Il Segretario di Stato Usa in visita a Brasilia e Buenos Aires in cerca di sostegno alla politica globale di Washington. Forti i contrasti sul conflitto israelo-palestinese: Lula dichiarato persona non grata in Israele, e Milei annuncia lo spostamento dell’ambasciata argentina a Gerusalemme.
Anthony Blinken ha approfittato dell’incontro dei ministri degli Esteri dei paesi membri del G20 che si è tenuto a Rio de Janeiro questa settimana per organizzare un breve tour sudamericano e incontrare i presidenti Lula da Silva, in Brasile, e Javier Milei, in Argentina.
Diversi i dossier su cui Washington vorrebbe far chiarezza con i governi delle due principali potenze sudamericane: la posizione intorno al processo elettorale in Venezuela, recentemente messo in dubbio dal governo di Nicolás Maduro; lo sviluppo delle relazioni con Pechino, sempre più profonde nella regione; la loro visione intorno al conflitto in Ucraina. Ma a tenere banco come principale argomento di confronto durante la visita dell’emissario dell’amministrazione Biden è stato sicuramente il conflitto in Palestina.
Domenica scorsa infatti Lula da Silva ha dichiarato durante una conferenza stampa ad Addis Abeba, ospite al Summit annuale dell’Unione Africana, che “quanto sta accadendo a Gaza non è una guerra ma un genocidio”, e ha comparato l’azione delle forze militari israeliane con i delitti perpetrati dal nazismo durante l’olocausto. La reazione del governo di Benjamin Netanyahu è stata immediata: il Ministro degli Esteri Israel Katz ha convocato l’ambasciatore brasiliano e ha dichiarato “persona non grata” il presidente Lula.
Blinken si è limitato a dire che il suo governo “non condivide” le parole del presidente brasiliano, eppure fonti legate alla diplomazia statunitense in America Latina assicurano che per la Casa Bianca “è opportuno” che Lula occupi un ruolo contestatario. Non sono certo un segreto i corto circuiti scaturiti nella relazione tra Netanyahu e l’amministrazione Biden proprio a causa della guerra su Gaza, ed il fatto che un leader riconosciuto globalmente, specialmente dai governi del sud del mondo, alzi i toni contro la politica ufficiale di Netanyahu potrebbe cominciare a fungere da contrappeso alla narrativa che Israele vuole sostenere a livello globale intorno al proprio diritto indiscusso all’autodifesa. Il Brasile mantiene da tempo una posizione diversa da quella di Washington sui principali conflitti globali in corso. Nel caso israeliano, il governo Lula ha più volte criticato l’uso della forza da parte del governo di Netanyahu, ha chiesto un immediato cessate il fuoco nella regione e l’apertura di negoziazioni che permettano la creazione di uno stato palestinese.
All’inizio dell’anno ha anche sostenuto con entusiasmo l’iniziativa del Sudafrica di portare la questione di fronte alla Corte Internazionale di Giustizia. Proprio durante il suo tour africano, e dopo che Washington ha posto per la terza volta consecutiva il proprio veto alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’Onu intorno ad un cessate il fuoco su Gaza, Lula ha commentato che nel massimo organismo per la sicurezza delle Nazioni Unite ci sono “troppi paesi belligeranti e troppo pochi paesi pacifisti”.
La situazione a Gaza, in ogni caso, è diventata uno dei temi più polemici nel rapporto dei paesi latinoamericani con gli Usa. Durante le sessioni della Corte Internazionale di Giustizia di martedì scorso, la rappresentante del Cile ha presentato un esposto in cui denuncia le “violazioni sistematiche ai diritti umani” da parte di Israele. Il presidente colombiano, Gustavo Petro, ha espresso la propria solidarietà nei confronti di Lula dopo l’apertura della crisi diplomatica con Israele e ha condiviso la sua posizione intorno alla guerra su Gaza. Dopo l’inizio delle operazioni militari nella Striscia, la Bolivia ha direttamente rotto le relazioni diplomatiche con Israele, e l’Honduras ha ritirato il proprio ambasciatore.
Argentina e Paraguay sono forse oggi i più stretti alleati di Israele e Usa in America Latina. Asunción ha espressamente votato contro la risoluzione del Consiglio di Sicurezza per l’imposizione di un cessate il fuoco su Gaza a dicembre, mentre il Presidente argentino ha scelto proprio Israele come prima missione all’estero da capo di stato.
Durante la sua visita, Milei ha stretto forti vincoli con i settori della destra israeliana che sostengono il governo Netanyahu, e ha fatto due promesse importanti per l’Argentina: l’inclusione di Hamas nella lista delle organizzazioni considerate terroristiche dal paese sudamericano e lo spostamento dell’ambasciata argentina a Gerusalemme.
