L’antieuropeismo grillino sta condizionando il negoziato tra Roma e Bruxelles. Ma vincerà il buon senso
Una premessa è d’obbligo: non siamo più nel 2009 quando cominciò la lunga crisi economica in Grecia e non ci sarà più nessun Paese europeo sottoposto al regime della trojka per il semplice fatto che i creditori non saranno mai più tre come in quella occasione (Commissione, Bce e Fmi). Eppure al solo pronunciare il nome Mes(Meccanismo europeo di stabilità), noto anche come fondo salva-Stati, saltano sulla sedia tutti coloro che guardano con sospetto e diffidenza agli strumenti europei per uscire dalle crisi.
Oggi, però, stiamo parlando non di una crisi economica di un singolo Stato membro ma di un’epidemia che colpisce in ugual misura tutto il continente. E in Italia non sono solo i partiti sovranisti come Lega e Fratelli d’Italia a scagliarsi contro il Mes, ma anche una parte del Movimento 5 Stelle (con Di Battista e Crimi) sempre molto critica verso Bruxelles fino a condizionare le dichiarazioni e le prese di posizione degli stessi colleghi di partito che si trovano al Governo come il Ministro degli Esteri, Luigi di Maio. Con risultati sempre meno comprensibili che rendono il dibattito politico quasi surreale se si pensa ai tanti morti dell’epidemia e alla necessità di trovare presto strumenti finanziari per farvi fronte.
In una recente intervista alla Stampa, il responsabile della Farnesina ha ribaltato l’argomento chiedendosi chi siamo mai noi per impedire ad altri Paesi che vogliono utilizzare il Mes di farlo. Per poi aggiungere: “Sul Mes faccio una riflessione più ampia. Abbiamo da una parte chi tifa contro l’Italia, e io lo trovo sconcertante. Dall’altra abbiamo chi considera il Mes la salvezza nazionale. Non è vero neanche questo. Dobbiamo essere pragmatici. Questa è la partita della vita per noi. E non è ancora finita. Anzi, è appena iniziata”. Insomma, una porta mezza aperta che il titolista della Stampa ha correttamente interpretato come una presa di distanza di Di Maio dai suoi compagni di partito. Ma apertura subito stigmatizzata dal consulente stampa di Di Maio, Augusto Rubei con un lungo post dai toni risentiti corredato da foto personali non certo candidabili a un’ipotetica “Hall of Fame” della Farnesina. Ma anche lo stesso premier Giuseppe Conte soffre sempre di più dei mal di pancia grillini ed è assai prudente sul Mes oscillando da un mezzo “no” a un pilatesco “vedremo in concreto se ci saranno condizioni e comunque deciderà il Parlamento”.
Come se non bastasse, qualche giorno fa è riapparsa su un quotidiano la notizia che chi utilizzerà il Mes sarà soggetto a una sorveglianzarafforzata sui conti pubblici da parte della Commissione. In realtà come ricorda il Presidente del Movimento europeo e già principale collaboratore di Altiero Spinelli, Piervirgilio Dastoli, “la sorveglianza del two pack nel quadro del Mes non ha nulla a che fare con la richiesta di un doloroso programma di aggiustamento macroeconomico che non è previsto né è prevedibile nel quadro del two pack e della nuova linea di credito del Mes. La sottolineatura fatta dal Presidente del Mes Regling nel suo term sheet alla sorveglianza della Commissione è perlomeno maliziosa così come lo è l’idea che possa tornare in pista la vecchia trojka ormai orfana del Fmi. La sorveglianza è una attività dovuta della Commissione europea di cui uno Stato sorvegliato può o non può tener conto e che non può dar luogo a raccomandazioni adottate dal Consiglio”.
Insomma chiedendo il prestito dei 37 miliardi non ci troveremmo a dover dar conto delle nostre finanze ed essere sottoposti a procedura per deficit eccessivo ma solo a rispettare l’unico vincolo di spesa per interventi legati direttamente o indirettamente alla pandemia (assunzioni di medici, costruzioni di nuovi ospedali e terapie intensive, ricerca di vaccini, programmi di prevenzione sul territorio).
Nel frattempo il meccanismo della nuova linea di credito del Mes comincia a prendere veramente forma. Anche se l’ultima parola spetterà all’Eurogruppo dell’8 maggio, pare certo che la Commissione europea avrà un ruolo centrale per monitorare le spese che potranno essere finanziate e vigilerà sulla restituzione dei prestiti. I diversi gruppi di lavoro sul Mes stanno modificando i termini di funzionamento delle vecchie linee di credito per allinearli alle decisioni politiche di Eurogruppo e summit. Devono infatti sparire tutte le caratteristiche più controverse e contestate del vecchio Mes, come la firma del Memorandum con le istituzioni (in cui i Paesi mettevano per iscritto i propri impegni), e la sorveglianza rafforzata delle istituzioni. Il commissario all’Economia Paolo Gentiloni conferma il ruolo della sua istituzione: “La Commissione sarà chiamata a sorvegliare la coerenza delle spese che verranno effettuate e gli obiettivi di spesa sanitaria e prevenzione in campo sanitario”. Bruxelles sarà quindi l’unico supervisore dell’unica condizionalità che è rimasta agli aiuti del Mes, cioè usarli per le spese “dirette e indirette” legate al virus.
Ma si lavora anche per il Recovery Fund. La Commissione, nonostante l’impegno personale della Presidente Ursula von der Leyen, non riuscirà a presentare la sua proposta il 6 maggio ma solo il 13. C’è da stabilire innanzi tutto la percentuale tra grants e loans, ossia tra sovvenzioni a fondo perduto e prestiti. L’Italia (così come Spagna e Francia) insistono per una percentuale maggiore (fino al 60%) di sovvenzioni e il resto in prestiti mentre i Paesi del nord vorrebbero la soluzione opposta (60% prestiti e 40% sovvenzioni). C’è poi da chiarire il cosiddetto “bridge”, ossia come anticipare già al 2020 fondi iscritti al bilancio, che partirà dal gennaio 2021, e rivedere in maniera molto più ambiziosa (fino al 2% del Pil Ue) il quadro pluriennale finanziario. Gli sherpa dell’Eurogruppo hanno fatto il punto sul pacchetto di aiuti da 540 miliardi di euro che comprende Mes, Bei e Sure, studiando il modo di avere tutto pronto entro fine maggio.
Una premessa è d’obbligo: non siamo più nel 2009 quando cominciò la lunga crisi economica in Grecia e non ci sarà più nessun Paese europeo sottoposto al regime della trojka per il semplice fatto che i creditori non saranno mai più tre come in quella occasione (Commissione, Bce e Fmi). Eppure al solo pronunciare il nome Mes(Meccanismo europeo di stabilità), noto anche come fondo salva-Stati, saltano sulla sedia tutti coloro che guardano con sospetto e diffidenza agli strumenti europei per uscire dalle crisi.
Oggi, però, stiamo parlando non di una crisi economica di un singolo Stato membro ma di un’epidemia che colpisce in ugual misura tutto il continente. E in Italia non sono solo i partiti sovranisti come Lega e Fratelli d’Italia a scagliarsi contro il Mes, ma anche una parte del Movimento 5 Stelle (con Di Battista e Crimi) sempre molto critica verso Bruxelles fino a condizionare le dichiarazioni e le prese di posizione degli stessi colleghi di partito che si trovano al Governo come il Ministro degli Esteri, Luigi di Maio. Con risultati sempre meno comprensibili che rendono il dibattito politico quasi surreale se si pensa ai tanti morti dell’epidemia e alla necessità di trovare presto strumenti finanziari per farvi fronte.
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