Gli Stati Uniti hanno condotto un attacco via drone in Afghanistan contro ISIS-K, lo Stato islamico della provincia del Khorasan: la prima risposta contro l’attentato che ha causato la morte di almeno 170 civili e 13 membri dell’esercito americano
Venerdì gli Stati Uniti hanno condotto un attacco via drone in Afghanistan contro lo Stato islamico della provincia del Khorasan (ISIS-K), la divisione afghana dello Stato islamico che ha rivendicato l’attentato nei pressi dell’aeroporto di Kabul di giovedì scorso.
Durante una conferenza stampa, giovedì sera, il Presidente americano Joe Biden aveva promesso una ritorsione contro l’ISIS-K per l’attentato, che ha causato la morte di almeno 170 civili e 13 membri dell’esercito americano: mai così tanti soldati erano morti in un solo giorno negli ultimi dieci anni di guerra in Afghanistan. Rivolgendosi ai responsabili, Biden aveva detto: “Non perdoneremo. Non dimenticheremo. Vi daremo la caccia e ve la faremo pagare”.
Cosa sappiamo sull’attacco degli Stati Uniti
La (prima?) risposta statunitense è arrivata venerdì, condotta con un aeromobile senza pilota, ossia un drone, nella provincia di Nangarhar: si trova a est della capitale Kabul e confina con il Pakistan. Un funzionario americano anonimo ha rivelato a Reuters che il bersaglio – ucciso – era un membro dell’ISIS-K che si occupava di pianificare attentati, ma non è chiaro se fosse coinvolto in quello all’aeroporto. Assieme al bersaglio è stato ucciso anche un altro affiliato all’ISIS-K che si trovava in auto con lui.
Stando alle informazioni disponibili, gli Stati Uniti hanno utilizzato un drone Reaper, pilotato da remoto e decollato da una non precisata postazione in Medio Oriente, probabilmente da qualche piattaforma nel golfo Persico: a giugno Washington ha spostato nella regione la portaerei Ronald Reagan (normalmente di base nell’Asia-Pacifico) proprio per dare supporto alle operazioni di ritirata dall’Afghanistan, che si concluderanno il 31 agosto.
Un drone Reaper, realizzato dall’azienda americana General Atomics, era già stato utilizzato dagli Stati Uniti per assassinare il generale iraniano Qassem Soleimani, a gennaio dell’anno scorso. Il mezzo è in grado di volare per lunghe distanze e possiede un’apertura alare di 20 metri.
Il Comando centrale del dipartimento della Difesa ha parlato dell’attacco via drone di venerdì come di una “operazione antiterrorismo over-the-horizon”, cioè partita dall’esterno del Paese di destinazione. Nei piani degli Stati Uniti sembrerebbe infatti esserci – stando a dichiarazioni dei mesi scorsi – il mantenimento di una capacità di monitoraggio e di offesa “da fuori” l’Afghanistan, utilizzando aeromobili stanziati nei paesi prossimi o direttamente confinanti. Non è chiaro però, concretamente, come e dove agirà Washington, che non possiede basi militari in nessuno dei paesi che confinano con l’Afghanistan, che peraltro non dispone di uno sbocco sul mare. Non sembra nemmeno – almeno ad oggi – plausibile l’apertura di nuove strutture, sia perché non sono stati raggiunti accordi con i governi della zona, sia perché l’America vuole concentrare le forze in Asia-Pacifico per contenere la Cina.
La minaccia dell’ISIS-K
Per il momento, comunque, l’attenzione della Casa Bianca è sull’evacuazione dall’Afghanistan, che dovrà essere ultimata entro la data prevista del 31 agosto. All’aeroporto di Kabul ci sono ancora circa cinquemila soldati americani, e si pensa che i prossimi giorni saranno i più pericolosi, con il rischio di nuovi attentati.
Il pericolo è rappresentato soprattutto dall’ISIS-K, il gruppo islamista sunnita nato nel 2014 nell’Afghanistan orientale e fondato da un gruppo particolarmente radicale di Talebani pakistani. L’organizzazione ha iniziato presto a scontrarsi con i Talebani afghani per il controllo dei punti alla frontiera con il Pakistan più strategici per il contrabbando – i combattimenti si sono concentrati nella provincia di Nangarhar, dove c’è stato l’attacco drone americano –; successivamente si è espansa a nord, nelle province di Jowzjan e di Faryab.
L’ISIS-K non è nemico soltanto degli Stati Uniti e dell’Occidente, che negli scorsi anni hanno colpito il gruppo con dei bombardamenti, ma anche dei Talebani. Nonostante l’apparente affinità – sono entrambe organizzazioni terroristiche sunnite –, ci sono delle differenze ideologiche: c’è soprattutto il fatto che l’ISIS-K considera i Talebani non abbastanza “puri” nella loro interpretazione della sharia e anche traditori del jihad, visti i negoziati di pace con l’amministrazione di Ashraf Ghani e l’America. Mostrarsi più estremista, anche più brutale di tutti gli altri gruppi jihadisti, serve all’ISIS-K per rimarcare le sue differenze con i Talebani e per reclutare nuovi membri tra i combattenti “delusi” dalle ultime evoluzioni politiche del movimento.
L’ISIS-K, insomma, rappresenta una minaccia per l’incolumità dei soldati americani e dei civili afghani, ma anche un problema di sicurezza per i Talebani stessi: adesso che hanno assunto il comando dell’Afghanistan e vogliono “farsi Stato”, hanno bisogno di garantirsi il monopolio nell’esercizio della violenza.
Gli Stati Uniti hanno condotto un attacco via drone in Afghanistan contro ISIS-K, lo Stato islamico della provincia del Khorasan: la prima risposta contro l’attentato che ha causato la morte di almeno 170 civili e 13 membri dell’esercito americano