Il documento presentato in occasione del referendum popolare tenutosi il 4 settembre si è dimostrato troppo radicale. La popolazione cilena vuole un cambiamento, ma uno più moderato di quello proposto dalla nuova Costituzione
A seguito di un intenso processo costituente, il Cile ha detto no. La nuova Costituzione presentata dall’Assemblea costituente, eletta a maggio 2021, è stata bocciata con il 61.9% dei voti. Così come il risultato, anche il tasso di partecipazione è stato altrettanto alto, attestandosi attorno all’86% ed essendo facilitato dall’obbligatorietà del voto. Nonostante il processo costituzionale sia stato più breve rispetto ad altri, molte cose sono cambiate nel Paese negli ultimi due anni. Il “rechazo” della nuova Costituzione marca la fine di una fase importante, ma non necessariamente dell’intero processo.
Le cause del dissenso
La popolazione cilena vuole un cambiamento, come è stato dimostrato dal primo referendum del 2020, dove il 78% dei voti è andato a favore di una nuova Costituzione. Ma il cambiamento desiderato è più moderato di quello proposto dalla nuova Costituzione. Il documento presentato al referendum popolare del 4 settembre si è infatti rivelato troppo radicale. Il testo proposto rappresentava un’istituzionalizzazione delle richieste sociali presentate durante le proteste del 2019, le quali rimangono tutt’ora parte integrante della volontà popolare di cambiamento. Eppure, la Costituzione sembra essere andata troppo oltre per la maggior parte della popolazione.
Secondo una recente indagine condotta da Candem, il maggior istituto Cileno di ricerca sull’opinione pubblica, ci sarebbero diverse ragioni che hanno portato al “rechazo”. In primo luogo, il malcontento per la formazione dell’Assemblea, in particolare dovuto alla presenza di alcuni membri che hanno collaborato a rinforzare la campagna anti-Costituzione dipingendo il processo costituzionale come “poco serio”. Tra questi, la storia di Rodrigo Rojas Vade, un attivista che divenne famoso nel 2019 dopo aver pubblicamente denunciato gli alti costi che dovette affrontare in Cile per cure contro il cancro per poi ammettere, a seguito di un’indagine condotta da La Tercera, che aveva mentito sulla sua malattia.
In secondo luogo, il 35% delle persone che ha rigettato il nuovo testo costituente lo ha fatto in quanto contrario alle tematiche del plurinazionalismo e della rappresentazione indigena. Il conflitto tra Stato e popolazioni indigene, in primis la popolazione Mapuche, rappresenta una ferita aperta per la storia e il presente cileno. I seggi riservati ai rappresentanti indigeni nell’Assemblea (e la presidenza di Elisa Loncón, di origine Mapuche, durante la prima metà del processo costituente) così come articoli presenti nel testo sono stati alcuni dei tentativi di riconciliazione tra le parti. Eppure, il risultato ottenuto è stato opposto, perché percepito come troppo estremo. Ulteriori ragioni che hanno portato al No sono state “l’incertezza politica ed economica”, le presunte restrizioni alla proprietà privata, i cambiamenti nei settori dell’educazione e della sanità, così come nel sistema politico.
Gli elementi di continuità
Nonostante sia necessario creare una nuova assemblea e un nuovo testo, alcuni elementi di continuità rimarranno. Infatti, la clausola sulla parità di genere all’interno dell’Assemblea (formata per il 50% da rappresentanti uomini e per il rimanente 50% da donne) è ancora approvata dal 77% dei cileni. Questa clausola, insieme all’articolo sull’aborto e altre istanze avanzate dai movimenti femministi cileni, rappresenta soltanto l’ottava ragione che ha portato al “rechazo”. Ciò indica che una nuova consapevolezza è presente in gran parte della popolazione.
Il 57% della popolazione cilena è concorde sull’attribuzione di alcuni seggi ai rappresentanti indigeni, anche se in numero minore rispetto alla prima Assemblea, e distribuiti su base proporzionale rispetto al numero di persone indigene sulla popolazione totale. Ulteriori elementi di continuità deriveranno da molte delle ragioni dietro all’ “apruebo”, coloro che hanno votato Sì, che comprendono diritti sociali e sanitari, cambiamenti alle leggi di protezione dell’ambiente e cambiamenti strutturali da apportare al sistema economico e politico del Paese. Risulta chiaro dunque che nonostante il “rechazo”, queste istanze non possono più venire ignorate. Senza alcun dubbio, questa nuova consapevolezza continuerà a influenzare le prossime fasi del processo costituzionale.
L’effetto del “rechazo” sul Governo Boric
Le conseguenze del No si stanno già riflettendo sul Governo Boric tramite un doloroso cambiamento del suo gabinetto. Izkia Siches, ora ex Ministra dell’Interno e una delle alleate più fedeli di Boric, è stata una delle figure principali a dover lasciare il Governo. Al contempo, l’indice di gradimento del giovane Presidente Cileno è leggermente sceso in seguito al referendum, passando dal 38% al 33%, il punto più basso per ora registrato. Attualmente è necessario raccogliere consenso per iniziare un nuovo processo costituzionale e formare una nuova Assemblea, ma non sarà facile: l’opposizione portata avanti dal centro-destra e dalla destra spingono per aspettare a ricominciare il processo per una semplice riformulazione della Costituzione dittatoriale del 1980.
Molti sforzi sono stati necessari nel 2019 per raggiungere l’“Accordo per la Pace Sociale e la Nuova Costituzione”, il compromesso politico che ha permesso l’inizio del primo processo costituzionale. In seguito al fallimento di questo primo tentativo, sarà particolarmente complicato mobilitare nuovamente la popolazione e i partiti politici.
Tuttavia, l’approvazione di una nuova Costituzione rimane la priorità principale del programma politico del Presidente Boric, come ricordato nel suo recente discorso tenutosi in occasione della 77° Assemblea Generale delle Nazioni Unite a New York, dove ha affermato che “molto presto il Cile avrà una Costituzione che ci soddisferà e renderà fieri”.
La Costituzione rimane un’arma a doppio taglio per Boric. Se avrà successo nella creazione di un documento che genererà approvazione, questo gli permetterà di riacquistare consenso e di partecipare a un momento storico per il Paese. Conseguentemente, il Presidente sarà anche nella posizione di far approvare nuove riforme riguardanti il welfare state cileno, così come politiche ambientali e d’inclusione sociale nel contesto di una Costituzione più progressista. Al contrario, un eventuale nuovo fallimento di Boric potrebbe rappresentare un passaggio fatale per il suo Governo. Data l’enorme portata di tale incarico, la stesura di una nuova Costituzione richiederà la maggior parte dell’attenzione e degli sforzi del Presidente cileno nel prossimo anno. Fallire nella presentazione di un documento finale soddisfacente vorrebbe dire aver sprecato tutto questo tempo inutilmente.
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