Jacinda Ardern ha accolto con favore l’impegno degli Stati Uniti nell’Indo-Pacifico, senza dimenticare che è la Cina il primo partner commerciale della regione
In un’intervista con AFP, NBC e altri media, la Prima Ministra della Nuova Zelanda, Jacinda Ardern, ha detto di accogliere con favore i segnali di una maggiore presenza degli Stati Uniti nella regione dell’Indo-Pacifico. Segnali incarnati principalmente nel patto Aukus sui sottomarini nucleari con l’Australia, che mira al contenimento marittimo della Cina e che rappresenta la manifestazione più concreta di quel pivot verso l’Asia che Washington ripeteva di voler realizzare da più di dieci anni.
“Accogliamo con favore quella presenza fisica”, ha dichiarato Ardern, “che è parte di colloqui importanti nella nostra regione. E abbiamo visto quel maggiore… impegno negli ultimi tempi” da parte americana. La Prima Ministra neozelandese pensa anche che, sotto l’amministrazione di Joe Biden, gli Stati Uniti abbiano “un ruolo incredibilmente importante” da svolgere per la difesa strategica, l’economia e gli scambi commerciali regionali.
In realtà, almeno finora, Washington si sta concentrando più sul primo punto che sui restanti due: ha rinunciato alla leadership economico-commerciale nel Pacifico quando l’ex Presidente Donald Trump, nel 2017, si ritirò dalla Tpp; ed è improbabile che Biden possa rientrare nel trattato, dato che non gode di grossi sostegni nemmeno dentro il Partito democratico. Non è dunque l’America, ma la Cina, a detenere la quota maggioritaria degli scambi in questa porzione d’Asia.
Vale anche per la Nuova Zelanda: Pechino è il suo primo socio commerciale, ma Wellington sta facendo sempre più difficoltà a conciliare la (fondamentale) relazione economica con le divergenze politiche. Nell’intervista Ardern ha ribadito che il suo Governo ha un rapporto “maturo” con quello cinese e perseguirà una politica di “integrità” nei confronti di quest’ultimo: quando necessario, criticherà Pechino per le violazioni dei diritti umani, le pratiche di lavoro e le questioni ambientali, “a prescindere dai legami commerciali”.
È un equilibrio complicato da mantenere. Ma la Nuova Zelanda non è l’unica a provarci, nell’Indo-Pacifico. Anche il Giappone ricerca una relazione stabile con la Cina, cercando di mettere insieme le tensioni politiche, le differenze sistemiche e la competizione strategica con il mantenimento del commercio. Perfino l’Australia, che ha firmato un accordo militare chiaramente anti-cinese, dice di rimanere aperta agli investimenti provenienti da Pechino.
A gennaio, peraltro, la Nuova Zelanda e la Cina hanno firmato un accordo per aggiornare il loro trattato di libero scambio: era stato raggiunto, nella sua forma iniziale, nel 2008, e fu il primo mai stipulato tra la Repubblica popolare e un Paese sviluppato. La settimana prossima Ardern guiderà un vertice online con i leader politici dell’Asia-Pacifico – ci saranno anche gli Stati Uniti e la Cina – per discutere della ripresa della regione dalla pandemia e dalla crisi economica.