Il lavoro diplomatico degli Stati Uniti agevola il raggiungimento di un agreement che porterebbe a Beirut risorse di fondamentale importanza. In arrivo il carico di grano dall’Ucraina
Due storici nemici che hanno trovato la strada del dialogo per risolvere una disputa sui confini marittimi, un approccio propositivo da entrambe le parti per scongiurare una nuova crisi. Israele e Libano trattano da anni sulla possibilità di un accordo di rilevanza strategica per entrambe le nazioni, con Beirut in una difficile condizione economica e sociale che, se questo deal dovesse arrivare, nel lungo periodo allevierebbe la sofferenza della popolazione. Per Israele la possibilità di superare alcuni ostacoli con il Paese dei cedri, nell’ambito di relazioni votate non più alla tensione con le nazioni arabe, nell’onda lunga degli Accordi di Abramo.
Il Mediterraneo orientale offre occasioni gasifere estrattive di crescente interesse, come la zona al largo di Cipro, Israele e Libano. È in quest’area che si trattano i confini marittimi tra Tel Aviv e Beirut, nella quale i due Paesi rivendicano 860 chilometri quadrati. A fare da ponte gli Stati Uniti, che con l’inviato della Casa Bianca Amos Hochstein trasmettono ai due contendenti le reciproche proposte. “Sono ottimista, stiamo facendo progressi. Spero di tornare nella regione per sottoscrivere gli ultimi particolari dell’accordo”, ha commentato Hochstein.
L’apertura al dialogo con Israele arrivò dallo stesso Presidente libanese Michel Aoun nel 2020, permettendo lo sblocco dello stallo delle trattative, andate avanti serrate negli ultimi due anni. Sul tavolo, però, tensioni che partono dal 1949, con l’area del Vicino Oriente ancora soggetta al retaggio coloniale britannico e francese. Tanto che, nella definizione dei confini, sono stati chiamati in causa anche gli accordi Paulet-Newcombe del 1923, successivi a quelli Sykes-Picot sulle sfere d’influenza.
Oggi, dopo la seconda visita di Hochstein a Beirut nell’arco di due mesi, l’inviato statunitense porta sul tavolo una controproposta israeliana. Il Ministro degli Esteri libanese ad interim Abdallah Bou Habib ha parlato di progresso “potenzialmente eccezionale. L’atmosfera è positiva, siamo tutti soddisfatti”. Difficile trovare nella recente storia del Libano simili dichiarazioni compiaciute, che fanno dunque ben sperare nella risoluzione di una diatriba che aiuterebbe direttamente l’economia del Paese, oggi disastrata da decenni di cattiva gestione. Il confronto tra Russia e Occidente ha cambiato lo scenario della domanda di risorse energetiche, spostando la richiesta verso altre aree del mondo. Recentemente, nel corso del settimo incontro ministeriale dell’East Mediterranean Gas Forum, l’Unione europea ha firmato insieme a Israele ed Egitto un Memorandum of Understanding per portare gas nel vecchio continente.
Il Libano è tra le nazioni che più negativamente ha patito il blocco delle consegne per le granaglie ucraine. L’invasione russa ha messo a repentaglio la catena di approvvigionamento alimentare dei Paesi più fragili, con Beirut che, non a caso, sarà la prima a ricevere il carico partito nei giorni scorsi da Odessa. La nave trasporta 26 mila tonnellate di mais.
Due storici nemici che hanno trovato la strada del dialogo per risolvere una disputa sui confini marittimi, un approccio propositivo da entrambe le parti per scongiurare una nuova crisi. Israele e Libano trattano da anni sulla possibilità di un accordo di rilevanza strategica per entrambe le nazioni, con Beirut in una difficile condizione economica e sociale che, se questo deal dovesse arrivare, nel lungo periodo allevierebbe la sofferenza della popolazione. Per Israele la possibilità di superare alcuni ostacoli con il Paese dei cedri, nell’ambito di relazioni votate non più alla tensione con le nazioni arabe, nell’onda lunga degli Accordi di Abramo.