Secondo un rapporto del Dipartimento della Difesa, agli Stati Uniti mancano lo spazio e le capacità per testare la gittata dei propri missili ipersonici e per individuare in tempo le minacce esterne
Sullo sviluppo dei missili ipersonici – armi di nuova generazione, in grado di superare di cinque volte la velocità del suono ed essere nel contempo manovrabili – gli Stati Uniti sembrerebbero non essere messi troppo bene. Molti funzionari, anche di alto livello alto come il capo dello Stato maggiore congiunto Mark Milley, pensano che il Paese non stia facendo abbastanza. Non significa necessariamente che l’America sia rimasta indietro rispetto alla Russia (che si considera più avanti di tutti) o alla Cina, né che la retorica allarmista sia sincera: potrebbe servire a convogliare attenzione sul tema, e soldi. Senza contare, infine, che “ipersonico” può significare tante cose diverse che non è possibile mettere a confronto, e pare che gli americani vogliano ottenere armi particolarmente evolute ed efficaci.
Che però Washington stia avendo problemi è confermato da un rapporto del Dipartimento della Difesa non destinato al pubblico. Bloomberg l’ha ottenuto e ha riportato le valutazioni del Pentagono: agli Stati Uniti mancano lo spazio e le capacità per testare la gittata dei propri missili ipersonici e per individuare in tempo le minacce provenienti dall’esterno.
Le richieste del Pentagono
Nel documento si legge che gli spazi aerei dedicati ai collaudi missilistici, banditi al traffico passeggeri e merci, verranno presto sommersi dalle domande di test, che entro il 2025 aumenteranno di oltre il 50%. Per questo, il Ministero della Difesa chiede l’espansione dei siti di Barking Sands (Hawaii), White Sands (New Mexico), Shemya e Bethel (Alaska) e Wallops (Virginia), tra gli altri.
Gli Stati Uniti dovranno inoltre potenziare le simulazioni di attacchi da Governi ostili perché, ad oggi, non sono in grado di dimostrare di essere capaci di individuare con anticipo i missili ipersonici in arrivo, di tracciarne il movimento e di intercettarli. Al di là dell’aggiornamento tecnologico, è necessaria anche una revisione “geografica” della difesa antimissile: attualmente i sistemi sono rivolti verso ovest e verso nord dell’oceano Pacifico, lasciando scoperta l’America in caso di attacchi provenienti da sud. Attacchi che, dato il nuovo contesto ipersonico, diventano teoricamente possibili.
Incontri con le aziende
A metà novembre il Pentagono aveva annunciato di aver selezionato tre aziende – Northrop Grumman, Lockheed Martin e Raytheon – che si occuperanno di fare ricerca e di sviluppare dei sistemi d’arma in grado di difendere la nazione da un attacco ipersonico. Più nello specifico, un intercettore planante (glide) guidato da una costellazione di satelliti artificiali e dei sensori per l’arresto di missili ipersonici nell’atmosfera terrestre in procinto di raggiungere i bersagli.
La settimana scorsa il segretario alla Difesa, Lloyd Austin, si è incontrato con i rappresentanti di quattordici contrattisti per discutere dei progressi nelle tecnologie ipersoniche.
Oltre agli Stati Uniti, alla Cina e alla Russia, tra le nazioni che stanno sviluppando armi ipersoniche ci sono l’India, il Giappone, l’Australia (partner americani nel Quad), la Francia e – così sostiene – la Corea del Nord.
Il bilancio per la difesa
A detta del Dipartimento della Difesa, il budget federale per l’anno fiscale 2023, di prossima pubblicazione, conterrà “un aumento significativo della nostra infrastruttura di testing”. Il Pentagono ha richiesto di spendere 3,8 miliardi nella corsa ipersonica, che è prevista arrivare a 12,6 miliardi al 2025.