Gli Stati Uniti lasciano intendere che, a differenza dell’Ucraina, che ha ricevuto soltanto armi per respingere gli aggressori russi, Taiwan otterrebbe il supporto delle truppe americane contro l’esercito della Cina
Gli Stati Uniti difenderanno militarmente Taiwan da un’aggressione cinese. Lo ha dichiarato – o meglio: ribadito – il Presidente Joe Biden durante un’intervista al programma televisivo “60 Minutes”, andata in onda domenica sera sulla CBS.
Biden è stato chiaro nello specificare che, a differenza dell’Ucraina, che ha ricevuto soltanto armamenti per respingere l’invasione russa, Taiwan otterrebbe il supporto delle truppe americane contro l’esercito della Cina. Il giornalista Scott Pelley ha infatti chiesto al Presidente se “a differenza dell’Ucraina, per essere chiari, signore, le forze statunitensi – uomini e donne statunitensi – difenderebbero Taiwan in caso di invasione cinese?”. Il Presidente ha risposto: “Sì”.
Non è la prima volta che Biden si esprime in questo modo. L’ultima c’è stata lo scorso maggio, durante una conferenza stampa in Giappone, dopo uno scambio di battute quasi uguale – ma leggermente meno netto – a quello trasmesso sulla CBS: un giornalista aveva chiesto al Presidente se l’America fosse disposta a impegnarsi direttamente in un conflitto a Taiwan, diversamente da quanto fatto con l’Ucraina; Biden aveva risposto di sì. In precedenza, nell’agosto del 2021, aveva detto che Washington sarebbe intervenuta in prima persona a difesa dei partner asiatici, paragonandoli agli alleati della Nato e menzionando espressamente Taiwan, assieme al Giappone e alla Corea del Sud.
Ogni volta che Biden rilascia dichiarazioni simili, le istituzioni americane pubblicano dei comunicati per circoscrivere le parole del Presidente e precisare che queste non costituiscono cambiamenti alla politica degli Stati Uniti verso Taiwan, un Paese di fatto indipendente ma considerato dalla Cina come parte del proprio territorio, da annettere. Pure stavolta è successo lo stesso.
Le relazioni tra l’America e Taiwan sono regolate dal Taiwan Relations Act del 1979 – dice che Washington non riconosce Taipei ma Pechino come unico Governo legittimo della Cina, pur continuando a sostenere diplomaticamente e militarmente l’isola ma senza esprimersi sul suo status – e sono caratterizzate dalla cosiddetta “ambiguità strategica”: gli Stati Uniti non hanno cioè alcun impegno formale alla difesa di Taiwan, ma lasciano intendere che potrebbero intervenire per respingere un eventuale attacco cinese.
Lo stesso Biden non ha mostrato l’intenzione di superare nella teoria questo approccio. Anzi, alla CBS sembra fare riferimento proprio al Taiwan Relations Act quando dice che Washington e Pechino sono “d’accordo con quanto abbiamo sottoscritto molto tempo fa. E che c’è una politica di un’unica Cina, e che Taiwan fa le proprie valutazioni sulla sua indipendenza. Non ci stiamo muovendo… non stiamo incoraggiando la loro indipendenza. È una loro decisione”.
Biden, insomma, si spinge in là con le parole ma non va troppo oltre: non arriva cioè a sostenere il riconoscimento americano dell’indipendenza taiwanese (è così di fatto, ma non di forma) perché consapevole che una proclamazione provocherebbe una reazione cinese. Forse una reazione molto dura, probabilmente anche più delle grosse esercitazioni militari seguite alla visita sull’isola della Speaker della Camera americana Nancy Pelosi.
Biden è stato chiaro nello specificare che, a differenza dell’Ucraina, che ha ricevuto soltanto armamenti per respingere l’invasione russa, Taiwan otterrebbe il supporto delle truppe americane contro l’esercito della Cina. Il giornalista Scott Pelley ha infatti chiesto al Presidente se “a differenza dell’Ucraina, per essere chiari, signore, le forze statunitensi – uomini e donne statunitensi – difenderebbero Taiwan in caso di invasione cinese?”. Il Presidente ha risposto: “Sì”.