Stato nello stato, Hezbollah gestisce in Libano una vasta rete di servizi sociali che includono infrastrutture, strutture sanitarie, scuole e programmi per i giovani, tutti elementi determinanti nel raccogliere il sostegno di sciiti e non.
Hezbollah, il gruppo sciita filo iraniano, è da anni diventato uno “stato nello stato” in Libano. Nelle città e nelle aree che controlla, tra cui parti di Beirut (in particolare la parte sud, il quartiere di Dahiyeh dove ha il suo centro di comando), del Libano meridionale e della regione orientale della valle della Bekaa, opera essenzialmente come un governo, né le autorità militari né quelle federali possono contrastarlo. Gestisce una vasta rete di servizi sociali che includono infrastrutture, strutture sanitarie, scuole e programmi per i giovani, tutti elementi determinanti nel raccogliere il sostegno di sciiti e non.
Nonostante ciò, il sondaggio di Arab Barometer del 2024 ha rilevato che “nonostante la significativa influenza di Hezbollah in Libano, relativamente pochi libanesi lo sostengono”.
Dopo aver acquistato estrema popolarità come milizia sciita con la guerra civile libanese scoppiata nel 1975, Hezbollah si è affermato come baluardo dell’integrità libanese, soprattutto in occasione delle invasioni israeliane del 1978 e del 1982, dopo aver combattuto internamente contro sunniti, principalmente palestinesi, e cristiani.
Di fatto, da allora, il suo esercito, che oggi conta almeno 25 mila attivi e poco meno riservisti, con un arsenale da far invidia a diversi paesi, ha sostituto quello regolare libanese. In molti casi, Hezbollah si è sostituito anche allo stato libanese che, da anni, si trova senza un presidente.
Da milizia foraggiata dall’Iran, è diventato esercito e partito politico, il “partito di Dio”. Dal 1992 è una presenza fissa nella vita politica libanese. Allora furono otto suoi membri a essere eletti in parlamento; nell’ultima elezione del 2022 furono 13 i suoi parlamentari su 128 membri, anche se insieme ai suoi alleati in questa occasione ha perso la maggioranza. Suoi membri sono nel governo dal 2005.
Nell’ottobre 2019, Hezbollah è diventato bersaglio di proteste di massa. La cattiva gestione del governo e anni di crescita lenta hanno portato il paese ad avere uno dei più alti debiti pubblici del mondo, pari al 150% del suo PIL. Centinaia di migliaia di cittadini libanesi delusi dalla crisi economica hanno chiesto al governo, incluso Hezbollah, di cedere il potere a una nuova leadership tecnocratica. La formazione di un governo sostenuto da Hezbollah sotto il primo ministro Hassan Diab nel gennaio 2020 non è riuscita a placare i manifestanti anti-establishment. Disoccupazione, povertà e debito sono aumentati vertiginosamente sotto il nuovo governo e le dimostrazioni sono continuate per mesi nonostante il Covid. Il movimento di protesta ha attraversato contesti religiosi e persino i compagni sciiti hanno apertamente criticato Hezbollah.
Secondo un sondaggio del The Washington Institute for Near Est Policy, il 66% dei sunniti libanesi e il 74% dei cristiani, ritenevano più importante risolvere le questioni interne che quelle estere, chiedendo di stare fuori dalla guerra. Anche il 27% degli sciiti era d’accordo, con il 39% di questi, in totale disaccordo, chiedendo invece di fare la guerra a Israele. Sulla popolarità, mentre il 34% dei sunniti e il 29% dei cristiani esprimono anche solo una visione positiva di Hezbollah, lo fa il 93% degli sciiti, con l’89% che ne ha una “molto positiva”.
Con la morte del suo leader Hassan Nasrallah, in un raid israeliano a sud di Beirut, certamente al gruppo è stato inferto un duro colpo. Ma Hezbollah è programmata per continuare senza il suo leader storico, anche perché eterodiretta dall’Iran. Per capire che succede bisogna più guardare a Teheran che a Beirut. Le manifestazioni di giubilo viste in diversi paesi, anche in Iran, per la morte di Nasrallah, sono sintomatiche di una insoddisfazione diffusa, ma non significativa. Se non che si è avvertita ancor di più la frattura tra blocco sunnita e sciita, con l’eccezione della Cisgiordania, dove la morte di Nasrallah è stato uno shock negativo, perché si sperava molto nella sua capacità militare e di deterrenza nei confronti di Israele.
Inoltre, come nel caso di Hamas, il problema non è legato ai leader, ma all’idea stessa di fondo di questi gruppi.
Bisogna capire come i libanesi sciiti reagiranno. Se la comunità internazionale sarà in grado di aiutare il Libano a rifondarsi come stato senza la minaccia delle armi di Hezbollah, che hanno permesso al gruppo di “regnare” in zone precise, dettando leggi e gestendo la vita dei libanesi, allora il paese dei cedri potrà godere di un futuro di stabilità. Altrimenti, sarà sempre una zona di guerra.
Hezbollah, il gruppo sciita filo iraniano, è da anni diventato uno “stato nello stato” in Libano. Nelle città e nelle aree che controlla, tra cui parti di Beirut (in particolare la parte sud, il quartiere di Dahiyeh dove ha il suo centro di comando), del Libano meridionale e della regione orientale della valle della Bekaa, opera essenzialmente come un governo, né le autorità militari né quelle federali possono contrastarlo. Gestisce una vasta rete di servizi sociali che includono infrastrutture, strutture sanitarie, scuole e programmi per i giovani, tutti elementi determinanti nel raccogliere il sostegno di sciiti e non.
Nonostante ciò, il sondaggio di Arab Barometer del 2024 ha rilevato che “nonostante la significativa influenza di Hezbollah in Libano, relativamente pochi libanesi lo sostengono”.