Stato nello stato, Hezbollah gestisce in Libano una vasta rete di servizi sociali che includono infrastrutture, strutture sanitarie, scuole e programmi per i giovani, tutti elementi determinanti nel raccogliere il sostegno di sciiti e non.
Nessuno degli attori coinvolti, compresi Iran ed Hezbollah, vuole scatenare una guerra regionale contro Israele sia per le capacità belliche di questo, sia per l’assistenza internazionale che riceverebbe.
L’allerta è massima e c’è chi dice che, di fatto, la guerra tra il paese ebraico e quello dei cedri è già in corso. Il timore tuttavia resta quello di un’escalation sempre maggiore che possa ampliare il conflitto a livello regionale.
Circa 200.000 Palestinesi, discendenti di coloro che fuggirono da Israele durante la guerra del 1948, vivono in Libano come rifugiati. Condizioni invivibili e faide interne rendono questi 12 campi una scena di violenza regolare tra fazioni rivali che si contendono il potere.
Il Paese è senza Presidente da oltre sei mesi e ieri è fallito il dodicesimo tentativo di raggiungere il quorum per l’elezione di uno dei candidati. In base al complesso accordo di condivisione del potere, il presidente del Libano deve essere un cristiano maronita, il presidente del parlamento un musulmano sciita e il primo ministro un sunnita
Putin recluta milizie palestinesi da mandare in Ucraina nei campi profughi in Libano e in Siria, dove le condizioni di vita sono terribili e le prospettive del futuro inesistenti. Il reclutamento avverrebbe in collaborazione con l’organizzazione di Hezbollah, con sede in Libano e sostenuta dall’Iran
In tre anni la valuta libanese ha perso il 98% del proprio valore. L’associazione delle banche mette in guardia il Paese contro un piano di distruzione del settore bancario da parte di un gruppo di mercenari e accusa lo Stato di avere speso più di 20 miliardi di dollari di fondi di emergenza del FMI a sostegno del contrabbando
L’annuncio da parte di Nasrallah, leader del partito sciita. Israele al voto la prossima settimana, Netanyahu contro il dialogo con Beirut: se vincerò, nessun obbligo verso l’accordo firmato dal Pm Lapid
Dopo un’estenuante trattativa durata due anni i due Paesi raggiungono l’intesa: per Beirut la possibilità di riscattarsi dalla crisi economica e sociale. Si apre una nuova fase nei rapporti bilaterali