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Armenia/Azerbaigian: una pace difficile


Le trattative per il processo di normalizzazione tra i due paesi continuano a piccoli passi: i termini per la pace e la questione del riconoscimento del Nagorno Karabakh come parte dell'Azerbaigian. Le paure dell'Armenia.

Dopo l’incontro del 14 Maggio a Bruxelles tra i leader di Armenia e Azerbaigian mediato dall’UE, si sono tenuti a Mosca il 25 Maggio e a Chisinau l’1 Giugno altri incontri tra i leader dei due paesi del Caucaso per cercare una soluzione di pace.

Le trattative per il processo di normalizzazione tra i due paesi continuano quindi in maniera lineare, tuttavia, ancora non vi è stato un vero e proprio accordo di pace firmato.

Qualcosa nasce dalle trattative di pace

È sorta però una proposta come possibile soluzione di stabilità nel Caucaso meridionale, che è quella di far riconoscere all’Armenia il Nagorno Karabakh come parte dell’Azerbaigian.

Ora, quest’idea sviluppatasi nei colloqui tra le due repubbliche del Caucaso e gli altri attori internazionali è al momento quella più sollecitata da tutte le parti in gioco.

Anche lo stesso Pashinyan ha preso in considerazione questa via e ha già portato questa discussione a livello nazionale, dichiarando che quella di riconoscere il Nagorno Karabakh come parte dell’Azerbaigian è una possibilità valida, poiché questa opzione potrebbe condurre attualmente l’Armenia verso una situazione di pace a far terminare il conflitto tra Yerevan e Baku.

I termini per la pace

È stato tuttavia chiarito da parte del Premier Armeno come un eventuale riconoscimento dell’Oblast Karabakho come Azero verrebbe effettuato solo se sarà garantito da parte di Aliyev la piena garanzia e il pieno rispetto dei diritti umani della popolazione Armena nel Nagorno Karabakh (al momento circa 120.000 Armeni risiedono stabilmente nella regione).

Questo è stato chiarito e fissato come tema centrale dei colloqui di pace anche da parte dei rappresentanti della mediazione UE dell’1 Giugno a Chisinau (Charles Michel, Emmanuel Macron e Olaf Scholz).

Sebbene però il quadro generale dopo i tre incontri tra i leader Caucasici possa apparire migliorato e positivo, in realtà, permangono ancora molte questioni delicate che mettono in luce come l’ipotizzata via del riconoscimento di diritto possa essere un problema.

L’incontro di Mosca

Dopo il primo incontro a Bruxelles tra Aliyev, Pashinyan e Michel, i due leader si sono ritrovati poi a Mosca per una riunione del Consiglio economico supremo Eeurasiatico il 25 Maggio, riunione che era stata  già fissata da Putin per dibattere sul tema dei trasporti regionali a seguito della guerra del Karabakh del 2020.

Questo incontro trilaterale in realtà doveva essere inizialmente solo un incontro tra Russia e Armenia, poiché entrambe fanno parte dell’Unione Economica Eurasiatica, ma poi Aliyev ha presenziato come ospite (visto l’interesse nella situazione dei trasporti in Armenia) e, alla fine, il colloquio si è concluso però con un nulla di fatto.

L’unico punto emerso è stato solamente il tema dei trasporti tra Armenia e Azerbaigian (specialmente tra l’Azerbaigian e l’enclave del Nakhicevan) e Putin ha chiarito che la Russia prenderà parte alla trattative sui lavori e che i problemi attuali riguardanti la realizzazione sono solo problemi di livello tecnico che verranno risolti.

La prima questione da risolvere

Il punto è che, e così si entra nella prima grande questione, l’Armenia si è detta favorevole per il supporto e la costruzione di nuovi trasporti tra l’Azerbaigian e il Nakhicevan che attraverseranno (ovviamente) il sud del territorio Armeno.

Tuttavia, come ha dichiarato Pashinyan e il Vice Primo Ministro Mher Grigoryan “qualsiasi piano per i trasporti tra queste due regioni, ove venisse realizzato in territorio Armeno, sarà di competenza solo Armena, specialmente per quanto riguardo il tratto nel proprio territorio e questa linea di trasporto non potrà chiamarsi (come vorrebbe Aliyev) Corridoio di Zangezur (unica questione di dibattito sorta a Mosca nei 20 minuti di colloquio), bensì si dovrà intendere questa come una pura linea di trasporti per facilitare le condizioni dei due paesi senza alcuna definizione geografica-tecnica precisa”.

