L’Iraq ancora al centro della diplomazia come mediatore. Protagonisti, Arabia Saudita e Iran, che intanto dà il via al nuovo Governo Raisi: nominato Ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian
L’Iraq si propone sempre più come intermediario nel dialogo tra Iran e Arabia Saudita e prosegue sulla strada della mediazione per risolvere le delicate questioni che coinvolgono l’intera area mediorientale. Il meeting di Baghdad di domenica prossima potrebbe sancire un ulteriore passo in avanti nelle relazioni tra gli Stati dell’area, compresi quelli del Golfo con, al centro, protagonisti indiscussi Teheran e Riad.
Lo stato dell’arte: dagli Usa all’Arabia Saudita
Già lo scorso aprile i delegati della nazione sciita e sunnita si incontrarono nella capitale irachena, in qualche modo formalizzando il riallaccio delle relazioni interrotte nel 2016. Negli ultimi mesi sono stati registrati alti e bassi a livello di dichiarazioni dei principali esponenti dei Governi, in un quadro che ha visto il cambio alla Casa Bianca e un necessario riposizionamento dei sauditi rispetto a numerose questioni, dallo Yemen allo stesso Iran.
La presidenza Biden ha posto l’accento sulla gestione dei diritti umani, mettendo in difficoltà, in primis, l’Arabia Saudita. La guerra in Yemen, ad esempio, è una spina nel fianco per Riad, che lì si contrappone proprio all’Iran. Le accuse sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi rivolte al Principe Mohammed Bin Salman hanno messo pressione sulla casa reale, tanto da rischiare di non poter accedere all’acquisto dell’arsenale bellico Made in Usa.
Inoltre, è accresciuta la rivalità tra i sauditi e gli Emirati Arabi Uniti, con Abu Dhabi che in tempi recenti ha conquistato l’attenzione dei media e degli analisti. E da vice Presidente di Barack Obama, Joe Biden ha appoggiato l’accordo sul nucleare, osteggiato dai sauditi che, nel corso dell’amministrazione Trump, hanno avuto carta bianca nella gestione dei rapporti regionali. Ora non più.
L’incontro di Baghdad
Il meeting di domenica prossima potrebbe riservare sorprese, sia in positivo che in negativo. La migliore delle ipotesi vedrebbe i Ministri degli Esteri di Teheran e Riad allo stesso tavolo, ma si attendono ufficialità rispetto alla loro partecipazione. L’Iran ha recentemente eletto Ebrahim Raisi, Presidente dell’area conservatrice, il quale ha nominato — poi confermato nella giornata di ieri dal Majlis, il Parlamento — l’hardliner Hossein Amirabdollahian. Diplomatico dal 1992, il successore di Javad Zarif avrà il compito di rappresentare la Repubblica Islamica all’estero, cercando di superare la difficile crisi del JCPoA.
“Da sempre apprezziamo il miglioramento dei legami con le nazioni della regione come l’Arabia Saudita, questa è una delle priorità della politica estera del Presidente Raisi. Ma è difficile che ciò avverrà già dal prossimo incontro in Iraq”, ha spiegato un funzionario iraniano a Reuters in forma anonima. Si intravedono aperture in tal senso da entrambe le parti, nonostante Riad sia in evidente posizione di vantaggio, viste le complicate condizione economiche di Teheran e le tensioni nei rapporti tra la Repubblica Islamica e la comunità internazionale.
La prospettiva di un ampio e inclusivo dialogo tra gli Stati del Golfo e l’Iran, nota l’International Crisis Group, fino a poco tempo fa risultava essere remota. Ultimamente il clima a livello diplomatico sembra migliorato, sebbene le parti abbiano compiuto pochi passi in avanti concreti. Ma è il progressivo e repentino abbandono degli Stati Uniti a dover far suonare il campanello d’allarme ai Paesi dell’area: il dialogo regionale è di fondamentale importanza per la soluzione alle problematiche inter-statali, con l’Iraq broker inatteso ma direttamente interessato alla pace in Medio Oriente.
L’Iraq ancora al centro della diplomazia come mediatore. Protagonisti, Arabia Saudita e Iran, che intanto dà il via al nuovo Governo Raisi: nominato Ministro degli Esteri Hossein Amirabdollahian