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Perù, lo Stato fantasma


In Perù le elezioni dell’11 aprile rischiano di ripetere la solita “tombola corrotta” degli ultimi 200 anni

Un giorno di febbraio, alla vigilia dell’arrivo dei primi lotti di vaccini contro il Covid, si viene a sapere che l’ex Presidente Martín Vizcarra è vaccinato da mesi. La farmaceutica cinese Sinopharm, mentre era impegnata fin da settembre a fare gli studi clinici su 12 mila volontari, consegnava 3200 provette alle autorità per il personale sanitario e gli operatori del piano. Ne hanno approfittato non solo il Presidente e sua moglie, ma anche alcuni Ministri, i rettori di due università private, il nunzio apostolico Nicola Girasoli e una schiera di familiari, amici, consulenti, lobbisti e impresari. Mentre il Paese era piegato dall’epidemia, che qui ha colpito più di 1,2 milioni di persone e sepolto almeno 44 mila morti, compresi centinaia di sanitari, una élite di potenti si proteggeva in gran silenzio. Vacunagate, lo chiamano: è ultimo di una lunga serie di scandali.

In questo clima i peruviani si recheranno alle urne l’11 aprile, ma tutto fa pensare che finirà con un capo di stato debole e un parlamento frammentato, in preda a cartelli elettorali e cordate di potenti e prestanome. “Non è solo un’ipotesi. È l’unico scenario, chiunque vinca”, scuote la testa l’analista politico Mauricio Zavaleta.

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