Il nuovo premier del Giappone ha mosso i primi passi in politica estera per incentivare dialogo e cooperazione, senza perdere di vista la Cina
Dai campi di fragole all’allure della diplomazia internazionale, tra serate di gala e vin d’honneur, senza mai perdere il proprio innato pragmatismo. È il singolare percorso compiuto nel giro di pochi anni da Yoshihide Suga, eletto Primo Ministro del Giappone dopo le dimissioni di Shinzo Abe per motivi di salute. La scelta del 71enne Suga, ex segretario di Gabinetto e fedelissimo dell’ex premier, appare in linea con la volontà del Governo di proseguire il percorso iniziato negli ultimi otto anni da Shinzo Abe, che ha contribuito a elevare la statura internazionale del Giappone e a trasformarlo in un vero e proprio colosso nel libero scambio, ridisegnando anche l’approccio nipponico in politica estera. Ma in questa congiuntura, resa ancora più problematica dall’insorgere della pandemia e dai suoi effetti sull’economia nazionale − Tokyo potrebbe perdere fino all’8% del Pil nel 2020 −, il premier Suga si trova davanti una vera e propria sfida epocale, e non soltanto per le difficoltà sul piano interno. Sulla sua scrivania, alcuni tra i dossier più scottanti riguardano infatti la politica estera: non soltanto a causa del progressivo raffreddamento nei rapporti con la Cina, ma anche per l’opportunità di inaugurare una nuova fase nelle relazioni con Corea del Sud e Russia (sperando di poter contare ancora sugli Usa), tenendo sempre sotto stretta sorveglianza le mosse di Kim Jong-un in Corea del Nord.
A poche ore dalla conferma della sua elezione, a metà settembre, il neo-premier Suga ha immediatamente affermato di voler “lavorare per il popolo”, precisando di volersi dedicare soprattutto alle riforme più urgenti per la ristrutturazione interna del Paese. Una vera e propria dichiarazione d’intenti, soprattutto se si considera che Suga, a differenza dei suoi predecessori, è un politico che si è costruito da sé, e non appartiene a nessuna delle famiglie di rango che compongono l’ordito tradizionale della politica nipponica. Al contrario, Yoshihide Suga è il figlio di un coltivatore di fragole, e prima di iniziare la sua carriera politica aveva studiato all’Università Hosei, una delle meno costose, pagandosi la retta con lavori di fortuna. È a un uomo di questo genere, pragmatico e metodico fino allo sfinimento, che sono state affidate le sorti della terza economia al mondo nell’era del Covid-19, con tutte le incognite legate alla politica estera.
Il primo viaggio all’estero
Per il suo primo viaggio all’estero in qualità di Primo Ministro, Suga ha scelto il Sud-est asiatico, un’area densa di conflitti e di interessi contrastanti. In un evidente tentativo di siglare nuovi accordi in chiave anti-Pechino, il premier ha visitato Vietnam e Indonesia, raggiungendo importanti intese con entrambe le nazioni. Con il Vietnam, Suga ha concluso un accordo incentrato sulla cooperazione bilaterale in materia di difesa e sicurezza, assicurando al Giappone la possibilità di esportare equipaggiamento e attrezzature militari per la difesa della nazione vietnamita (Hanoi ha già acquistato da Tokyo diverse motovedette della guardia costiera, confermando che gli accordi tra i due Paesi riguardano essenzialmente la difesa marittima). Durante la conferenza stampa, Suga e il suo omologo, Nguyen Xuan Phuc, hanno insistito sulla necessità di mantenere la pace e la stabilità nella regione, enumerando i principi della visione legata a un Indo-Pacifico “libero e aperto”. Entrambe le nazioni sono accomunate da una tenace avversione per l’assertività di Pechino nel Mar Cinese Meridionale (e Orientale), dove da anni sono in corso dispute territoriali ancora ben lontane dall’essere risolte (come quelle legate alle isole Paracelso, occupate dalla Cina e rivendicate da Vietnam e Taiwan, o quelle sulle isole Diaoyu/Senkaku, sotto il controllo di Tokyo ma reclamate da Cina e Taiwan).
Per ritagliarsi un ruolo di primo piano tra le potenze democratiche della regione, Tokyo ha già ampiamente sfruttato il suo soft power economico, impegnandosi in ambiziosi progetti infrastrutturali nel sud-est asiatico, e ricopre un ruolo sempre più cruciale anche nelle alleanze regionali formate con Stati Uniti, India e Australia, come il Quad(Quadrilateral Security Dialogue), interpretato anche da Washington come un utile strumento per contenere le ambizioni della Cina. Sotto questo aspetto, Yoshihide Suga cercherà di portare avanti la politica già iniziata dal suo predecessore, tentando di consolidare il ruolo del Giappone quale garante dei valori democratici e liberali nell’area dell’Indo-Pacifico.
