Il gruppo, composto da 134 membri, rappresenta l’80% della popolazione globale. “Cambiare le regole dell’ordine mondiale e contrastare le sanzioni occidentali”
A pochi giorni di distanza dall’annuale incontro tra capi di Stato, di Governo e delegazioni alle Nazioni Unite per l’Assemblea Generale, la 78ª edizione, a Cuba i rappresentanti di 134 Paesi sono convenuti per il summit del gruppo G77+Cina, importante punto di riferimento per il sud del mondo e le nazioni un tempo definite in via di sviluppo. Il gruppo nasce nel 1964 proprio all’interno dell’Onu e grazie al volere di 77 Stati — all’epoca Paesi non allineati —, capaci nel tempo di allargarsi a 134, con l’obiettivo di promuovere gli interessi economici, la cooperazione e lo sviluppo dei Paesi del sud, dall’Africa all’Asia, dal Sud America ai Caraibi, oggi con una chiara e crescente connotazione di alternativa rispetto alle democrazie occidentali.
Un lungo percorso arrivato alla soglia dei 60 anni dalla fondazione del G77, con i Paesi membri che hanno acquisito sempre più consapevolezza della loro forza e sviluppato un certo grado di insofferenza verso quella percepita come subalternità al mondo industrializzato. Un fastidio ascoltato chiaramente negli interventi a L’Avana, dove a più riprese si è parlato dell’uso indiscriminato delle sanzioni e della necessità della creazione di un contesto internazionale più giusto per lo sviluppo delle nazioni.
A sottolinearlo lo stesso Segretario Generale dell’Onu, l’ex Primo Ministro del Portogallo António Guterres, che ha ricordato come “il sistema globale e i framework esistenti hanno perso i Paesi in via di sviluppo. Serve un cambio di governance, la mobilitazione di risorse, l’azione di ogni singolo Stato”. Il G77 rappresenta un importante contesto di rappresentanza all’interno delle Nazioni Unite, capace di indirizzare l’agenda dell’Onu e di dar voce ai Paesi che, con difficoltà, riescono ad emergere.
Non a caso Guterres plaude al lavoro svolto in ambito multilaterale dai 134 membri, invitando il gruppo a “partecipare attivamente, usare il potere, combattere per il rafforzamento di un sistema basato sull’equità, per cancellare le ingiustizie per secoli trascurate, per lavorare a un sistema che possa rispondere a tutta l’umanità e non solo per i privilegiati”. Parole espresse in un momento storico straordinario, che vede contesti quali il BRICS crescere e l’Occidente spesso arrancare nelle sue stesse contraddizioni.
La Cina è intervenuta con Li Xi, personaggio di spicco nella nomenclatura del Partito Comunista nonché a capo della Commissione Centrale per le Ispezioni Disciplinari, organo impegnato nella lotta alla corruzione. Li ha rivolto un messaggio aperturista, invitando al superamento della mentalità da guerra fredda e invitato i membri del gruppo “ad aderire all’intenzione originale, quella di essere indipendenti, uniti per la nostra stessa forza, per rappresentare valori comuni a tutta l’umanità”.
Il membro del politburo cinese ha ripreso l’importanza per Pechino della cooperazione sud-sud, “una scelta strategica e non una misura temporanea”, ricordando che la Cina stessa è una nazione in via di sviluppo. “A prescindere dal livello di crescita che raggiungeremo — ha affermato Li — saremo sempre parte del developing world e membri del sud globale”. L’esponente del Partito Comunista cinese ha aggiunto che “le esperienze passate delle nazioni occidentali, comprese le aggressioni e i conflitti, mostrano quali Paesi hanno come priorità la pace e lo sviluppo”.
Il padrone di casa, il Presidente cubano Miguel Diaz-Canel, nel suo discorso di apertura ha ricordato che “dopo tanto tempo nel quale il nord ha organizzato il mondo secondo i suoi interessi, è giunto il momento per il sud di cambiare le regole del gioco”, sostenendo che le nazioni in via di sviluppo siano vittime delle crisi multidimensionali attuali, “dalle abusive inequità commerciali al cambiamento climatico”. Da qui il richiamo nella bozza di chiusura dei lavori alla costruzione di un “nuovo ordine economico mondiale”.
Tentativi di cambiamento globale che sempre più pressanti e concreti arrivano dall’altro mondo. Il Segretario Generale Guterres, prima della partenza per Cuba, ha commentato lo sviluppo delle nuove organizzazioni e la forza che stanno acquisendo, evidenziando che “la molteplicità dei summit riflette la crescente multipolarità del nostro mondo”. Tra nuove speranze e vecchi rancori, tra riforme necessarie e contesti in divenire, supportare le Nazioni Unite diventa sempre più impellente per la governance globale.
Tuttavia, la profonda modifica degli organi decisionali, Consiglio di Sicurezza in primis, è urgente per offrire una chance alla comunità internazionale, ormai lontana dalle logiche post Seconda guerra mondiale e letteralmente bisognosa di strutture capaci di indirizzare al meglio le politiche utili alla risoluzione delle problematiche più pressanti. Guerre d’invasione e tensioni commerciali permettendo.