I punti di contatto tra Washington e il governo di Milei oggi sono molti e molto forti. L’agenda di Blinken in Argentina dunque si è concentrata sulle possibilità di accordo sotto il punto di vista degli investimenti e del commercio. Per gli Usa, l’Argentina – così come Cile e Bolivia – risulta fondamentale in termini di approvvigionamenti di litio e minerali rari, indispensabili per la transizione energetica e le cui catene di somministro globale sono attualmente controllate in larga parte dalla Cina.
L’Argentina è il terzo paese con le maggiori riserve di litio al mondo, ed allo stesso tempo quello con la minor infrastruttura nazionale per la sua estrazione e lavorazione, tutti processi che l’industria statunitense è in grado di garantire. “Vogliamo creare una catena di approvvigionamento per minerali critici come il litio” ha sostenuto Blinken in conferenza stampa da Buenos Aires. “Le nostre aziende stanno facendo investimenti importanti, soprattutto nel nord-ovest. Abbiamo lanciato l’Associazione per i Minerali, stiamo collaborando per investimenti. Questi progetti creeranno posti di lavoro, miglioreranno la competitività e un clima più resiliente. Dipende dall’Argentina, ci aspettiamo qualche piano. Il lavoro che si sta facendo per stabilizzare l’economia è essenziale. È una decisione dell’Argentina”.
Il problema tra Washington e Buenos Aires in questo momento però è di sintonia politica. È chiara a tutti l’affinità che lega l’attuale presidente Milei con il candidato repubblicano Donald Trump, ed è proprio in attesa dell’esito delle elezioni in Usa di novembre che il governo argentino sembra voler temporeggiare per approfondire la relazione bilaterale. Proprio in queste ore Milei è atteso alla Conservative Political Action Conference di Washington DC, dove incontrerà per la prima volta l’ex presidente Trump, oltre a molti altri dirigenti dell’Alt Right a livello internazionale, tra cui lo spagnolo Santiago Abascal e il guru ultraconservatore Steve Bannon.
Buenos Aires è da alcuni giorni meta di importanti esponenti dell’establishment a livello globale, desiderosi di comprendere fino a che punto il “piano motosega” di Milei potrà essere messo in pratica. Negli ultimi giorni si sono avvicendati negli uffici dei principali ministeri argentini la CEO del Citigroup, Jana Fraser, l’amministratore di Discovery Capital Management, Robert Citrone, e nei prossimi giorni è attesa anche la visita di un entusiasta “mileista” come Elon Musk.
Poche ore prima dell’arrivo di Blinken è stato il turno della Vice Direttrice Generale del Fondo Monetario Internazionale, Gita Gopinath, giunta a verificare personalmente l’indirizzo intrapreso dal nuovo governo. L’Argentina mantiene ancora il più grande debito della storia del Fmi, 44 miliardi di dollari, e in queste ore sta negoziando la possibilità di nuovi esborsi per sostenere il piano di stabilizzazione economica di Milei.
Gli Usa in questo senso sono fondamentali: Washington apporta il 16,5% del capitale del Fondo, che gli garantisce un potenziale diritto di veto sulle decisioni dell’organismo. In un comunicato pubblicato dal Fmi alla fine della missione a Buenos Aires, Gopinath ha addirittura ricordato a Milei l’importanza della spesa pubblica dedicata all’assistenzialismo e le pensioni: “Dati i costi di stabilizzazione a breve termine, è essenziale sostenere gli sforzi per sostenere le fasce vulnerabili della popolazione e preservare il valore reale dell’assistenza sociale e delle pensioni, nonché garantire che l’onere dell’adeguamento non ricada in modo sproporzionato sulle famiglie lavoratrici. Procedere in modo pragmatico per garantire un sostegno sociale e politico è fondamentale anche per garantire la sostenibilità e l’efficacia delle riforme”. Insomma, il piano economico del governo argentino, che ha portato in due mesi ad azzerare il deficit, risulta troppo ortodosso perfino per i funzionari del Fmi.
Anthony Blinken ha approfittato dell’incontro dei ministri degli Esteri dei paesi membri del G20 che si è tenuto a Rio de Janeiro questa settimana per organizzare un breve tour sudamericano e incontrare i presidenti Lula da Silva, in Brasile, e Javier Milei, in Argentina.
Diversi i dossier su cui Washington vorrebbe far chiarezza con i governi delle due principali potenze sudamericane: la posizione intorno al processo elettorale in Venezuela, recentemente messo in dubbio dal governo di Nicolás Maduro; lo sviluppo delle relazioni con Pechino, sempre più profonde nella regione; la loro visione intorno al conflitto in Ucraina. Ma a tenere banco come principale argomento di confronto durante la visita dell’emissario dell’amministrazione Biden è stato sicuramente il conflitto in Palestina.