Le sfide geopolitiche che l'amministrazione Biden si ritrova dopo anni di incoerenza sono complicate da affrontare. Blinken dice chiaramente cosa aspettarsi
Le sfide geopolitiche che l’amministrazione Biden si ritrova dopo anni di incoerenza sono complicate da affrontare. Blinken dice chiaramente cosa aspettarsi
Cina, Iran, Russia, relazioni con l’Europa e poi Arabia Saudita e Turchia. La gamma di sfide diplomatiche e geopolitiche che l’amministrazione Biden si trova a dover affrontare dopo quattro anni di politica estera incoerente sono davvero molte e complicate da affrontare. Tanto più che i sedici anni precedenti non sono stati una cavalcata trionfale. George W. Bush ha danneggiato l’immagine della prima potenza mondiale nel mondo e prodotto una frattura senza precedenti con l’Europa e Obama, che pure ha ottenuto risultati multilaterali e bilaterali storici (Parigi, Iran, Cuba), ha commesso errori gravidi di conseguenze in Medio Oriente e altrove.
L’amministrazione Biden riparte da quelli e dai quattro anni di incoerenza, minacce, passi avanti e indietro dell’amministrazione Trump con Cina, Corea, Europa e in Medio Oriente. L’unico punto fermo di Pompeo sembra essere stata l’ossessione con l’Iran e, di conseguenza, il lavoro fatto per assemblare gli interessi anti Teheran nella regione – ma in Israele e Stati del Golfo si parlavano da tempo.
Il primo discorso urbi et orbi del Segretario di Stato Blinken e il primo documento di politica estera sono dunque importanti perché forniscono indicazioni su cosa aspettarsi da Biden&company. Sapendo naturalmente che le dottrine sono una cosa e le crisi che ci si trova a gestire un’altra e che il 2021 non è il 2016 e men che meno il 2008. Anche se lo staff di politica estera si è fatto le ossa negli anni di Obama, se le facce sono spesso le stesse, la politica non sarà la stessa – Blinken lo ha detto chiaramente.
Il rilancio del multilateralismo
Partiamo dalle certezze. Blinken torna a sottolineare l’importanza del multilateralismo per alcune grandi questioni perché ci sono sfide contemporanee che, come si legge nella Interim security strategy guidance, “Gli eventi recenti mostrano fin troppo chiaramente che molte delle più grandi minacce che affrontiamo non rispettano confini o muri, e devono essere affrontate con un’azione collettiva”. Un multilateralismo tra alleati è invece necessario per affrontare le minacce crescenti alla democrazia, ma occorre partire da rimettere in ordine casa, che fare i paladini dei valori democratici e della superiorità del modello, dopo il 6 gennaio è più complicato.
C’è poi la crescente assertività cinese che mette seriamente a rischio la primazia Usa: “La Cina è rapida a occupare gli spazi che lasciamo vuoti (…) La Cina è l’unico Paese con il potere economico, diplomatico, militare e tecnologico per sfidare seriamente il sistema internazionale stabile e aperto – tutte le regole, i valori e le relazioni che fanno funzionare il mondo come vorremmo”, dice Blinken. Se il tema sono anche i valori, oltre alla competizione economica e geopolitica, allora gli Stati Uniti dovranno moltiplicare la propria capacità di fare diplomazia, essere ovunque e investire molto di più in cooperazione economica e aiuti. In Africa e America Latina, Pechino ha occupato molto spazio e per gli Stati Uniti c’è da recuperare terreno perduto.
L’altro asse generale della politica estera di Biden ha qualcosa in comune con quella di Trump: “In passato alcuni tra noi hanno sostenuto gli accordi di libero scambio perché credevano che gli americani avrebbero ampiamente goduto dei loro effetti economici e che questi accordi avrebbero modellato l’economia globale in una direzione a noi favorevole. Avevamo buone ragioni per pensare queste cose. Ma non abbiamo fatto abbastanza per capire chi sarebbe stato colpito negativamente e cosa sarebbe stato necessario per compensare adeguatamente quelle sofferenze”. C’è ovunque grande discussione sulle regole del commercio mondiale, la pandemia le ha rinfocolate segnalando l’importanza di avere delle filiere autonome per alcuni prodotti. La vittoria di Trump, la Brexit e i successi di diverse forze nazional-populiste, pure hanno contribuito. Blinken ci sta dicendo che anche l’America ragionerà sulle criticità determinate dal modello creato con la Wto.
La politica estera
Si tratta di indicazioni interessanti che si accompagnano a un’azione tutto sommato rapida in molti ambiti di una politica estera che grazie all’esperienza dei suoi protagonisti – e all’urgenza di recuperare terreno. L’amministrazione Biden è indietro in alcuni passaggi tradizionali come la nomina degli ambasciatori, i viaggi, gli incontri, ma si muove in maniera non convenzionale. Un esempio è il rilancio del Quad – il Quadrilateral Security Dialogue di cui fanno parte anche Australia, Giappone e India – che terrà esercitazioni congiunte e ha pubblicato una nota sul colpo di Stato in Birmania (Myanmar). Oppure il complicato domino mediorientale, dove stiamo assistendo a un nuovo atteggiamento nei confronti dell’Arabia Saudita, a un potenziale riequilibrio delle relazioni con la Turchia di Erdogan su curdi e soprattutto prigionieri politici (Selahattin Demirtaş, leader dell’Hdp è in carcere dal 2016 ed ha preso l’8,4% dei voti dal carcere). Poi l’Iran, e la discussione da fare con Israele, dopo che il leader dei Guardiani della rivoluzione Mohsen Rezaei ha aperto spiragli su un ritorno al dialogo. La difficoltà di perseguire i propri obiettivi, cambiare corso ad alcune politiche e non perdere per strada gli alleati strategici sono evidenti a chiunque.
Anche le scelte in Afghanistan sono non convenzionali. Gli Stati Uniti hanno una proposta di conferenza internazionale alla quale partecipino anche i Talebani e che abbia come obbiettivo quello di creare un governo ad interim che rappresenti tutte le forze in campo, eventualmente rimandando l’idea trumpiana di uscire dal Paese a prescindere dalla situazione. La proposta non è stata bene accolta dal Governo di Kabul, che però sa bene che senza la presenza americana, i talebani sarebbero ben più vicini alla capitale afghana. Un segnale di più di grande attivismo e rilancio della diplomazia che, sebbene accompagnata sempre dalla possibilità di usare la forza, ricorda bene “ciò che abbiamo imparato sui limiti della forza per costruire una pace duratura”. Difficile immaginare un esempio migliore di quello afghano.
Le sfide geopolitiche che l’amministrazione Biden si ritrova dopo anni di incoerenza sono complicate da affrontare. Blinken dice chiaramente cosa aspettarsi
Cina, Iran, Russia, relazioni con l’Europa e poi Arabia Saudita e Turchia. La gamma di sfide diplomatiche e geopolitiche che l’amministrazione Biden si trova a dover affrontare dopo quattro anni di politica estera incoerente sono davvero molte e complicate da affrontare. Tanto più che i sedici anni precedenti non sono stati una cavalcata trionfale. George W. Bush ha danneggiato l’immagine della prima potenza mondiale nel mondo e prodotto una frattura senza precedenti con l’Europa e Obama, che pure ha ottenuto risultati multilaterali e bilaterali storici (Parigi, Iran, Cuba), ha commesso errori gravidi di conseguenze in Medio Oriente e altrove.
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