobilistico, quello più significativo in termini di numeri e di valore simbolico. A inizio settembre, la Volkswagen ha dichiarato che non esclude la chiusura di uno dei suoi stabilimenti in Germania, per far fronte alla crisi e agli alti costi. Sarebbe la prima volta e per il Paese si tratterebbe di un duro colpo, anche considerando il fatto che la casa automobilistica è sempre stata vista come uno dei simboli della forza economica tedesca.
Nonostante la crisi, quella tedesca resta un’economia forte, capace di risollevarsi in fretta. Perché questo succeda, però, sono necessari degli investimenti, che portino ad una decisa modernizzazione. Sotto la guida di Angela Merkel la Germania ha infatti rinunciato ad indebitarsi, per inseguire il pareggio di bilancio - ora obbligatorio e inserito addirittura nella Costituzione. Tuttavia, questo ha impedito ai governi di investire nella digitalizzazione, nell’educazione e nel miglioramento delle infrastrutture, portando lo stato a rimanere indietro. Una tendenza che la Germania è ora obbligata ad invertire, se vuole far ripartire l’economia.