Il Primo Ministro dell’Etiopia ha ordinato l’attacco alla capitale della regione del Tigrè, Macallè. Si temono nuove ondate di profughi verso il Sudan
Il Primo Ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed ha detto che l’offensiva militare nel Tigrè, iniziata il 4 novembre, ha raggiunto la “fase finale” e ha ordinato all’esercito di attaccare la capitale della regione, Macallè. Il Governo federale aveva dato un ultimatum di 72 ore al Tplf – il Fronte di liberazione del Tigrè, il partito che controlla la regione – per arrendersi.
Narrazioni contrastanti
Se l’esercito dovesse riuscire a conquistare Macallè, città di circa 500mila abitanti che si trova su un altopiano, le sorti del conflitto tra il Tplf e il Governo Abiy finirebbero per pendere decisamente a favore di quest’ultimo. Ma si tratta di una considerazione da accogliere con cautela perché ricostruire la reale situazione sul campo di battaglia è difficile, visto il blocco delle comunicazioni in quella zona.
Il Governo centrale sta cercando di controllare la narrazione sulla guerra per renderla favorevole ai propri interessi. Abiy, ad esempio, sostiene che durante l’ultimatum migliaia di combattenti del Tigrè si siano arresi. Il Tplf ha contestato questa versione, negando tra l’altro che Macallè sia circondata e sostenendo di aver riportato delle vittorie negli scontri contro le forze federali: l’ultimatum, a detta del partito, sarebbe una copertura di Abiy per permettere all’esercito di riorganizzarsi dopo le sconfitte.
Si rischia la crisi umanitaria
Abiy ha chiesto agli abitanti di Macallè di restare in casa, ma non è chiaro quante persone siano riuscite a ricevere l’avvertimento.
Si teme, dunque, che l’offensiva governativa provochi nuovi morti tra i civili – Amnesty International aveva denunciato un massacro di centinaia di persone nel Tigrè – e nuove ondate di profughi verso il confinante Sudan: secondo le stime sarebbero già più di 40mila, di cui la metà bambini e ragazzi con meno di 18 anni.
La situazione non è chiara nemmeno per quanto concerne l’accesso della popolazione del Tigrè agli aiuti umanitari. Il Commissario europeo per la gestione delle crisi Janez Lenarcic ha detto che “il rischio di una grave crisi umanitaria è imminente”, chiedendo alle parti “un’immediata de-escalation”. Anche le Nazioni Unite e altri Paesi hanno avanzato richieste simili ma Abiy le ha rigettate, bollandole come “atti di interferenza”.
Le motivazioni etniche
Abiy dice di non avere intenzione di negoziare con i ribelli del Tplf, che considera dei criminali; il partito, al contrario, accusa il Primo Ministro di voler sottomettere il Tigrè per concentrare maggiore potere nelle sue mani.
Abiy nega inoltre che l’offensiva sia stata motivata da ragioni etniche – lui è un oromo, il gruppo più numeroso –, ma effettivamente dall’inizio del suo mandato ha portato avanti un processo di marginalizzazione del Tplf e di rimozione dei tigrini dalle cariche politiche.
Più recentemente, l’Etiopia ha disarmato centinaia di etiopi di etnia tigrina che partecipavano alla missione antiterrorismo dell’Unione africana in Somalia. Reuters, citando un’anonima fonte diplomatica, ha scritto che Addis Abeba ha richiamato in patria anche tre soldati tigrini che si trovavano in Sudan del sud come membri dei corpi di pace dell’Onu per indagarne i legami con il Tplf.
Chi ha abbastanza leverage?
Per distendere il conflitto gli inviti e i comunicati della comunità internazionale non saranno sufficienti. È necessario piuttosto l’intervento di uno o più attori che dispongano di sufficiente leverage, o influenza, per convincere Abiy e i ribelli del Tigrè a negoziare.
A essere influenti in Etiopia sono gli Emirati Arabi Uniti, che hanno investito in 92 mega progetti nel Paese ma che sostengono le forze governative contro quelle del Tigrè. Le motivazioni sono economiche ma anche strategiche: gli Emirati vogliono che la situazione in Etiopia si risolva senza destabilizzare la regione del Corno d’Africa, dove possiedono – più precisamente ad Assab, in Eritrea, sul mar Rosso – un’importante base militare.
Il Primo Ministro dell’Etiopia Abiy Ahmed ha detto che l’offensiva militare nel Tigrè, iniziata il 4 novembre, ha raggiunto la “fase finale” e ha ordinato all’esercito di attaccare la capitale della regione, Macallè. Il Governo federale aveva dato un ultimatum di 72 ore al Tplf – il Fronte di liberazione del Tigrè, il partito che controlla la regione – per arrendersi.
Narrazioni contrastanti
Se l’esercito dovesse riuscire a conquistare Macallè, città di circa 500mila abitanti che si trova su un altopiano, le sorti del conflitto tra il Tplf e il Governo Abiy finirebbero per pendere decisamente a favore di quest’ultimo. Ma si tratta di una considerazione da accogliere con cautela perché ricostruire la reale situazione sul campo di battaglia è difficile, visto il blocco delle comunicazioni in quella zona.
Questo contenuto è riservato agli abbonati
Abbonati per un anno a tutti i contenuti
del sito e all'edizione cartacea + digitale della rivista di
geopolitica