Tutti gli escamotage di Conte per non perdere il sostegno dei 5 Stelle, che chiedono chiarimenti sul Mes, fuori tempo massimo
Nell’ultimo viaggio in Ghana, tra bagni di folla in mezzo ai bambini di Accra o di fianco a Emma Marcegaglia e Claudio Descalzi per presentare il progetto agro-business “Okuafo-Pa”, Giuseppe Conte è rimasto sempre collegato in filo diretto con Roma per conoscere tutte le ultime “sparate” di Matteo Salvini sul Mes o fondo salva-Stati. Ma a preoccupare soprattutto Conte non sono le minacce del leader leghista quanto le perplessità dei grillini che, sulla spinta della base, potrebbero richiedere maggiori chiarimenti sulla riforma del Mes.
Del resto lo ha spiegato bene Luigi Di Maio giovedì scorso: “Il tema” – ha detto il capo politico dei 5 Stelle – “non è il Mes in sé, ma se sia un salva-Stati o uno stritola-Stati. Abbiamo avuto una riunione del gruppo parlamentare del Movimento 5 Stelle e siamo tutti d’accordo sul fatto che questo accordo deve essere migliorato.”
Da lunedì prossimo Conte risponderà in Parlamento alle domande dei membri della commissione Esteri e Politiche comunitarie su tutti i risvolti della trattativa del giugno scorso che ha portato all’accordo per la riforma del Trattato sul fondo salva-Stati. Vi sarebbero alcuni deputati dei 5 Stelle che vorrebbero proporre perfino un monitoraggio costante di tutte le fasi dei negoziati europei mettendo quasi sotto tutela l’azione del Governo, proposta che lascia perplessa perfino la Presidente grillina della Commissione Esteri, Marta Grande.
Conte sta scandagliando tutte le sue capacità di abile avvocato per trovare una formula che possa soddisfare (almeno per il momento) i “mal di pancia” pentastellati. Un’idea che si va facendo strada è quella di annunciare che verrà proposto alla Ue uno slittamento dei tempi per l’entrata in vigore del Mes. Ma una proposta simile non sarebbe neppure ricevibile. Del Mes nessuno parla più a Bruxelles e sarà all’ordine del giorno solo la prossima settimana, quando i Ministri dell’Economia si riuniranno per approvarlo il 4 e 5 dicembre. Il testo è infatti chiuso e le uniche modifiche sono puramente tecniche. E, per di più, nelle ultime riunioni degli sherpa che preparano l’Eurogruppo e l’Ecofin, l’Italia non ha sollevato alcuna riserva.
La riforma del Mes prosegue, quindi, secondo il programma stabilito: mercoledì e giovedì i Ministri economici dei 28 sono chiamati a dare il loro voto per passare poi il dossier ai Capi di Stato e di Governo nel Consiglio Ue del 12 e 13 dicembre. Difficile immaginare che qualche altro Paese possa sostenere le riserve dell’Italia su un pacchetto negoziato nell’ultimo anno e mezzo e che non ha sollevato finora grandi obiezioni. Si prevedono, infatti, diverse iniziative per approfondire l’Unione economica e monetaria con strumenti di convergenza per aiutare i Paesi a fare le riforme e gli investimenti in momenti di crisi.
La seconda misura è la riforma del Mes, che dà più poteri al fondo salva-Stati, tra cui quello di fare da paracadute (backstop) per il fondo salva-banche. Un aspetto della riforma fortemente voluto dall’Italia, che ha sempre spinto per aggiungere all’Unione bancaria i suoi elementi mancanti. Ma il pacchetto avrà bisogno dell’unanimità per passare in Consiglio. Poi sarà la volta dei Parlamenti nazionali che dovranno ratificare l’accordo nel 2020. Conte punta dunque a qualche escamotage soft per prendere tempo combattuto come è tra la necessità di soddisfare le richieste dei 5 Stelle e l’esigenza di non far precipitare di nuovo in basso i rapporti con Bruxelles dopo la ritrovata armonia seguita all’uscita di Salvini dal Governo.
@pelosigerardo
Mes, cos’è e come funziona
Il Meccanismo europeo di stabilità (Mes), in inglese European Stability Mechanism (ESM), anche chiamato Fondo salva-Stati è un’istituzione intergovernativa dell’Eurozona (sul modello del Fondo monetario internazionale) nata nel luglio 2012 che ha il compito di aiutare i Paesi che si trovano in difficoltà finanziaria. Questo perché, condividendo la stessa moneta, la crisi economico-finanziaria di un Paese può avere ripercussioni anche sugli altri. Come stabilito, il Mes deve essere approvato da tutti i Capi di Stato e di Governo nel Consiglio Ue per poi essere sottoposto all’approvazione dei Parlamenti nazionali, che dovranno ratificarlo nel 2020. I Paesi che dispongono del sostegno finanziario del Mes, dovranno garantire la sostenibilità del proprio debito pubblico e saranno sottoposti a check semestrali. Il Mes ha una dotazione di 80 miliardi di euro, pagati in maniera proporzionale all’importanza economica dei Paesi dell’eurozona: la Germania contribuisce per il 27,1%, seguita da Francia (20,3%) e Italia (17,9%). La polemica contro la riforma del Mes ha avuto inizio con Matteo Salvini ed è stata poi ripresa da Giorgia Meloni e Luigi Di Maio. In sostanza, il Mes viene accusato di essere un meccanismo burocratico che limiterà la libertà dei singoli Paesi. Accusa non verosimile, peraltro, dal momento che i limiti alla governance intervengono solo in caso di uso dei fondi messi a disposizione, il che presuppone una situazione di pre-fallimento nel quale uno Stato si è trovato. In altre parole, “se ti aiuto e ti salvo, poi controllo per un po’ che tu non ripeta gli stessi errori”. Non faremmo anche noi lo stesso con il cognato al quale prestiamo dei soldi?
Tutti gli escamotage di Conte per non perdere il sostegno dei 5 Stelle, che chiedono chiarimenti sul Mes, fuori tempo massimo