Un terremoto di magnitudo 7,2 ha provocato l’ennesimo disastro umanitario ad Haiti. Scattati i meccanismi della cooperazione internazionale, in quella che nel 2010 fu ribattezzata la “Repubblica delle Ong”
Sono 1.941 le vittime accertate finora dalla Protezione civile haitiana dopo il terremoto di 7.2 gradi della scala Richter che si è abbattuto nel centro-sud del Paese lo scorso 14 agosto. 9.900 i feriti, 60.000 case completamente distrutte e 76.000 edifici danneggiati è il saldo provvisorio, destinato probabilmente a salire, mentre in questi giorni si abbatte sulle coste haitiane anche l’uragano Greta.
Haiti, il Paese più povero del continente e tra i più disuguali del mondo, è dilaniato al contempo dalle catastrofi naturali e dagli effetti di una profonda crisi politica. Lo scorso 7 luglio è stato assassinato il Presidente Jovenel Moïse da un commando di 26 mercenari. Movente e dinamica del crimine sono ancora un mistero. La sera prima del terremoto, il giudice incaricato del caso, Mathieu Chanlatte, ha presentato le proprie dimissioni per ragioni di sicurezza.
La situazione attuale ricorda da vicino quella vissuta nel gennaio del 2010, quando un terremoto di magnitudo 7 gradi distrusse la capitale, Porto Principe, causando la morte di quasi 300.000 persone in meno di un minuto. Da quella tragedia il Paese non si è più sollevato, e undici anni più tardi vi sono ancora decine di migliaia di sfollati stipati nelle tendopoli ai margini della città. Come allora, Governi, Ong e cooperanti si sono già messi in moto per far arrivare aiuti. Il Presidente degli Stati Uniti ha nominato l’attuale amministratrice dell’Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale (Usaid) Samantha Power per coordinare l’invio di donazioni e squadre di soccorso. Anche i Governi di Messico, Cuba e Repubblica Dominicana hanno fatto arrivare cibo e materiale sanitario, e l’Unione europea ha già stanziato 3 milioni di euro in aiuti. “Tutto dovrà entrare dalla stessa porta”, ha però ammonito il Primo Ministro haitiano Ariel Henry, remore degli scandali seguiti all’assistenza umanitaria piombata senza alcun controllo sulla penisola undici anni fa. “Per la ricostruzione, tutto deve essere supervisionato a livello dello Stato centrale e coordinato dalle direzioni regionali”, ha avvertito.
Nel 2010 Haiti ha ricevuto quasi 3 miliardi di dollari in donazioni provenienti da Governi stranieri, e altri 9 spesi direttamente sul campo dalle più di 10.000 Ong arrivate in risposta alla tragedia. Secondo diversi rapporti internazionali però, solo lo 0,6% di quei fondi sono finiti alle istituzioni locali. L’immenso afflusso di denaro della cooperazione internazionale è servito principalmente a finanziare le attività delle stesse organizzazioni straniere stanziate subito dopo il terremoto, che hanno agito addirittura a insaputa dei poteri pubblici haitiani. I criteri per la distribuzione dei progetti non hanno tenuto conto delle esigenze della società civile, né della complessa realtà politica locale, e pochi mesi sono emersi gravi problemi.
La “repubblica delle Ong” ha delegittimato ancor più le già deboli istituzioni statali haitiane, ha portato avanti progetti senza alcun tipo di coordinamento, ha permesso ad attori senza scrupoli di siglare sodalizi internazionali con le oltre 150 gang che si contendono oggi il territorio haitiano. I dollari, piovuti in massa sul territorio con l’arrivo dei cooperanti, hanno sostituito di fatto la moneta locale, facendo schizzare l’inflazione e la svalutazione.
Anche il sistema delle Nazioni Unite ha commesso gravissimi errori ad Haiti. La Missione di stabilizzazione delle Nazioni Unite ad Haiti (Minustah) è stata smantellata nel 2017 dopo esser stata accusata di aver causato un focolaio di colera – che ha provocato circa 30.000 morti – e aver introdotto un sistema di sfruttamento e prostituzione minorile in cambio di cibo e qualche dollaro. La Missione per il sostegno alla giustizia (Minjusth) lanciata in sostituzione della Minustah, è stata ritirata nel 2019, evidentemente incapace di mantenere l’ordine pubblico durante le devastazioni portate avanti durante le proteste per lo scandalo Petrocaribe.
A undici anni dall’esperimento di cooperazione internazionale più importante e controverso degli ultimi tempi, Haiti non decolla. Il 75% della spesa pubblica dipende ancora dalle donazioni internazionali, il 22% del Pil dalle rimesse dei migranti haitiani (sempre più numerosi) nel resto del mondo, la povertà supera il 50% della popolazione e il crimine organizzato controlla ormai un terzo del territorio nazionale.
L’ennesima catastrofe umanitaria apre dunque una nuova sfida per le istituzioni haitiane e la cooperazione internazionale, e apre una nuova tappa per il futuro del Paese.
Un terremoto di magnitudo 7,2 ha provocato l’ennesimo disastro umanitario ad Haiti. Scattati i meccanismi della cooperazione internazionale, in quella che nel 2010 fu ribattezzata la “Repubblica delle Ong”