Il 17 e 18 ottobre a Pechino conferenza internazionale che ospiterà capi di Stato e di Governo: pubblicato un white paper per celebrare i traguardi del progetto
Sono già passati 10 anni dall’avvio del progetto Belt and Road Initiative (BRI), masterplan dalle molteplici sfaccettature celebrato in casa dal Governo cinese ma spesso e volentieri criticato all’estero. La prossima settimana, il 17 e 18 ottobre, a Pechino si terrà una conferenza con ospiti d’eccezione: il Presidente Xi Jinping accoglierà, su tutti, il leader russo Vladimir Putin e i capi di Stato e di Governo di nazioni sudamericane ed africane. Il Presidente della Federazione Russa ha già partecipato alle precedenti iniziative sia nel 2017 che nel 2019; stavolta, il viaggio di Putin in Cina assume ulteriori significati visto che sarebbe il primo da quando è stato emanato l’ordine di cattura dalla Corte Penale Internazionale.
In un messaggio rivolto a Xi, Putin ha discusso delle relazioni tra i due Paesi e sottolineato che il loro incontro “servirà ad approfondire le relazioni Russia-Cina a beneficio dei nostri popoli amici, nell’interesse della sicurezza e stabilità del continente eurasiatico e in tutto il mondo”. Una dichiarazione che fa specie, vista l’invasione della Federazione in Ucraina e la posizione ambigua della Cina che, tuttavia, ha più volte provato ad intensificare il dialogo tra le varie parti, ricevendo il plauso, in particolar modo, dell’Unione Europea.
Il Segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Nikolay Patrushev, ha accolto nel mese di settembre il collega cinese Wang Yi, evidenziando come “l’attuale trasformazione dello scenario geopolitico è accompagnato dalla provocazione e l’incitamento di nuovi e vecchi conflitti. Vista la situazione che vede l’Occidente lanciare campagne contro Russia e Cina, è fondamentale il coordinamento nell’arena internazionale”.
Parole forti che vengono rafforzate dalla presenza fisica di Putin alle celebrazioni dei 10 anni della Belt and Road Initiative, per la quale il Governo cinese ha pubblicato un white paper: The Belt and Road Initiative: A Key Pillar of the Global Community of Shared Future. Il documento approfondisce quelli che per Pechino sono stati i successi dell’iniziativa, alla quale anche l’Italia ha guardato con interesse nel 2019, sostanzialmente uscendone nell’anno in corso.
“La BRI — si legge nel testo — ha contribuito enormemente allo sviluppo dell’economia della globalizzazione e aiutato a risolvere le sfide di crescita del sistema di governance mondiale”. Una visione che, secondo la Cina, “ha aperto una nuova strada per l’umanità, la realizzazione della modernizzazione, assicurando gli sforzi per costruire una comunità globale nell’ambito di un futuro condiviso”. Tuttavia, le critiche parlano della BRI come di un progetto che ha aiutato la penetrazione di Pechino a livello globale, una mera proiezione per lo sviluppo degli interessi cinesi e non dei Paesi che vi hanno aderito.
Secondo il white paper del Governo cinese, sono più di 150 le nazioni coinvolte nei progetti della Belt and Road Initiative, definito “progetto transnazionale e globale di lungo termine del 21° secolo”. L’Italia ha annunciato l’addio alla BRI: dal 2019, anno della firma italiana d’ingresso nel progetto con firma arrivata nel corso del Governo Conte I, l’export di Roma è cresciuto da 14.5 miliardi di euro a 18.5 miliardi, mentre quello cinese è passato da 33.5 miliardi di euro a ben 50.9 miliardi.
Cifre che raccontano tanto della differenza di benefici scaturiti dalla relazione tra le due nazioni, con un dato ulteriore: dal 2005 Pechino ha investito 24 miliardi di dollari ma solo 1.83 miliardi dopo la decisione italiana di aderire alla Via della Seta. Per il Ministro degli Esteri Antonio Tajani l’addio alla Via della Seta “non pregiudicherà gli ottimi rapporti che abbiamo con la Cina”.
In un messaggio rivolto a Xi, Putin ha discusso delle relazioni tra i due Paesi e sottolineato che il loro incontro “servirà ad approfondire le relazioni Russia-Cina a beneficio dei nostri popoli amici, nell’interesse della sicurezza e stabilità del continente eurasiatico e in tutto il mondo”. Una dichiarazione che fa specie, vista l’invasione della Federazione in Ucraina e la posizione ambigua della Cina che, tuttavia, ha più volte provato ad intensificare il dialogo tra le varie parti, ricevendo il plauso, in particolar modo, dell’Unione Europea.