Il golpe della settimana scorsa, oltre a destare la preoccupazione dell’Occidente, Francia in primis, ha avuto ripercussioni negli stati vicini e in tutto il continente africano. Sostegno da parte del Mali e del Burkina Faso. Mentre la Nigeria è pronta ad intervenire in difesa della democrazia
Tra mercoledì 26 e giovedì 27 luglio, in Niger ha avuto luogo un colpo di stato militare. La Guardia Presidenziale, una potente unità di élite dell’esercito nigerino, ha infatti deposto il capo di stato Mohamed Bazoum, eletto in maniera democratica nel 2021. Il golpe è stato giustificato dall’esercito come un intervento contro la crisi economica, l’insicurezza e la corruzione crescenti nel Paese. Ed ha visto Abdourahmane Tchiani, generale e capo della Guardia presidenziale, prendere la guida del Paese.
Ad appena una settimana di distanza, la vicenda nigerina ha assunto una dimensione internazionale. Il colpo di stato ha infatti causato una profonda preoccupazione tra i Paesi occidentali, in particolar modo la Francia. Il Niger è stato a lungo visto come un bastione di stabilità all’interno di un’area sempre più turbolenta, quella del Sahel. Soprattutto in seguito all’ultimo colpo di stato in Mali e al deterioramento dei rapporti tra Bamako e Parigi, questo è stato giudicato l’unico partner affidabile della regione, con cui costruire una nuova strategia anti-jihadista dopo il fallimento dell’operazione Barkhane. Infine, il Paese africano è particolarmente ricco di uranio: un suo allontanamento dalla sfera occidentale potrebbe avere un impatto importante sulla disponibilità di questa materia prima, essenziale per il funzionamento delle centrali nucleari.
Gli eventi politici nigerini non hanno però avuto un impatto soltanto in Europa, ma anche all’interno dello stesso continente africano e soprattutto, com’è logico, sugli stati vicini. Quello avvenuto a fine luglio rappresenta infatti l’ennesimo colpo di stato avvenuto negli ultimi tre anni nel Sahel: prima del Niger era toccato al Mali, nel 2020 e nel 2021, alla Guinea nel 2021 e al Burkina Faso nel 2022, mentre non è ancora chiaro se in queste ore ci sia stato un tentativo di golpe – sventato – in Sierra Leone. In ogni caso, la tendenza non può che essere preoccupante per gli stati dell’Africa occidentale in cui, dopo decenni di calma, gli interventi militari sembrano essere ritornati la norma.
In questo contesto si inserisce la dura reazione dell’ECOWAS, la comunità economica dell’Africa occidentale, che ha subito condannato quanto successo in Niger. L’organizzazione regionale ha dato ai militari sette giorni di tempo per ritornare sui propri passi e ripristinare l’ordine costituzionale nel Paese, minacciando altrimenti di intervenire anche con l’uso della forza. Nel frattempo, ha anche adottato alcune sanzioni economiche contro il Niger, ad esempio bloccando le esportazioni di elettricità da parte della Nigeria.
Le forze armate nigerine hanno però trovato l’immediato sostegno di Mali e Burkina Faso. Questi, a loro volta guidati dall’esercito, hanno sottolineato in una nota congiunta come un intervento militare dell’ECOWAS in Niger verrebbe considerato una dichiarazione di guerra anche nei loro confronti, invitando quindi l’organizzazione a tornare sui propri passi e quanto meno ad abbandonare la linea dura. Inoltre, i governi dei due stati del Sahel hanno fatto sapere che un’azione dell’ECOWAS sarebbe seguita da una loro uscita dalla comunità che riunisce gli stati dell’Africa occidentale: al momento, in realtà, Mali e Burkina Faso sono già sospesi dall’organizzazione, proprio a causa dei golpe militari avvenuti al loro interno. In seguito, anche la Guinea ha dichiarato di appoggiare la posizione del Niger e della Guardia Presidenziale.
Tra gli attori che si sono esposti per condannare il colpo di stato e per chiedere un’azione di forza, particolarmente ferma è stata la Nigeria. “Non è più tempo di inviare segnali d’allarme. È il tempo dell’azione” ha affermato Bola Tinubu, che da qualche mese è Presidente del Paese. Intervistato sulla possibilità che un contingente di soldati nigeriani fosse chiamato ad intervenire in Niger sotto la guida dell’ECOWAS, anche il capo delle forze armate del Paese si è detto convinto dell’opportunità che questo avvenisse: “Noi difendiamo la democrazia e dobbiamo continuare a farlo”.
Parte della preoccupazione della Nigeria è senza dubbio legata allo stato di salute della democrazia nella regione. “Se i golpisti la fanno franca, altri Paesi vivranno sotto la minaccia di colpi di stato” ha evidenziato l’esperto di sicurezza nigeriano Confidence MacHarry, intervistato da Le Monde. Ma i timori del governo vanno oltre: Bola Tinubu è infatti consapevole che una situazione di caos nel vicino Niger potrebbe facilmente ripercuotersi all’interno dei confini nigeriani, tanto più che già ora il Paese vive una situazione di crisi economica profonda ed è attraversato da ondate di scioperi.
Abuja teme anche che il Niger, fino a questo momento suo fedele alleato, possa trasformarsi in una base per vari gruppi ribelli e jihadisti. Questi, già attivi nelle regioni settentrionali della Nigeria, potrebbero beneficiare di un’eventuale situazione di caos nel Paese vicino e potrebbero così rafforzarsi, aggravando di conseguenza la già precaria situazione di sicurezza del gigante africano. Ad un aumento dell’attività dei gruppi ribelli potrebbe sommarsi l’arrivo di un’ondata di rifugiati, scappati dal Niger a causa delle mutate condizioni politiche.
Una volta innescati questi processi, la Nigeria non sarebbe più in grado di intervenire: con il Niger condivide una frontiera di circa 1500 chilometri, impossibile da controllare, tanto più con le scarse risorse a disposizione. Ecco quindi che il presidente Tinubu è costretto a giocare d’anticipo, sperando che la minaccia di intervento possa indurre i militari a più miti consigli. E consapevole che un successo nella gestione della crisi lo rafforzerebbe notevolmente, sia sul piano interno che su quello internazionale.
Tra mercoledì 26 e giovedì 27 luglio, in Niger ha avuto luogo un colpo di stato militare. La Guardia Presidenziale, una potente unità di élite dell’esercito nigerino, ha infatti deposto il capo di stato Mohamed Bazoum, eletto in maniera democratica nel 2021. Il golpe è stato giustificato dall’esercito come un intervento contro la crisi economica, l’insicurezza e la corruzione crescenti nel Paese. Ed ha visto Abdourahmane Tchiani, generale e capo della Guardia presidenziale, prendere la guida del Paese.