Non solo piattaforme multilaterali come il Quad: Tokyo insiste sulle partnership difensive a livello bilaterale. In primis con l’Australia, ma anche con diversi Paesi Asean
Il Giappone non vuole la guerra, ma vuole aumentare il suo potere di deterrenza ed essere pronto ad agire all’occorrenza. Negli ultimi tempi, Tokyo ha aumentato e diversificato i suoi movimenti di natura difensiva, perseguendo non solo un rafforzamento delle proprie forze armate ma implementando anche accordi e cornici di azione bilaterali e multilaterali. Certo, il Quad. Ma non solo. Il Governo giapponese sta promuovendo con decisione la cooperazione militare con altri Paesi dell’Asia-Pacifico, a partire dall’Australia ma senza trascurare (anzi) i Paesi Asean, soprattutto Vietnam e Indonesia ma con un recente rinnovato focus sulle Filippine.
Di solito si parla sempre dell’ambito multilaterale, dunque del Quad. Dal 2015 Tokyo partecipa ai test navali con India e Usa e nel 2019 ci sono state anche esercitazioni terrestri. Nel novembre 2020, a Malabar, si sono tenute le prime esercitazioni navali quadrilaterali congiunte con inclusa anche l’Australia. A marzo si è svolto il primo summit virtuale tra i leader dei quattro Paesi. Solo poche settimane fa, al G7 di Cornovaglia erano presenti tutti e quattro i leader Quad. Un’accelerazione che sembra derivare anche dal nuovo protagonismo geopolitico del Giappone. Tokyo porta avanti le sue relazioni con la Cina su un doppio binario: competizione strategica e cooperazione commerciale. Ma il governo nipponico non si muove solo all’interno di una piattaforma dall’innegabile imprinting statunitense. La latitanza degli Stati Uniti targati Donald Trump sono stati di insegnamento al Giappone, che ha rafforzato le sue partnership difensive a livello bilaterale.
Il rapporto con l’Australia
Nel 2020 sono stati firmati diversi accordi per la condivisione di basi militari e lo scambio di informazioni sia con l’Australia sia con l’India, gli altri due lati del quadrilatero. Ora Tokyo e Canberra si preparano non solo a intensificare l’addestramento militare congiunto ma a un ulteriore salto di qualità delle relazioni difensive. Si parla, infatti, della realizzazione di progetti di infrastrutture regionali. Ergo, basi. Lo ha dichiarato direttamente l’Ambasciatore giapponese in Australia, Shingo Yamagami, che ha collegato l’approfondimento della relazione bilaterale a un’ottica di “resistenza” alla Cina. “Il Giappone opererà con Canberra e gli altri Paesi liberi per assicurare “un contrappeso contro una tale potenza dominante” che cerca di “cambiare lo status quo”, ha aggiunto il diplomatico giapponese. Entro la fine dell’anno i due leader Yoshihide Suga e Scott Morrison dovrebbero finalizzare un accordo che stabilità un quadro normativo chiaro per permettere ai militari di ciascuna delle due nazioni di operare nell’altro Paese, semplificando le modalità per esercizi congiunti e per missioni umanitarie attraverso la regione.
Il Giappone non si ferma qui. Il focus in materia difensiva sull’area del Sud-est asiatico è stata evidente sin dai primi vagiti del Governo Suga. Il Primo Ministro nipponico ha compiuto la sua prima visita all’estero proprio in Vietnam e in Indonesia, nell’ottobre del 2020. Durante il viaggio in Vietnam è stato annunciato un accordo che prevede il rafforzamento della cooperazione tra i due Paesi in materia di difesa e sicurezza e l’esportazione di tecnologie e attrezzature militari giapponesi ad Hanoi. Coinvolti due velivoli di Kawasaki Aerospace: quello di pattugliamento marittimo P-1 e quello da trasporto tattico C-2. Già in precedenza, Tokyo aveva prestato 348 milioni di dollari al Vietnam per la costruzione di unità navali. Accordo simile a quello concluso con l’Indonesia in seguito a una ministeriale che ha coinvolto i rappresentanti di Esteri e Difesa dei due Paesi.
Il riavvicinamento con le Filippine
Nelle ultime settimane si sta rilanciando anche il rapporto con le Filippine, che con il Presidente Rodrigo Duterte avevano compiuto più di un passo in direzione della Cina. L’arrivo di Joe Biden e le tensioni sulla presenza di navi cinesi nelle acque contese del Mar Cinese meridionale hanno però portato a un parziale riposizionamento di Manila, maggiormente in equilibrio rispetto agli anni scorsi. Non è un caso che proprio in questi giorni si stanno svolgendo le prime esercitazioni aeree congiunte tra le forze dell’aviazione di Giappone e Filippine, nell’ex base aerea statunitense di Clark, nel nord dell’immenso arcipelago del Sud-est asiatico. Le esercitazioni si concentreranno sul settore del soccorso umanitario e della risposta ai disastri. Alle manovre parteciperà un aereo cargo giapponese C-130H che, assieme al personale dei due Paesi, simulerà la consegna di beni di soccorso in aree isolate. Ma è evidente che i rapporti difensivi bilaterali sono in via di approfondimento, aspetto fondamentale per la posizione strategica delle Filippine rispetto al territorio giapponese.
A fianco di Taiwan
Tra Filippine e Giappone si trova poi Taiwan, intorno a cui si gioca molto della partita geopolitica dei prossimi anni e decenni. Il rinnovato protagonismo militare giapponese è testimoniato anche dalla sempre minore ambiguità strategica nei confronti di Taipei. Nei giorni scorsi, il vicepremier Taro Aso, ha dichiarato che una eventuale invasione di Taiwan da parte della Cina verrebbe interpretata da Tokyo come “una minaccia alla sopravvivenza del Giappone”, e che per tale ragione il Paese schiererebbe le proprie Forze di autodifesa a fianco degli Stati Uniti per difendere l’isola, secondo il principio della cosiddetta “autodifesa collettiva”. Che ciò accadrebbe davvero sarebbe da verificare, ma quel che è certo è che Tokyo vuole proiettare di sé un’immagine militarmente più forte rispetto agli ultimi decenni, allentando i lacci che la tenevano ferma in memoria della Seconda guerra mondiale e dell’epoca delle colonizzazioni.
Non solo piattaforme multilaterali come il Quad: Tokyo insiste sulle partnership difensive a livello bilaterale. In primis con l’Australia, ma anche con diversi Paesi Asean