L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto Berlino a rivedere le proprie posizioni: l’impressione è quella di un avvicinamento agli Stati Uniti. E la sospensione dell’attivazione del Nord Stream 2 è solo la prima decisione del Governo Scholz
L’invasione dell’Ucraina da parte della Russia sembra aver innescato dei grossi cambiamenti alla politica estera della Germania, una nazione tradizionalmente restia alla durezza verso Mosca e incline a prestare più attenzione alla convenienza economica che alla sicurezza nazionale. Nell’attesa di vedere se questi cambiamenti si riveleranno strutturali o solamente figli del contesto immediato, l’impressione è quella di un avvicinamento agli Stati Uniti. Non è un movimento scontato: nonostante l’alleanza che le lega, infatti, l’approccio di Berlino verso Mosca (e verso Pechino) non era gradito da Washington.
Lo stop al Nord Stream 2
Il primo cambiamento significativo da registrare è la decisione del Cancelliere Olaf Scholz di sospendere l’attivazione del Nord Stream 2, il gasdotto diretto tra Russia e Germania sotto il mar Baltico. L’America è contraria all’opera, che considera un’arma geopolitica sfruttabile da Mosca per ricattare l’Europa, estremamente dipendente dal suo gas; Berlino, al contrario, ha sempre difeso l’infrastruttura, giudicandola fondamentale per la propria economia.
La scelta di Scholz – annunciata subito dopo il riconoscimento russo delle repubbliche autoproclamate di Doneck e Luhansk, nell’Ucraina orientale: il preludio all’aggressione su larga scala – non nasce dal nulla. Al contrario, fa seguito all’accordo che l’amministrazione di Joe Biden aveva stretto a luglio con la ex Cancelliera Angela Merkel in merito all’imposizione di sanzioni verso la Russia nel caso in cui avesse utilizzato il Nord Stream 2 per minacciare la sicurezza energetica europea o la stabilità dei paesi a est del continente, come l’Ucraina.
Al momento Berlino si sta affrettando a trovare fornitori alternativi di gas per ridurre i flussi da Mosca: ha stretto un accordo con il Qatar e avviato l’iter per la costruzione di un primo terminale per il gas liquefatto (che potrebbe, in futuro, accogliere le metaniere americane). “Potremmo ancora avere bisogno del gas russo quest’anno, ma non nel futuro”, ha addirittura dichiarato il Ministro dell’Economia tedesco Robert Habeck.
La spesa per la difesa e gli F-35
L’invasione russa dell’Ucraina ha inoltre spinto la Germania a prendere altre due decisioni estremamente sorprendenti, considerata la storia recente del Paese: ha autorizzato l’invio di armi tedesche in Ucraina da parte di Governi terzi (era contraria solo fino a poche settimane prima); e ha annunciato l’aumento della spesa per la difesa sopra il 2% del Pil (nel 2021 era ferma all’1,5%), raggiungendo la soglia prevista dalla Nato e richiesta dagli Stati Uniti.
Una settimana fa la Ministra della Difesa Christine Lambrecht ha comunicato l’acquisto di trentacinque caccia F-35, sviluppati dall’azienda americana Lockheed Martin, che andranno a sostituire i vecchi aerei Tornado, in servizio dagli anni Ottanta. Sono gli unici velivoli dell’aviazione tedesca in grado, ad oggi, di trasportare le testate nucleari americane conservate nel Paese.
Al di là del valore economico, l’accordo sugli F-35 potrebbe causare tensioni tra la Germania e la Francia, visti i piani di sviluppo congiunto di aerei da caccia di nuova generazione all’interno del già complicato progetto FCAS.
Un nuovo approccio alla Cina?
L’aggressività della Russia potrebbe inoltre indurre la Germania a ripensare la propria politica nei confronti della Cina. Una politica che, così come venne impostata da Merkel, è spesso descritta come pragmatica: sì agli scambi commerciali con Pechino, che rappresenta per Berlino un grande mercato; no invece agli accordi politici. Separare i due piani, politica e affari, è tuttavia estremamente difficile con la Cina, che reagisce molto duramente alle critiche al suo operato.
Anche se le aziende tedesche, a cominciare da Volkswagen, non sembrano avere voglia di rinunciare alle opportunità di business offerte dalla Repubblica popolare, alcune dichiarazioni di esponenti importanti del Governo Scholz o del suo partito sembrano preannunciare una svolta rispetto all’approccio tenuto finora.
Prima di diventare Ministra degli Esteri, Annalena Baerbock aveva promesso una “politica estera guidata dai valori”; ha definito la Cina un “regime autoritario” e condannato le pratiche di lavoro forzato degli uiguri nella regione dello Xinjiang. Più recentemente Lars Klingbeil, il capo del Partito socialdemocratico (lo stesso del Cancelliere Scholz), ha detto allo Spiegel che “non voglio che tra dieci anni ci ritroviamo con la Cina in una situazione simile” a quella con la Russia. “Dobbiamo ridurre drasticamente la nostra dipendenza dagli Stati autoritari. Lo vediamo con la Russia per quanto riguarda il nostro approvvigionamento energetico. Con la Cina, possiamo iniziare ora”.
L’invasione russa dell’Ucraina ha spinto Berlino a rivedere le proprie posizioni: l’impressione è quella di un avvicinamento agli Stati Uniti. E la sospensione dell’attivazione del Nord Stream 2 è solo la prima decisione del Governo Scholz