Libia: cambio della guardia tra militari e imprese ma resta l’incognita dei pozzi petroliferi chiusi
Sempre meno militari e sempre più imprenditori. Sembra questo lo scenario che si sta preparando per la Libia dopo il fallimento dell’azione militare del generale Haftar per la conquista della Tripolitania.
Un ruolo di primo piano intende giocarlo la Turchia a fianco, dalle prime fasi della guerra civile, del Governo di alleanza nazionale di Fayez al-Serraj ma c‘è molta voglia d’Italia a Tripoli per continuare la collaborazione economica con un partner storico come il nostro Paese. Un cambio della guardia che non sarà immediato e che vede ancora a Tripoli rappresentanti militari. Venerdì 3 luglio, il Ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, si è recato a Tripoli per una visita a sorpresa insieme al capo di Stato maggiore dell’esercito, Yasar Guler, per incontrare i vertici militari libici. La missione, riferisce Ankara, si compie nel quadro dell’impegno militare turco a sostegno del Governo riconosciuto dall’Onu di Fayez al-Serraj contro le forze del generale Khalifa Haftar.
Alcuni giorni fa, sempre a sorpresa, erano volati a Tripoli i Ministri degli Esteri e del Tesoro di Ankara oltre al capo degli 007. Ma il Paese che dispone ufficialmente – ad oggi – del maggior numero di personale militare in Libia è proprio l’Italia, con 400 tra medici militari e logistici dell’ospedale da campo di Misurata, oltre ai marinai della Nave officina che si trova nel porto di Tripoli. A questi si stanno aggiungendo in queste ore gli artificieri del Genio impegnati a bonificare l’area intorno a Tripoli dalle mine delle truppe di Haftar. Per pianificare la bonifica si è recato a Tripoli il comandante del Coi (Comando operativo interforze), il generale Luciano Portolano che ha concordato un programma di azione con ii vertici della Difesa del Paese nordafricano. Portolano ha sottolineato, in particolare, l’importanza per la Difesa italiana di continuare a sostenere la Libia con interventi a supporto della popolazione e delle istituzioni locali, e ha quindi confermato il supporto tecnico della Difesa italiana per coadiuvare le operazioni libiche di bonifica e rimozione degli ordigni esplosivi mediante “situation awareness of mine“, di trappole esplosive e residui bellici unitamente a sessioni di addestramento specifico a favore degli artificieri locali.
Ma la presenza dei militari sta cedendo sempre più il posto ai rappresentanti delle imprese. Se la Turchia è pronta a far partire un grande piano di ricostruzione di Tripoli e a proseguire le ricerche energetiche e le trivellazioni nel Mediterraneo centrale e orientale, l’Italia non è da meno. Il consorzio Aeneas riprenderà a breve i lavori per la costruzione dei due terminal (nazionale e internazionale) dell’aeroporto di Tripoli. Un’opera da 79 milioni di euro che dovrebbe essere consegnata entro febbraio prossimo. Molta attesa anche per la ripresa dei lavori da parte di Salini Impregilo della tratta dell’autostrada costiera prevista dall’accordo di amicizia e cooperazione Berlusconi-Gheddafi.
Ma mentre la gara per la tratta a est è già stata assegnata, per Tripoli occorrerà prima attendere l’esito di una nuova gara. Molte aziende, prima di tornare a investire nel Paese, vogliono avere maggiori garanzie sui pagamenti. Serraj e Conte hanno concordato la creazione di una commissione economica che dovrà definire i crediti (circa 300 milioni di euro) vantati a aziende italiane prima del 2011. Ma il problema potrà dirsi veramente risolto solo con la riapertura dei pozzi decisa da Haftar e che rischia di portare al collasso l’economia di tutto il Paese. La Noc, unica azienda petrolifera di tutto il Paese, ha un piano per la riapertura sostenuto dagli Stati Uniti e dai Paesi europei, ma le maggiori resistenze arrivano – oltre che da Bengasi – dalla Banca centrale libica.
In un viaggio lampo di pochi giorni fa a Parigi, il Ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha chiesto al suo collega francese Yves Le Drian di fare pressioni su Haftar per riaprire i pozzi petroliferi la cui chiusura comporta un danno economico valutabile in almeno 2 miliardi di dollari al mese per la produzione, passata da 1,2 milioni di barili al giorno a 80mila. Di Maio ha compreso le preoccupazioni francesi su Ankara anche dopo alcune schermaglie tra unità navali di Parigi e Ankara che hanno portato la Marina francese a ritirare le proprie unità impegnate nella missione Nato Coast Guardian. “Capisco le loro preoccupazioni, c’è anche la questione del Mediterraneo orientale che preoccupa pure noi e non sono dossier da sottovalutare” – ha detto il responsabile della Farnesina – “ma ho sempre pensato che solo dialogando si possano sciogliere i nodi più difficili.”
Sempre meno militari e sempre più imprenditori. Sembra questo lo scenario che si sta preparando per la Libia dopo il fallimento dell’azione militare del generale Haftar per la conquista della Tripolitania.
Un ruolo di primo piano intende giocarlo la Turchia a fianco, dalle prime fasi della guerra civile, del Governo di alleanza nazionale di Fayez al-Serraj ma c‘è molta voglia d’Italia a Tripoli per continuare la collaborazione economica con un partner storico come il nostro Paese. Un cambio della guardia che non sarà immediato e che vede ancora a Tripoli rappresentanti militari. Venerdì 3 luglio, il Ministro della Difesa turco, Hulusi Akar, si è recato a Tripoli per una visita a sorpresa insieme al capo di Stato maggiore dell’esercito, Yasar Guler, per incontrare i vertici militari libici. La missione, riferisce Ankara, si compie nel quadro dell’impegno militare turco a sostegno del Governo riconosciuto dall’Onu di Fayez al-Serraj contro le forze del generale Khalifa Haftar.
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