L’attenzione alla Cina
Oltre al Vietnam, il neo-premier ha visitato anche l’Indonesia, alla quale ha promesso un prestito di 50 miliardi di yen per fronteggiare l’emergenza legata al coronavirus. Con Giacarta, il Primo Ministro nipponico ha discusso anche di infrastrutture e di cooperazione militare, sempre finalizzata al contenimento della Cina. Nonostante il chiaro scopo dei due viaggi − compiuti a fine ottobre −, il premier Suga ha affermato di non voler dar vita a una “Nato asiatica” per contenere l’influenza di qualche nazione (leggi=Cina), limitandosi a dichiarare che il Giappone “si oppone a qualsiasi azione che accresca la tensione nel Mar Cinese Orientale e Meridionale”, e che Tokyo “è determinata a difendere il suo territorio, le acque territoriali e lo spazio aereo, ma sempre nel rispetto dello stato di diritto”. I segnali lanciati da Suga sono ancora pochi, ma sembrano già abbastanza chiari. Il neo-premier sfrutterà l’arma della diplomazia per rafforzare i legami con i Paesi del sud-est asiatico, allo scopo di porre un limite all’aggressività della Cina, ma anche per trovare una soluzione condivisa alle numerose dispute territoriali tuttora irrisolte
Il Sud-est asiatico è anche l’area in cui si sono concentrati gli sforzi nipponici per garantire infrastrutture di qualità, con progetti trasparenti, capaci di assicurare prospettive di crescita a lungo termine anche per i Paesi meno sviluppati, senza l’ombra di “trappole del debito” (di cui si parla spesso per i partner della Cina nella Belt and Road Initiative, il mastodontico progetto da 1 trilione di dollari per la costruzione di infrastrutture terrestri e marittime). Il confronto infrastrutturale con Pechino è una battaglia silenziosa, discreta, e con ogni probabilità verrà portata avanti anche dal nuovo Governo di Yoshihide Suga con nuovi investimenti strategici. Nel sud-est asiatico, gli investimenti del Giappone in progetti infrastrutturali hanno già superato quelli cinesi − ben 367 miliardi di dollari, contro i 255 della Cina −, e per differenziarsi dalla Cina si è posta una precisa enfasi sulla trasparenza dei progetti e sulla qualità delle infrastrutture.
Il rapporto con Corea del Sud e Russia
Il nuovo premier giapponese ha anche la possibilità di instaurare migliori relazioni con la Corea del Sud e di ratificare il trattato di pace con la Russia, due importanti obiettivi che il suo predecessore non era riuscito a centrare. Durante i colloqui telefonici di fine settembre tra Suga e il suo omologo sudcoreano, Moon Jae in, il premier nipponico ha infatti espresso la speranza di poter ritornare a “un rapporto costruttivo”, lasciando intravedere qualche possibilità per un futuro riavvicinamento tra le due potenze asiatiche. Suga ha parlato telefonicamente anche con Vladimir Putin: Russia e Giappone non hanno ancora trovato un accordo sulla sovranità delle isole al largo di Hokkaido, occupate dalle truppe sovietiche dopo la resa del Giappone alla fine della Seconda guerra mondiale.
Yoshihude Suga si ritrova così a impugnare le stesse armi del suo predecessore, la diplomazia economica e il soft power legato agli investimenti nella difesa e nei progetti infrastrutturali. Dall’abilità con cui saprà maneggiarle non dipenderà unicamente il futuro del Giappone nell’era post-Covid, ma anche l’esito della contrapposizione tra Stati Uniti e Cina sul piano globale. È un confronto di valori, princìpi e tendenze contrapposte, una partita di fondamentale importanza in cui il Giappone intende continuare a ricoprire un ruolo da protagonista.
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di novembre/dicembre di eastwest.
Dai campi di fragole all’allure della diplomazia internazionale, tra serate di gala e vin d’honneur, senza mai perdere il proprio innato pragmatismo. È il singolare percorso compiuto nel giro di pochi anni da Yoshihide Suga, eletto Primo Ministro del Giappone dopo le dimissioni di Shinzo Abe per motivi di salute. La scelta del 71enne Suga, ex segretario di Gabinetto e fedelissimo dell’ex premier, appare in linea con la volontà del Governo di proseguire il percorso iniziato negli ultimi otto anni da Shinzo Abe, che ha contribuito a elevare la statura internazionale del Giappone e a trasformarlo in un vero e proprio colosso nel libero scambio, ridisegnando anche l’approccio nipponico in politica estera. Ma in questa congiuntura, resa ancora più problematica dall’insorgere della pandemia e dai suoi effetti sull’economia nazionale − Tokyo potrebbe perdere fino all’8% del Pil nel 2020 −, il premier Suga si trova davanti una vera e propria sfida epocale, e non soltanto per le difficoltà sul piano interno. Sulla sua scrivania, alcuni tra i dossier più scottanti riguardano infatti la politica estera: non soltanto a causa del progressivo raffreddamento nei rapporti con la Cina, ma anche per l’opportunità di inaugurare una nuova fase nelle relazioni con Corea del Sud e Russia (sperando di poter contare ancora sugli Usa), tenendo sempre sotto stretta sorveglianza le mosse di Kim Jong-un in Corea del Nord.
A poche ore dalla conferma della sua elezione, a metà settembre, il neo-premier Suga ha immediatamente affermato di voler “lavorare per il popolo”, precisando di volersi dedicare soprattutto alle riforme più urgenti per la ristrutturazione interna del Paese. Una vera e propria dichiarazione d’intenti, soprattutto se si considera che Suga, a differenza dei suoi predecessori, è un politico che si è costruito da sé, e non appartiene a nessuna delle famiglie di rango che compongono l’ordito tradizionale della politica nipponica. Al contrario, Yoshihide Suga è il figlio di un coltivatore di fragole, e prima di iniziare la sua carriera politica aveva studiato all’Università Hosei, una delle meno costose, pagandosi la retta con lavori di fortuna. È a un uomo di questo genere, pragmatico e metodico fino allo sfinimento, che sono state affidate le sorti della terza economia al mondo nell’era del Covid-19, con tutte le incognite legate alla politica estera.
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