Manca poco all’annuncio e a questo punto ci si interroga su come cambieranno con il candidato democratico i rapporti con l’Italia, l’Europa e la Cina
Nel giugno del 2011 nell’isola di San Clemente a Venezia soltanto pochi osservatori invitati al simposio annuale del Consiglio per le relazioni Italia-Usa (tra questi anche il direttore di un importante giornale economico forse un po’ troppo distratto) avevano compreso fino in fondo che dietro l’understatement di “Sleepy Joe” si nascondeva l’animo del combattente e lui, Joe Biden, pur essendo allora il diligente vice di Barack Obama alla Casa Bianca, non aveva ancora esaurito tutte le sue potenzialità avendo davanti a sé ancora un bel pezzo di strada da fare.
Certo, mancano ancora i conteggi definitivi ma la speaker della Camera Nancy Pelosi non ha dubbi: “È chiaro che il ticket Biden-Harris conquisterà la Casa Bianca e ne sono personalmente molto contenta”. Per Pelosi si è trattato di “una battaglia, una questione di vita o di morte per il destino della nostra democrazia” e il risultato è “imminente”. Pelosi ha chiamato Joe Biden “Presidente eletto” e ha detto che avrà “un forte mandato” per guidare il Paese.
A questo punto ci si interroga su come cambieranno con Biden i rapporti tra le due sponde dell’Atlantico e, più in particolare, quelli tra Washington e Roma. Non c’è solo la moglie Jill di origine siciliane (primo cognome Giacoppo) a rendere più stretto il rapporto con la nuova amministrazione. C’è da attendersi quella che il direttore dell’Ispi Paolo Magri chiama la “quiete dopo la tempesta”, ossia il ritorno all’ortodossia delle relazioni politico diplomatiche senza l’incubo dei tweet delle due di mattina.
C’è chi come Ian Bremmer, Presidente del think tank Eurasia sostiene che per l’Italia non ci saranno sostanziali cambiamenti rispetto all’amministrazione Trump perché ormai il nostro Paese non è più un protagonista centrale della politica nel Mediterraneo a differenza della Francia. Ma i ricercatori della Brookings Institution sono dell’avviso che su dazi commerciali, cambiamenti climatici, rapporto con la Nato, impegno militare statunitense in Nord Africa e Medio Oriente, atteggiamento verso Cina e Russia l’amministrazione Biden si differenzierà in maniera significativa rispetto a quella di Trump.
C’è da dire che finora, grazie agli sforzi diplomatici, l’Italia ha ridotto al massimo gli effetti delle sanzioni commerciali imposte dagli Stati Uniti su molti prodotti europei e italiani. Nel 2019 l’America era il terzo Paese destinatario di esportazioni dall’Italia con 48,5 miliardi di euro, secondi solo a Germania e Francia. E questo nonostante le tariffe all’import imposte da Trump sui beni europei per la disputa tra l’americana Boeing e l’europea Airbus avessero inserito nella black list molti prodotti del food italiano (vini, formaggi, ecc…) e non solo. Una seconda amministrazione Trump avrebbe accentuato l’approccio protezionistico con riflessi negativi per l’Italia soprattutto se i dazi fossero stati estesi al settore automobilistico in risposta alla digital tax contro i giganti Usa del web come Google e Facebook.
Ci si attende quindi da Biden una politica commerciale multilaterale più pragmatica verso gli alleati e soprattutto con meno tensioni. Il piano di ripresa di Biden si concentrerà probabilmente sul sostegno al Made in Usa evitando conflitti con l’Europa sia pure senza riproporre il Transatlantic and Investment Partnership (Ttip) tentato da Barack Obama e poi naufragato.
Ma se quelle sui dazi sono al momento speculazioni, sul clima già si sa che Biden vorrà rientrare nell’accordo di Parigi. E questo è il tema su cui Biden e l’Europa potranno avere i maggiori punti di intesa. Senza contare che la nuova amministrazione offrirebbe ai Paesi che hanno aderito alla Via della Seta, come l’Italia, “fonti alternative di finanziamento allo sviluppo per minori investimenti in energia di carbonio”. Ma secondo il Brookings Institute anche nel settore della sicurezza “Stati Uniti e Italia condividono cruciali e storici legami”, anche se Biden continuerà come Trump a “ridurre la portata del coinvolgimento degli Stati Uniti in Nord Africa e in Medio Oriente, evitando impegni lunghi e costosi e interventi non necessari”. Una sfida per i Paesi del Mediterraneo, in particolare sulla stabilizzazione della Libia.
Sulla Cina potrebbe cambiare soltanto il linguaggio ma non la sostanza. Meno attacchi frontali ma sfide a Pechino coordinate anche con l’Europa su diritti umani, su Taiwan e Hong Kong, guidati da una sorta di coalizione delle grandi democrazie del mondo (una D10) che ridimensionerebbe il G20 isolando di fatto la Cina.
Ma il primo dossier (quello che forse è stato determinante per la sconfitta di Trump) riguarda l’emergenza sanitaria. Si torna ad affidare all’America le sorti del vaccino anti Covid, si ristabilisce la fiducia nel sistema sanitario nazionale e si lavora insieme alla nuova presidenza italiana del G20 alle sfide globali. L’Italia ospiterà nel 2021 anche il vertice mondiale sulla Sanità lanciato dalla Presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen. Un’America collaborativa sarà essenziale per il successo del summit. Un vertice inoltre, che dovrebbe occuparsi anche delle conseguenze economiche della pandemia per predisporre adeguate misure di sostegno per i disoccupati e le imprese.
Nel giugno del 2011 nell’isola di San Clemente a Venezia soltanto pochi osservatori invitati al simposio annuale del Consiglio per le relazioni Italia-Usa (tra questi anche il direttore di un importante giornale economico forse un po’ troppo distratto) avevano compreso fino in fondo che dietro l’understatement di “Sleepy Joe” si nascondeva l’animo del combattente e lui, Joe Biden, pur essendo allora il diligente vice di Barack Obama alla Casa Bianca, non aveva ancora esaurito tutte le sue potenzialità avendo davanti a sé ancora un bel pezzo di strada da fare.
Certo, mancano ancora i conteggi definitivi ma la speaker della Camera Nancy Pelosi non ha dubbi: “È chiaro che il ticket Biden-Harris conquisterà la Casa Bianca e ne sono personalmente molto contenta”. Per Pelosi si è trattato di “una battaglia, una questione di vita o di morte per il destino della nostra democrazia” e il risultato è “imminente”. Pelosi ha chiamato Joe Biden “Presidente eletto” e ha detto che avrà “un forte mandato” per guidare il Paese.
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