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Brasile, norme Ue contro il disboscamento “miopi e protezioniste”


L'Ue subordina i rapporti commerciali col Brasile alla modifica delle catene di produzione ed esportazione di materie prime. Ma il Governo Bolsonaro non sembra voler cambiare rotta

La decisione della Commissione europea di porre un freno all’importazione di prodotti provenienti da zone sospette di disboscamento ha provocato durissime reazioni in Brasile. Si tratta di un chiaro rafforzamento della politica ambientale dell’Unione, in linea col Green Deal europeo lanciato da Junker nel 2019 e le prerogative presenti nella Next Generation EU, ma che tende anche a cercare di riparare un danno di cui Bruxelles deve certo occuparsi: secondo il WWF, l’Ue è responsabile del 16% della deforestazione mondiale legata al commercio internazionale. Se approvato come previsto, il nuovo regolamento imporrebbe agli importatori europei di presentare una certificazione di “disboscamento zero” all’ingresso di materie prime generalmente associate al degrado forestale nel mondo. I prodotti sono proprio quelli più sensibili per il paniere commerciale brasiliano: soia, manzo, olio di palma, legno, cacao e caffè.

In un’intervista rilasciata al Financial Times, il Ministro degli Esteri brasiliano Carlos Alberto Franco França ha definito “miopi” e “protezioniste” le misure in discussione nel seno dell’Ue. “Quello che non possiamo accettare è che si usi l’ambiente per applicare forme di protezionismo commerciale. É un male per i consumatori e per i flussi commerciali. Penso che ci sia una certa miopia da parte dell’Ue”, ha sostenuto. Il coro di proteste levatosi a Brasilia è unanime. La misura è “inaccettabile e inammissibile”, secondo il Ministro dell’Ambiente, Joaquim Leite, nominato quest’anno per sostituire Ricardo Salles, indagato per contrabbando illegale di legno proveniente dall’Amazzonia.

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