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Non militarizzate il commercio!


La logica multilaterale del commercio contribuisce dal 1947 a benessere e pace internazionali. Lo scenario globale è cambiato e nuove regole sono urgenti

L’ultimo stallo (si fa per dire) alla Wto riguarda i pesci. Che nel mondo ne finiscano nelle reti troppi è più che noto. I Paesi aderenti alla World Trade Organization, dunque, si erano dati l’obiettivo di arrivare entro il dicembre del 2020 a un accordo che avrebbe indirettamente limitato l’overfishing. Non ci sono riusciti, riproveranno. Si trattava di concordare la fine dei sussidi che gli Stati danno alle flotte nazionali e che alimentano l’eccesso di pesca, soprattutto quella “illegale, non certificata, non regolata” che varia tra il 20 e il 50% di quella totale. Senza questi sussidi, soprattutto al carburante e alle imbarcazioni, più del 50% della pesca sarebbe in perdita e dunque non avverrebbe – ma in compenso negli anni i mari si ripopolerebbero e la quantità di pescabile aumenterebbe.

L’accordo entro il 2020 – che era uno dei goal per lo Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite − non si è trovato, un po’ per le difficoltà di condurre negoziati durante la pandemia ma soprattutto per divergenze sulle limitazioni che molti Paesi sono disposti ad accettare. Non è stata una sorpresa. La fiducia tra le Nazioni sulle questioni commerciali non è alle stelle. E la massiccia sede dell’Organizzazione Mondiale del Commercio sulle rive del Lago di Ginevra è diventata il monumento al fallimento della capacità di creare regole e al fallimento nel promuovere nuove liberalizzazioni degli scambi sin da quando è nata, nel 1995, erede del glorioso Gatt, il General Agreement on Tariffs and Trade che guidò l’apertura dei mercati dal 1947 al 1993 con otto round negoziali di successo.

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