Dopo un’estenuante trattativa durata due anni i due Paesi raggiungono l’intesa: per Beirut la possibilità di riscattarsi dalla crisi economica e sociale. Si apre una nuova fase nei rapporti bilaterali
Negli ultimi due anni Israele e Libano hanno lavorato incessantemente per raggiungere un accordo sul confine marittimo, con gli Stati Uniti utili broker per un risvolto positivo delle discussioni. Nella giornata di ieri è giunta la notizia dell’ok da parte di entrambe le parti per la bozza finale: un vero proprio evento storico, che permetterà di distendere in parte le tensioni tra Tel Aviv e Beirut, offrendo una chance di riscatto economico — e si spera, di conseguenza, sociale — al Paese dei Cedri.
Le due nazioni sono ancora ufficialmente in stato di guerra, dunque più che un confine quella individuata è una linea di demarcazione, che in futuro potrebbe, potenzialmente, fungere da vero e proprio limes tra Stati. Ma l’importanza della decisione poggia su molteplici fattori, dato che nel corso delle discussioni hanno svolto un ruolo anche fatti storici del periodo coloniale.
Il periodo coloniale
Infatti, all’avvio delle negoziazioni, il Generale Bassam Yassine, Presidente della delegazione libanese per le negoziazioni tecniche indirette per la definizione della demarcazione del confine sud con Israele, ricordò che la discussione doveva basarsi sulla “legge internazionale, l’Accordo di Tregua del 1949 così come documentato dalle Nazioni Unite e l’Accordo Paulet-Newcombe del 1923, in particolare con attenzione su quanto stipulato relativamente alla linea di terra che parte da Ras Al-Naqoura”.
Ovvero, un passaggio relativo al retaggio coloniale britannico e francese e, in particolare, all’accordo ideato dal Colonnello francese Paulet e dal Tenente Colonnello Newcombe relativamente ai confini dei rispettivi mandati. Il trattato menzionato da Yassine segue quello Sykes-Picot, accordo segreto che prende il nome dai diplomatici di Gran Bretagna e Francia che organizzarono la spartizione del Vicino Oriente in sfere d’influenza all’indomani della sconfitta dell’Impero Ottomano.
Un nuova fase dei rapporti
Oggi si prova a superare il passato con una nuova fase nei rapporti tra Israele e Libano, con l’avvio delle trattative avvenuto due anni fa grazie alle aperture del Presidente Michel Aoun nelle settimane successive all’esplosione al porto di Beirut. Un passo in avanti di sostanza, che sembrerebbe accontentare tutti. “Questo è un traguardo storico che rafforza la sicurezza di Israele, immette miliardi nell’economia israeliana e garantisce la stabilità al confine nord”, ha detto il Primo Ministro Yair Lapid. Il collega Eyal Hulata, Consigliere per la Sicurezza Nazionale di Tel Aviv, ha dichiarato che “tutte le nostre richieste sono state accettate: abbiamo protetto l’interesse di Israele”. Parole più volte rimarcate visto che parte della classe politica dello Stato ebraico era contrario a concedere il benché minimo spazio al Governo libanese.
Il negoziatore del Libano, Elias You Saab, ha dichiarato che l’ultima bozza “prende in considerazione le richiese libanesi e crediamo che anche l’altra parte penserà lo stesso”. Rare dichiarazioni positive su entrambi i lati per due Paesi che vivono costantemente in uno stato di tensione. Con l’accordo, si avvierà un meccanismo per l’acquisizione delle royalties generate dal reperimento del gas nelle acque davanti a Israele e Libano, in quel Mediterraneo orientale più volte dibattuto nel corso degli ultimi anni.
Le due nazioni sono ancora ufficialmente in stato di guerra, dunque più che un confine quella individuata è una linea di demarcazione, che in futuro potrebbe, potenzialmente, fungere da vero e proprio limes tra Stati. Ma l’importanza della decisione poggia su molteplici fattori, dato che nel corso delle discussioni hanno svolto un ruolo anche fatti storici del periodo coloniale.