Firmati accordi su voli Open Skies e sull’estrazione di minerali critici. La Mongolia possiede ampi depositi di rame e terre rare, importanti nella competizione tecnologica tra Washington e Pechino.
Non solo Giappone, Corea del Sud e Filippine. Gli Stati Uniti allargano lo spettro della loro azione diplomatica in Asia orientale, con uno sguardo anche a quei paesi che a prima vista sembrerebbero ormai inseriti negli ingranaggi della Cina. Tra questi anche la Mongolia, snodo chiave incastonato tra Repubblica Popolare e Russia.
Da qui passerà in futuro il Power of Siberia 2, il nuovo gasdotto frutto di un accordo tra Pechino e Mosca che aumenterà in maniera rilevante le forniture energetiche russe alla Cina. Proprio un anno fa, il premier Luvsannamsrain Oyun-Erdene ha annunciato l’inizio dei lavori per la sua costruzione in territorio mongolo. Oggi, lo stesso premier è reduce da una visita negli Stati Uniti, la prima per un pari grado dal 2018. Un passo rilevante e che mostra l’interesse di Ulan Bator a diversificare le proprie relazioni diplomatiche. Il sottotesto è significativo anche per Cina e Russia, “avvisate” indirettamente che la Mongolia ha intenzione di preservare i suoi rapporti commerciali e politici con l’Occidente.
“Gli Stati Uniti non sono solo il nostro vicino commerciale, ma anche la stella polare dell’economia di mercato e dei valori democratici della Mongolia”, ha dichiarato Oyun-Erdene in un’intervista rilasciata all’ambasciata mongola a Washington. Parole che sembrano andare al di là della circostanza e convenienza commerciale. Alla domanda sui rapporti con i vicini della Mongolia il premier ha risposto: “Abbiamo le nostre tensioni geopolitiche… ma sono fiducioso che i nostri due vicini continueranno a rispettare le nostre scelte e le partnership che stiamo sviluppando”.
Queste scelte includono la firma dell’accordo Open Skies e un altro sulle terre rare, annunciati a margine dell’incontro con la vicepresidente statunitense Kamala Harris. Washington ha stipulato accordi di aviazione civile Open Skies con oltre 130 paesi. Si tratta di una piattaforma che consente alle compagnie aeree di entrambi il diritto di operare nei rispettivi Paesi, imponendo standard di sicurezza e protezione.
La compagnia di bandiera della Mongolia, MIAT Mongolian Airlines, vola in Europa e in Asia, ma non negli Stati Uniti. L’accordo Open Skies cambierà la situazione e offrirà anche opzioni più facili per i voli cargo. Il nuovo accordo si affianca a nuove iniziative di scambio culturale e di formazione in lingua inglese in Mongolia, dopo la recente legislazione che ha reso l’inglese la prima lingua straniera nell’istruzione secondaria del paese asiatico.
Più strategico sul fronte tecnologico e politico il dialogo sulle risorse minerali. La Mongolia possiede ampi depositi di minerali, di terre rare e di rame, materiali critici a cui anela l’amministrazione Biden per elettrificare il mercato automobilistico nazionale. La Casa Bianca vede la Mongolia come un candidato per il Partenariato per la sicurezza dei minerali, un’iniziativa con 14 paesi per lo più occidentali per promuovere investimenti sostenibili nell’estrazione, nella lavorazione e nel riciclaggio di minerali critici.
Secondo il Dipartimento di Stato americano, i funzionari dei due paesi hanno discusso “modi creativi” per garantire che Ulan Bator possa ovviare al mancato sbocco sul mare e immettere minerali critici sul mercato mondiale. Oyun-Erdene ha dichiarato che la Mongolia intende approfondire la cooperazione con gli Stati Uniti per l’estrazione di terre rare e altri minerali con applicazioni high-tech. Un tema particolarmente delicato, vista l’importanza delle terre rare nella competizione tecnologica Washington e Pechino.
Il premier mongolo ha incontrato anche giganti del settore privato. Tra questi, spiccano i colloqui con l’amministratore delegato di Tesla Elon Musk su possibili investimenti e collaborazioni nel settore dei veicoli elettrici. La SpaceX di Musk è stata anche autorizzata a operare come fornitore di servizi Internet in Mongolia.
Il principale interesse di Ulan Bator è quello di ridurre la dipendenza dai suoi vicini. Nello specifico, la Cina acquista più del 90% delle esportazioni della Mongolia e Ulan Bator si affida al porto di Tianjin per spedire gran parte di ciò che vende al resto del mondo. La Mongolia spera che la tecnologia possa ridurre questa dipendenza. “In futuro, le merci potrebbero essere trasportate da droni”, ha dichiarato Oyun-Erdene dopo l’incontro con Harris.
Ambizione legittima, ma che non cela certo l’obiettivo di scaricare o prendere le distanze da Pechino o Mosca. La Mongolia sa che i suoi “eterni vicini” sono destinati a restare. L’importante è provare a non restarne schiacciati.