Dopo le tensioni dovute al patto AUKUS, Washington e Parigi hanno intenzione di lanciare una partnership strategica della difesa sulle questioni di esportazione delle armi
Sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle. E poi quello che contava di più: l’ammissione, da parte del Presidente americano Joe Biden, che la gestione dell’accordo con l’Australia sui sottomarini nucleari, che ha fatto arrabbiare la Francia e portato alla cancellazione di un ricco contratto, è stata maldestra (clumsy). Degli errori sono stati fatti, sembra dire Biden, ma nella forma e non nel contenuto: anche perché gli interessi degli Stati Uniti sono cambiati, i sistemi di alleanze prediletti pure, e l’Europa deve tenerne conto.
Pace fatta?
Le proteste del Presidente francese Emmanuel Macron con Washington e Canberra hanno una componente legittima e una pretestuosa, e vanno analizzate tenendo conto delle elezioni presidenziali di aprile e della necessità di difendere l’onore nazionale davanti ai votanti.
Ma ora è pace fatta, tout est pardonné. Più o meno. Perché il riconoscimento delle colpe americane a favor di telecamere è sì d’aiuto alla riconciliazione pubblica, ma Parigi già spingeva per l’autonomia strategica dell’Unione europea rispetto agli Stati Uniti e l’affare AUKUS non le farà certo cambiare idea, anzi. Macron sa bene che la diversa geografia porta con sé interessi diversi in politica estera: l’alleanza atlantica rimane importante per l’America, ma il vero focus è ora tutto sul Pacifico.
Non solo AUKUS: il caso ITAR
Oltre alle foto, nel dettagliato comunicato congiunto, servito a ribadire il valore della partnership bilaterale sulla sicurezza, si legge che gli Washington e Parigi hanno intenzione di lanciare “un dialogo strategico commerciale della difesa” per “promuovere una visione condivisa sull’accesso al mercato della difesa e sulle questioni di esportazione”. È un passo importante, perché è da tempo che le aziende francesi (ed europee) del settore si lamentano dell’ITAR, ovvero i Regolamenti sul traffico internazionale di armi: si tratta di un meccanismo normativo utilizzato dagli Stati Uniti per monitorare, restringere e all’occorrenza bloccare le esportazioni di tecnologie militari sulla base delle implicazioni per la sicurezza nazionale e la politica estera.
La Francia sostiene che l’ITAR danneggi però le attività delle proprie aziende, che si ritrovano spesso impossibilitate a esportare verso paesi terzi apparecchi per la difesa e l’aerospazio contenenti tecnologie o componenti sensibili di origine americana: farne a meno è molto difficile. Nel 2012, ad esempio, l’ITAR impedì alla società francese Thales di esportare satelliti in Cina; l’ITAR rallentò anche la fornitura di caccia Rafale (costruiti dalla francese Dassault) all’Egitto nel 2018 e, l’anno scorso, costò una multa al produttore europeo di aeromobili Airbus.
Parigi chiede pertanto un regolamento più flessibile. Dopo l’incontro con Biden, Macron ha detto che c’è bisogno di “chiarire le regole ITAR” e che l’apertura del dialogo serve proprio a evitare contrasti sulla questione”. Dal dipartimento di Stato americano però, che supervisiona il meccanismo, non sono arrivati commenti.
Sorrisi, strette di mano, pacche sulle spalle. E poi quello che contava di più: l’ammissione, da parte del Presidente americano Joe Biden, che la gestione dell’accordo con l’Australia sui sottomarini nucleari, che ha fatto arrabbiare la Francia e portato alla cancellazione di un ricco contratto, è stata maldestra (clumsy). Degli errori sono stati fatti, sembra dire Biden, ma nella forma e non nel contenuto: anche perché gli interessi degli Stati Uniti sono cambiati, i sistemi di alleanze prediletti pure, e l’Europa deve tenerne conto.