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Operazione Libano 4


Uno Stato prossimo al fallimento, dove le tensioni interne possono riesplodere da un momento all’altro. Un’azione internazionale decisa, coerente e duratura può salvarlo, e l’Italia ha dimostrato di poter dare molto sul campo libanese

Pur non avendo con il Libano gli stretti rapporti che caratterizzano la relazione della Francia con la componente libanese di religione maronita, l’Italia è intervenuta almeno tre volte negli ultimi quaranta anni per aiutare il “Paese dei cedri”, periodicamente sconvolto da episodi di una guerra civile a sfondo confessionale che di tanto in tanto si calma solo per riprendere poi all’improvviso con rinnovato ardore.

La prima volta, agli inizi degli anni ’80 del secolo scorso, fu l’invio a Beirut dei nostri bersaglieri che permise di evitare combattimenti urbani di grande entità, e di instradare verso il nuovo esilio di Tunisi Arafat ed i combattenti dell’OLP (l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina), già pronti a battersi strada per strada onde impedire l’ingresso dei soldati israeliani nella città divenuta la loro assediata roccaforte. Quella fu l’Operazione Libano 1, cui seguì a breve distanza di tempo la Libano 2, affidata ad una forza multinazionale composta da americani, francesi ed italiani − e caratterizzata anche da una simbolica presenza inglese − che negli intenti avrebbe dovuto far durare una sofferta tregua per un lasso di tempo che consentisse alle parti in contrasto di elaborare un accordo più solido.

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