La rapidità con cui i Talebani hanno riconquistato l’Afghanistan non si concilia né con le dichiarazioni di Biden, né con le valutazioni dell’intelligence. Intanto il ritiro di tutte le truppe potrebbe essere posticipato
Il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha detto mercoledì che il ritiro di tutte le truppe americane dall’Afghanistan potrebbe venire posticipato oltre il 31 agosto per garantire l’evacuazione in sicurezza dei connazionali presenti nel Paese, passato sotto il comando dei Talebani. Le immagini degli occidentali e degli afghani che fuggono da Kabul – o che ci provano – raccontano caos e disperazione, e rappresentano un danno d’immagine sia per gli Stati Uniti che per il loro Presidente, il cui messaggio politico insiste molto sul ritorno della competenza e dell’affidabilità americana.
La gestione del ritiro (con annessa caduta di Kabul) è costata molte critiche alla Casa Bianca e ha fornito nuovi argomenti alla propaganda della Cina. Secondo Biden, lasciare l’Afghanistan in una maniera non caotica sarebbe stato impossibile. Ormai ha forse poco senso chiedersi se le cose sarebbero potute andare diversamente, così come è fuori discussione il fatto che gli Stati Uniti fossero consapevoli della fragilità delle istituzioni afghane e certi che l’esercito e il Governo non avrebbero resistito a lungo all’offensiva dei Talebani.
Ma la rapidità con la quale i Talebani hanno riconquistato l’Afghanistan non si concilia con le dichiarazioni di Biden – che l’8 luglio ancora diceva di aver fiducia nelle forze armate afghane – e nemmeno con le valutazioni dell’intelligence americana: si chiamano così le agenzie che si occupano di raccogliere e analizzare dati all’estero, e che sembrerebbero non aver compreso l’effettiva situazione nel Paese.
Le dichiarazioni del generale Milley
Mercoledì, durante una conferenza stampa, il generale e capo dello stato maggiore congiunto Mark Milley ha detto che non esistono rapporti dell’intelligence “di cui io sia a conoscenza che hanno previsto che una forza di sicurezza di 300mila persone sarebbe evaporata in undici giorni”. A seconda degli scenari, il Governo afghano sarebbe dovuto cadere “settimane o mesi, anche anni, dopo la nostra partenza”. E invece non solo l’Afghanistan è finito in mano ai Talebani mentre le truppe americane erano ancora lì, ma i soldati sono anche aumentati di numero – ora sono 4500, quasi il doppio di quando Biden ha assunto l’incarico, ed è possibile che arrivino a 6000 per gestire il processo di evacuazione – e potrebbero pure restarci più di quanto previsto.
Nel rimpallo di responsabilità successivo al caos afghano, l’intelligence ha fatto circolare la sua visione delle cose attraverso le testimonianze di alcuni funzionari al New York Times. Al quale hanno raccontato che dallo scorso luglio i report dell’intelligence si sarebbero fatti sempre più pessimisti sulla capacità delle forze di sicurezza afghane di opporre resistenza ai Talebani. È un’affermazione difficile da verificare, che lascia aperte due possibilità: o l’amministrazione Biden non era stata correttamente informata, oppure ha deciso di ignorare la realtà per portare a termine un obiettivo politico deciso ben prima di luglio.
A luglio la CIA scrisse che le forze afghane avevano perso il controllo di alcune strade che portavano a Kabul, un elemento che aggravava l’instabilità dell’apparato istituzionale. Ma il Washington Post riporta che il 10 agosto l’intelligence comunicò al Governo americano che Kabul sarebbe finita in mano talebana entro 30-90 giorni: invece cadde appena dopo cinque. Le stime precedenti evocavano tempi ancora più lunghi prima del collasso, dai sei ai dodici mesi, se non addirittura due anni.
Cosa aveva capito l’intelligence, e cosa no
È evidente che i Talebani abbiano portato avanti la loro offensiva a una velocità tale da stravolgere le previsioni e renderne difficile l’aggiornamento. L’intelligence aveva tuttavia compreso la strategia militare del gruppo, che ha effettivamente puntato alla conquista dei valichi di frontiera e dei territori settentrionali prima di mirare alla capitale. E aveva previsto la fine della storia: i Talebani avrebbero vinto, il Governo di Ashraf Ghani avrebbe perso.
Quello che l’intelligence non aveva capito era il numero di giorni che sarebbero bastati ai Talebani per prendersi Kabul. L’altro punto che gli Stati Uniti non avevano colto era la mancanza di voglia di combattere tra le fila dell’esercito afghano, demotivato e assolutamente impreparato allo scontro: eppure sia i numeri che l’equipaggiamento erano a loro favore.
Tra le agenzie di intelligence, la CIA era quella meno fiduciosa nelle capacità dell’esercito afghano. Gli organi interni al Pentagono, invece, come la DIA, erano maggiormente ottimiste. Il segretario di stato Antony Blinken ha dichiarato che “le forze di sicurezza afghane […] si sono dimostrate incapaci di difendere il Paese”. Fare affidamento sui militari afghani è stato un errore di valutazione grave da parte di Washington, che ha investito vent’anni e 80 miliardi di dollari nella loro formazione.
Sebbene sia sempre apparso in difficoltà, nei mesi passati l’esercito afghano aveva riconquistato dei territori, sottraendoli ai Talebani. Secondo il Financial Times, l’episodio che ha fatto crollare la motivazione delle truppe c’è stato il 6 agosto, quando i Talebani hanno conquistato la città di Zaranj, nella provincia sudoccidentale di Nimruz: un attacco da tre direzioni che ha fatto presto venire meno le difese; le autorità di Kabul non avevano corpi speciali da mandare a dare sostegno.
Di chi è la colpa?
La decisione degli Stati Uniti di ritirarsi dall’Afghanistan non è stata frutto di un calcolo militare o di un rapporto dell’intelligence, ma di una decisione di politica interna ed estera: l’opinione pubblica è stanca di una guerra lunga e costosa, della quale non capisce più nemmeno il senso; l’amministrazione Biden – come quella precedente di Donald Trump – vuole distaccarsi dal Medio Oriente per concentrare soldi e attenzioni sull’Asia-Pacifico, la regione più determinante per il successo della sfida con la Cina. Prima o poi, magari il giorno dopo il 31 agosto, i Talebani si sarebbero comunque presi Kabul e l’Afghanistan, e il quadro generale non sarebbe stato troppo diverso per la maggior parte della popolazione.
Oltre all’evidente errore di valutazione dell’intelligence, ci sono anche altri motivi che spiegano il caos della ritirata. Della timeline troppo serrata dell’amministrazione Biden e della mancanza di combattività dell’esercito afghano si è già detto, ma è importante ricordare anche l’abbandono dell’Afghanistan da parte dei contrattisti americani, che offrivano servizi di manutenzione dei mezzi militari assolutamente cruciali per le forze statali.
La rapidità con cui i Talebani hanno riconquistato l’Afghanistan non si concilia né con le dichiarazioni di Biden, né con le valutazioni dell’intelligence. Intanto il ritiro di tutte le truppe potrebbe essere posticipato