Il piano del Presidente-dittatore per restare in carica passa per un referendum su una nuova costituzione che si terrà a febbraio. E intanto allarma la popolazione su un possibile assedio da parte di forze straniere
Alexander Lukashenko, il Presidente-dittatore della Bielorussia al potere dal 1994, è sotto pressioni sia interne che esterne: da un lato c’è un corposo movimento di opposizione, che si era fatto notare l’anno scorso con grosse manifestazioni pubbliche e che continua a venire represso; dall’altro ci sono le sanzioni internazionali, e in particolare europee, contro il suo regime.
Il referendum e la retorica
Il piano di Lukashenko per continuare a rimanere al comando della Bielorussia passa – oltre che per l’appoggio della Russia, dalla quale dipende in tutto e per tutto – per un referendum su una nuova costituzione che si terrà a febbraio, e che l’opposizione ha chiesto di boicottare. Per dare risalto a questo appuntamento politico, e per promuovere indirettamente la sua figura, Lukashenko sta facendo ricorso a uno stratagemma retorico per lui tipico: presentare la Bielorussia come un Paese sotto assedio, che deve difendersi da misteriose forze straniere ostili intenzionate a sottometterlo.
“Dobbiamo difendere il nostro territorio”, ha detto. “Con o senza Lukashenko, questo è il vostro Paese; lo abbiamo nutrito per un quarto di secolo e non dovremmo mai cederlo a nessuno”. Il discorso è stato riportato dalla Belta, l’agenzia di stampa statale bielorussa. Sono affermazioni pertanto imbevute della propaganda di regime, e che dunque vanno accolte con prudenza. Non è però la veridicità del contenuto a renderle interessanti, ma il tipo di messaggio che vogliono diffondere alla popolazione: il referendum, dice Lukashenko, è una questione di amore per la patria e di sicurezza nazionale, e in quanto tale va al di là di lui.
Rafforzare l’Assemblea popolare
Non sappiamo esattamente in che modo il Presidente voglia emendare la costituzione, anche se ne parla da molto tempo. Sappiamo che ha intenzione di dare maggiori poteri – ad esempio sulla nomina dei giudici o sulla rimozione del presidente – all’Assemblea popolare, un organismo composto da rappresentanti del governo e da portavoce dei settori industriali: in altre parole, è un insieme di persone fedeli al regime. Lukashenko ha precisato che “in nessun caso” il potere dovrà essere ripartito tra più soggetti, che “il capo dello Stato, il Presidente, deve rimanere il Presidente […]. Altrimenti distruggeremmo il Paese”.
Gli obiettivi reali
In realtà, Lukashenko e i suoi fidati potrebbero anche decidere di entrare nell’Assemblea popolare (rafforzata dal referendum) e lasciare che una nuova generazione assuma la guida del Paese: è una possibilità a cui Lukashenko ha peraltro già accennato. Sarebbe però soltanto un passaggio di consegne formale, perché nella sostanza il comando resterebbe nelle mani dell’attuale Presidente, della sua famiglia e in generale della “vecchia” guardia.
Il piano del Presidente-dittatore per restare in carica passa per un referendum su una nuova costituzione che si terrà a febbraio. E intanto allarma la popolazione su un possibile assedio da parte di forze straniere