Con ogni probabilità non c’è nulla di illegale nelle attività di Cameron o di Greensill, ma emergono chiaramente interessi privati, finanza deregolata e potere del denaro
Con ogni probabilità non c’è nulla di illegale nelle attività di Cameron o di Greensill, ma emergono chiaramente interessi privati, finanza deregolata e potere del denaro
Il casoGreensill è l’ennesimo a scuotere la complessa architettura della finanza globale e dei suoi meccanismi (troppo) complessi. E come accade, una delle ragioni per una gestione spericolata può essere la grande vicinanza che alcune corporation sono in grado di stabilire con la politica, con relazioni quando il politico è in “carriera” che evolvono in transazioni economiche, consulenze, discorsi pagati a peso d’oro, pacchetti di azioni una volta che il politico è uscito di scena – ma mantiene il suo portfolio di relazioni. I casi famosi sono quelli di Schroeder, Blair o l’ex leader liberal-democratico britannico Clegg, che oggi guadagna cifre da capogiro lavorando per Facebook.
La Greensill Bank
Prima di parlare della bufera scoppiata attorno a David Cameron, varrà la pena ricostruire in breve la ascesa e la caduta di Greensill Bank, che porta il nome del finanziere ed ex agricoltore australiano che l’ha fondata nel 2011. Greensill nasce come intermediario tra creditori e debitori: paga le imprese per le loro forniture per farsi rimborsare dai debitori per una percentuale. La banca concede prestiti ad aziende che copre con i propri crediti e infine impacchetta questi crediti in complessi strumenti finanziari che piazza sul mercato. Ora, Greensill ha presentato istanza di insolvenza e questo è un problema per due ragioni: nel 2020 la banca ha emesso oltre 143 miliardi di dollari di finanziamenti a oltre 10 milioni di clienti e tra i detentori dei suoi pacchetti di crediti ci sono banche come Credit Suiss o Soft Bank.
Non entriamo a fondo nella vicenda se non per segnalare che diverse autorità di Borsa e della finanza, dopo il 2019, hanno aperto inchieste sugli investimenti, ad esempio quelli fatti da SoftBank appunto nei crediti ceduti da Greensill a CreditSuisse, quando SoftBank aveva anche investito in Greensill, divenendo parallelamente debitore e creditore della banca con sede a Londra. Poi è arrivata la chiusura dei rubinetti da parte delle banche. La caduta di Grensill è un problema enorme per tutti i grandi e piccoli che contavano sui suoi prestiti. Tra questi il magnate dell’acciaio britannico Gupta, 5mila dipendenti nel Paese e centinaia di milioni di debiti.
Lo scandalo Cameron
Il fatto è che nonostante tutto, e forse proprio per gli interessi che muoveva, le autorità britanniche continuavano a considerare Greensill Bank credibile: nel 2020 la banca viene accreditata per fare prestiti garantiti dallo Stato per sostenere le imprese messe nei guai dal coronavirus. E forse c’è una ragione: la bravura del banchiere australiano a muoversi nella politica britannica. Negli anni in cui a Downing Street viveva David Cameron, infatti, Greensill era molto vicino all’ex premier e noto nei palazzi di Whitehall, la strada dei Ministeri di Londra, e così ottenne di partecipare a un programma in cui prestava soldi all’NHS, il servizio sanitario pubblico britannico. Uscito dal 10 di Downing street Cameron ottenne un posto da consulente e molte azioni Greensill dalle quali, raccontava, avrebbe guadagnato circa 60 milioni grazie a una quotazione in Borsa da 7 miliardi. Nel 2020, quando i guai erano già evidenti, Cameron avrebbe mandato diversi messaggi all’attuale Cancelliere dello Scacchiere Rishi Sunak per convincerlo senza successo a concedere prestiti di emergenza di quelli che il Governo ha stanziato durante il 2020 alle imprese.
Niente di illegale, come non lo è il viaggio fatto a Riad nel gennaio 2020 assieme a Greensill su uno dei suoi jet privati – che le cronache dicono essere particolarmente lussuosi. I due andavano a proporre ipotesi di investimento e passarono una notte in campeggio nel deserto assieme al principe della corona Mohamed bin Salman, quello di cui i lettori italiani hanno sentito parlare spesso di recente.
Secondo il Financial Times, Greensil vantava anche partnership con il Public Investment Fund, il fondo sovrano saudita, proprio grazie a SoftBank nel cui Vision Fund il fondo gestito da Yasir al Rumayyan ha investito 100 miliardi di dollari. Nel 2019 il gruppo dirigente di SoftBank usò l’aereo di Greensill per volare da Jedda a Riad.
Con ogni probabilità non c’è nulla di illegale in nessuna delle attività di Cameron o di Greensill, non in questa parte di relazioni, lobbying, almeno. Ma certo, c’è quell’intreccio di interessi privati, finanza deregolata, potere del denaro che è uno dei grandi temi della nostra epoca: una politica pronta a passare a consulenze milionarie non è indipendente nelle proprie scelte, le relazioni con Paesi in cui si negano i diritti civili e umani non dovrebbero essere macchiate dai miliardi che quei Paesi investono ovunque, e così via.
Comunque sia il comportamento di Cameron, già golden boy conservatore divenuto l’uomo che ha portato il Regno Unito al disastroso referendum sulla Brexit, verrà sottoposto a indagine da parte del Committee on Standards in Public Life. Che per il premier che nel 2009 denunciava “la relazione fin troppo intima tra politica, Governo, affari e denaro” è una fine ingloriosa.
Con ogni probabilità non c’è nulla di illegale nelle attività di Cameron o di Greensill, ma emergono chiaramente interessi privati, finanza deregolata e potere del denaro
Il casoGreensill è l’ennesimo a scuotere la complessa architettura della finanza globale e dei suoi meccanismi (troppo) complessi. E come accade, una delle ragioni per una gestione spericolata può essere la grande vicinanza che alcune corporation sono in grado di stabilire con la politica, con relazioni quando il politico è in “carriera” che evolvono in transazioni economiche, consulenze, discorsi pagati a peso d’oro, pacchetti di azioni una volta che il politico è uscito di scena – ma mantiene il suo portfolio di relazioni. I casi famosi sono quelli di Schroeder, Blair o l’ex leader liberal-democratico britannico Clegg, che oggi guadagna cifre da capogiro lavorando per Facebook.
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