La visita del ministro degli Esteri cinese promuove le relazioni bilaterali e affronta gli interessi strategici dei due Paesi. Apre la strada al viaggio di Putin, il “grande ospite“ atteso a Pechino per il terzo Belt and Road Forum
Dopo gli Stati Uniti, tocca alla Russia. Giornate intense per la diplomazia cinese, in particolare per il ministro degli Esteri Wang Yi che, dopo aver tenuto due giornate di incontri a Malta col consigliere per la Sicurezza Nazionale statunitense Jake Sullivan, oggi si sposta a Mosca per una visita di 4 giorni. La seconda da quando è a capo della diplomazia del Partito comunista cinese dopo quella di febbraio scorso, al termine di un tour europeo, alla vigilia del primo anniversario dell’invasione dell’Ucraina, la prima da quando è tornato ministro al posto di Qin Gang, rimosso per ragioni mai chiarite a fine luglio dal suo ruolo.
Wang parteciperà al 18esimo round di consultazioni sulla sicurezza strategica Cina-Russia su invito del Segretario del Consiglio di Sicurezza di Mosca, Nikolai Patrushev.
I colloqui del diplomatico cinese con l’omologo Sergei Lavrov riguarderanno “un’ampia gamma di questioni”, compresi “i contatti ai livelli più alti”, ha dichiarato la scorsa settimana il Ministero degli Esteri russo. Come sempre, Pechino è meno prodiga di dettagli e dipinge la visita all’interno di una cornice abitudinaria, probabilmente anche per allontanare potenziali paralleli con il viaggio appena concluso di Kim Jong-un nell’Estremo Oriente russo. La visita di Wang è un “evento di routine” nell’ambito delle consultazioni sulla sicurezza strategica tra Cina e Russia, ha dichiarato in conferenza stampa Mao Ning, portavoce del Ministero. E ha l’obiettivo di “attuare l’importante consenso raggiunto dai due capi di Stato, promuovere lo sviluppo delle relazioni bilaterali e condurre una comunicazione approfondita su importanti questioni che coinvolgono gli interessi strategici di sicurezza dei due Paesi”.
Probabile che Wang aggiorni Lavrov sui colloqui tenuti con Sullivan, ma anche sulla visita in Cina del cardinale Zuppi della scorsa settimana. Già ad agosto, dopo la partecipazione dell’inviato speciale cinese Li Hui al summit per la pace di Gedda in Arabia Saudita, Wang aveva parlato con Lavrov al telefono. Anche per rassicurarlo del fatto che la posizione di Pechino non era cambiata. Una posizione che il governo cinese continua a descrivere come in linea con l’impegno “a promuovere la pace e i colloqui” e con la volontà a“svolgere un ruolo costruttivo nel promuovere l’allentamento e il raffreddamento della situazione”. La cooperazione tra Cina e Russia non si è mai fermata dopo la guerra. Ultimo esempio? Al forum di Vladivostok dei giorni scorsi, mentre tutti i riflettori erano sull’incontro tra Kim e Putin, Cina e Russia hanno invece firmato un accordo sul grano. Uno dei nodi della discordia tra Mosca e Occidente. Il New Land Grain Corridor, un consorzio di aziende che gestisce lo sviluppo della produzione di cereali e delle infrastrutture tra Urali e Siberia, collaborerà con l’azienda statale China Chengtong International Investment, per creare un hub logistico nei pressi del confine tra i due paesi. Investimento di 159 milioni di dollari, con la realizzazione di 22 mila container per il trasporto di 600 mila tonnellate di cereali, con capacità massima di stoccaggio di 8 milioni di tonnellate all’anno.
Allo stesso tempo, Pechino ha evitato di sostenere a livello militare la Russia, mostrando il desiderio di mantenere aperti e fluidi i rapporti con l’Occidente. Anche per questo, secondo molti analisti, Putin si sarebbe rivolto a Kim per ottenere armi. Una dinamica che crea forse qualche preoccupazione alla Cina, che teme il ritorno della Corea del Nord in cima all’agenda degli Usa, e dunque in grado di giustificare una presenza ulteriormente rafforzata dei mezzi militari statunitensi e un ampliamento delle partnership militari coi vicini asiatici come Giappone e Corea del Sud.
Ma l’agenda di Wang dovrebbe gettare le basi per la visita di Putin nella capitale cinese per il terzo Belt and Road Forum, dopo l’invito del presidente Xi Jinping durante una visita di alto profilo a Mosca a marzo. Putin ha partecipato ai primi due Belt and Road Forum cinesi nel 2017 e nel 2019 ed è ampiamente atteso come il “grande ospite” anche del terzo forum che si svolgerà a ottobre. Sarebbe il primo viaggio ufficiale all’estero del Presidente russo dopo che la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto nei suoi confronti per l’accusa di aver deportato illegalmente centinaia di bambini dall’Ucraina. Il mandato, emesso pochi giorni prima della visita di Xi in Russia, obbliga i 123 Stati membri della Corte ad arrestare Putin e a trasferirlo all’Aia per il processo se entra nel loro territorio. Ma la Cina non è parte dello Statuto di Roma che ha portato all’istituzione della Corte penale internazionale nel 2002. E così, dopo aver saltato il summit dei Brics in Sudafrica, Putin dovrebbe recarsi a Pechino.
Interessante sottolineare anche la coincidenza di tempi con i colloqui tra Wang e Sullivan, così come l’incontro tra il Segretario di Stato Antony Blinken e il vicepresidente Han Zheng all’Assemblea delle Nazioni Unite a New York. I colloqui Wang-Sullivan per la parte cinese sono stati “strategici, sinceri, sostanziali e costruttivi, incentrati sulla stabilizzazione e sul miglioramento delle relazioni”. Significativo che vengano utilizzate due parole: “costruttivi” e “miglioramento”. Ovviamente i problemi e le tensioni restano, dai microchip su cui presto potrebbero arrivare nuove restrizioni della Casa Bianca fino soprattutto a Taiwan (nella cui regione Pechino ha inviato tra domenica e lunedì un numero record di jet militari), ma la sensazione è che l’incontro Wang-Sullivan faccia registrare un importante passo avanti in vista di una possibile visita di Xi Jinping negli Usa, dove Joe Biden spera di incontrarlo a margine del summit dell’Apec (Asia-Pacific Economic Cooperation) di novembre. Sarebbe la prima volta che i leader delle due potenze si parlano di persona dopo il G20 del 2022 a Bali.