Il riconoscimento del Nagorno Karabakh come parte dell’Azerbaigian

L’altra questione importante è quella che ruota attorno al tema proprio del riconoscimento del Karabakh come parte dell’Azerbaigian.

Dopo l’ultimo incontro a Chisinau al principio di Giugno tra i rappresentanti di Yerevan e Baku e il cancelliere Tedesco Scholz, Macron e Michel, in Armenia e in Artsakh si è creato un malcontento popolare e molte proteste contro la “nuova idea” di rendere il Karabakh Azero sono sorte.

Tra l’altro, proprio nei giorni scorsi è stato violato nuovamente il cessate il fuoco da parte dei soldati Azeri che hanno attaccato nella linea di confine nord ovest del Nagorno Karabakh, fortunatamente senza nessun morto o ferito e questo ha ovviamente acuito ancor di più le tensioni.

Le paure dell’Armenia

Il popolo Armeno e specialmente quello dell’Artsakh (nome Armeno per la repubblica del Nagorno Karabakh) temono che con un riconoscimento di questo tipo i diritti degli Armeni continueranno a essere violati e che addirittura si possa arrivare a delle azioni di persecuzione e pulizia etnica come quelle che avvennero in passato in Nakhicevan, azioni che cancellarono di fatto definitivamente ogni traccia di “Armenità” in quell’area.

Oltre che per questi motivi, i timori possono anche essere giustificati dopo le parole rilasciate dal presidente Azero nei colloqui.

Aliyev si è offerto disponibile a garantire i diritti e il rispetto della comunità Armena in Karabakh e ha promesso che farà di tutto per garantire e rispettare i diritti umani degli Armeni, ma ha altresì dichiarato  che “una presenza internazionale in Nagorno Karabakh non sarà ammessa e tollerata, poiché questa interferirebbe con gli affari di politica internazionale di Baku”.

Le condizioni di Yerevan

Allo stesso tempo però, il ministro degli esteri Armeno Ararat Mirzoyan ha ribadito che “prima di arrivare a un eventuale riconoscimento dovrà  risultare senza condizioni una vera garanzia multilaterale sul rispetto e il mantenimento dei diritti degli Armeni in Karabakh e dovrà anche essere garantita una fine del blocco e del controllo Azero del corridio di Lachin tra Armenia e Nagorno Karabakh”.

Ha concluso poi chiarendo che quindi ancora non si può parlare di accordo sul riconoscimento Armeno e che ulteriori valutazioni e passi dovranno essere effettuati.

La ricerca di un processo di pace giusto

Dunque, nonostante i numerosi colloqui e i nuovi incontri già fissati per portare avanti le trattative di pace (il primo il 12 Giugno a Washington e il secondo a Luglio in Europa), la pace, in realtà, sembra ancora difficile e lontana.

Forse l’unica soluzione, nel caso in cui si percorresse la strada del riconoscimento, potrà essere quella di fare ciò, garantendo però una massiccia presenza internazionale per la sorveglianza sia ai confini tra Armenia e Azerbaigian, sia nel corridoio di Lachin e sia all’interno dello stesso Nagorno Karabakh e, inoltre, l’Europa dovrebbe prendere in considerazione l’opzione di rafforzare anche l’operazione EUMA (opzione che sta prendendo in considerazione in questi giorni).

Secondo Benyamin Poghosyan, presidente del Centro per gli studi strategici politici ed economici e Senior Research Fellow dell'APRI, un think tank con sede a Yerevan “l'unico modo per raggiungere la stabilità è convincere l'Azerbaigian ad accettare una presenza internazionale nel Nagorno-Karabakh”.

In effetti, anche Anders Fogh Rasmussen, ex segretario generale della NATO dal 2009 al 2014, durante una recente visita in Armenia ha dichiarato che "avremo bisogno di una sorta di meccanismo internazionale per monitorare, controllare e garantire i diritti e la sicurezza per la popolazione del Nagorno-Karabakh".

Le trattative di pace continuano, ma la pace sembra ancora lontana e se davvero alla fine Pashinyan e l’Europa dovessero cedere a un accordo sul riconoscimento del Karabakh come parte dell’Azerbaigian solo sulla base delle promesse di Aliyev e sulla base del mero impegno internazionale di farle rispettare, potrebbe finire molto male.

 

 

 

 

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