Il risultato era atteso ma la sua proporzione è andata al di là delle previsioni. Le conseguenze politiche sono state immediate. Yoon, in carica fino al 2027, sarà un’anatra zoppa, con riflessi anche sulla politica estera, tema su cui i due principali partiti sono agli antipodi.
Avrebbe dovuto mettere a punto una risposta dopo la pesante sconfitta incassata alle elezioni legislative di mercoledì 10 aprile. Invece ha trascorso la domenica in una riunione d’emergenza per la sicurezza, organizzata di fretta dopo l’attacco dell’Iran contro Israele. Yoon Suk-yeol è in difficoltà.
Il presidente della Corea del Sud ha assistito inerte alla batosta subita dal suo Partito del Potere Popolare: solo 108 seggi su 300 dell’Assemblea Nazionale, conquistati peraltro in tandem con il partito satellite. I restanti 192 sono tutti finiti all’opposizione. Ben 176 solo al Partito democratico, la principale forza d’opposizione guidata dal grande rivale Lee Jae-myung, sconfitto al fotofinish da Yoon alle presidenziali del 2022.
Il risultato era atteso, almeno secondo i sondaggi della vigilia, ma la sua proporzione è andata al di là delle previsioni. Le conseguenze politiche sono state immediate. Il leader del partito conservatore al governo, Han Dong-hoo, si è dimesso. Non è bastato il suo appello all’ultimo comizio, secondo cui una vittoria dell’opposizione avrebbe potuto rendere la Corea del Sud un “Paese filocinese”. Hanno rimesso il proprio incarico anche il primo ministro Han Duck-soo, il capo di gabinetto Lee Kwan-sup e tutti gli alti segretari presidenziali. Resta da vedere se Yoon accetterà tutte le dimissioni, rischiando un pericoloso vuoto gestionale. Ma di certo il presidente è azzoppato fino al 2027, per i suoi restanti tre anni di mandato.
L’agenda interna dell’amministrazione Yoon pare destinata a restare bloccata. Una delle idee che Yoon aveva promesso di perseguire, cioè l’unione amministrativa della città di Gimpo (nella provincia di Gyeonggi), con la capitale Seul, sarà, salvo sorprese, archiviata. Il cosiddetto progetto “Megacity Seoul” ha infatti bisogno di un sostegno che l’opposizione non è intenzionata a concedere.
Anche diverse altre iniziative governative sono destinate a incontrare ostacoli, tra cui un piano che prevede un allentamento dei regolamenti immobiliari per favorire la riqualificazione degli appartamenti più vecchi in tutto il Paese. L’opposizione si è opposta ai piani immobiliari dell’amministrazione Yoon, definendoli iniziative che “avvantaggiano solo i ricchi”. Una retorica, questa, molto presente nei discorsi di Lee, che non a caso non disdegna il soprannome di “Bernie Sanders sudcoreano”.
Anche il tentativo di Yoon di evitare l’implementazione del sistema di tassazione dei redditi finanziari, previsto per il 1° gennaio del prossimo anno, potrebbe andare a vuoto. Il sistema mira a imporre una tassa del 20% agli investitori che hanno guadagnato plusvalenze superiori a 50 milioni di won (38.000 dollari) da investimenti azionari, mentre coloro che hanno guadagnato più di 300 milioni di won saranno soggetti a una tassa del 25%. L’opposizione ha chiesto l’attuazione programmata della tassazione, che è già stata ritardata di due anni, sostenendo che un eventuale scarto potrebbe comportare una perdita di 1.500 miliardi di won all’anno in termini di tasse.
Nel frattempo, è probabile che il blocco dell’opposizione lavori per l’approvazione di un disegno di legge speciale per un’indagine sui sospetti che il governo e la polizia abbiano esercitato un’influenza nel ritardare le indagini sulla morte di un giovane marine, travolto il 19 luglio dell’anno scorso mentre si trovava in una missione di soccorso durante un’alluvione.
Previsto anche un aumento delle pressioni per fare luce sullo scandalo che ha visto protagonista Kim Keon-hee, la moglie di Yoon, che avrebbe accettato in regalo una borsa Dior da un pastore protestante divenuto una sorta di confidente. La stessa Kim non ha accompagnato il marito al seggio nel giorno del voto, attirando nuove polemiche.
L’opposizione continuerà poi a chiedere l’istituzione di una commissione speciale d’inchiesta sulla strage di Itaewon del 29 ottobre 2022. Durante i festeggiamenti per Halloween, 156 persone morirono nella calca del noto quartiere notturno di Seul. In molti hanno additato la quasi totale assenza di misure di sicurezza, con il quasi contemporaneo dispiegamento di polizia nei pressi dell’ufficio presidenziale per una piccola protesta. Ufficio presidenziale che lo stesso Yoon ha voluto spostare dalla più lontana Casa Blu all’edificio del ministero della Difesa, non lontano proprio dal luogo della tragedia.
I contorni della vicenda non sono ancora stati chiariti, di certo nessun componente del governo ha pagato le conseguenze o si è preso la responsabilità. E Yoon ha più volte opposto il veto presidenziale contro le richieste di istituire una commissione d’indagine.
La buona notizia per il presidente è che l’opposizione non ha raggiunto la maggioranza dei due terzi dei seggi, necessaria per avviare la procedura di impeachment. Ma di fatto Yoon sarà un’anatra zoppa. Un aspetto che potrebbe avere qualche riflesso anche sulla politica estera, tema su cui i due principali partiti sono agli antipodi.
Da quando è presidente, Yoon ha rafforzato drasticamente l’alleanza militare con gli Stati Uniti, operato il disgelo col Giappone e adottato una linea dura sulla Corea del Nord, rispondendo “colpo su colpo” alle “provocazioni” di Pyongyang.
L’opposizione ha invece una linea più equidistante tra Usa e Cina, persegue il dialogo con Pyongyang e ritiene una “umiliazione nazionale” il riavvicinamento con Tokyo, giunto a costo di rinunciare alla richiesta di risarcimenti per gli abusi del periodo della dominazione coloniale giapponese.
Proprio a causa della batosta interna, Yoon potrebbe anche provare a proiettarsi con maggiore decisione sul fronte internazionale. Ma i problemi in casa potrebbero offuscare le sue manovre all’estero. A Washington, Tokyo, Pechino e Pyongyang hanno preso senz’altro nota.