Il leader dell’opposizione Shehbaz Sharif è stato eletto nuovo Primo Ministro, ma l’incertezza regna sovrana sulla stabilità del Paese
L’avvio del nuovo Governo in Pakistan, ora guidato da Shehbaz Sharif, è stato a dir poco scoppiettante, dopo alcune settimana di incertezza sul voto di sfiducia a Imran Khan, consumato drammaticamente in Parlamento nella giornata di domenica, e l’elezione di ieri del leader dell’opposizione a Primo Ministro. Sharif ha promesso di riallacciare i rapporti con gli amici, vedi gli Stati Uniti, e di sistemare i conti pubblici del Pakistan che, a suo dire, sono stati mal gestiti nel corso dell’amministrazione Khan.
Ancora una volta, nessun Primo Ministro pakistano riesce ad arrivare alla fine del mandato di cinque anni, con Khan che si ferma al 2022 dopo essere stato eletto nel 2018, e accusa Washington di aver sobillato la crisi politica messa in atto nel Paese, per mano dei partiti d’opposizione. “Questo è un Governo imposto”, ha dichiarato l’ormai ex Pm ai manifestanti scesi in piazza a Islamabad, promettendo nuove manifestazioni che, presumibilmente, dureranno a lungo.
Imran Khan accusa gli Stati Uniti di pressioni per la caduta del suo esecutivo, a suo dire reo di aver portato avanti una politica estera indipendente rispetto ai desiderata statunitensi, rafforzando le relazioni sia con la Cina che con la Russia. Ma alcuni mesi fa fu lo stesso Governo Khan a proporre una più stretta collaborazione a Washington, con Moeed Yusuf, National Security Advisor pakistano, che presentò alla sua controparte statunitense Jake Sullivan una proposta che avrebbe portato i due Paesi al rafforzamento delle relazioni bilaterali, non sulla base degli ambiti di sicurezza e difesa ma, piuttosto, prettamente economica e commerciale.
I pakistani, d’altro canto, dovettero smentire le voci sulla concessione territoriale agli Usa per il dispiegamento di forze a stelle e strisce, dopo che David Helvey, Acting Assistant Secretary of Defense for Indo-Pacific Security Affairs, intervenuto al Comitato sui Servizi Armati del Senato, dichiarò che “il Pakistan ci ha permesso il sorvolo e l’accesso per essere in grado di dare supporto alla nostra presenza militare in Afghanistan”, nei mesi precedenti al ritiro dalla nazione ora governata nuovamente dai Talebani.
Con Khan che non ha intenzione di lasciare l’agone politico, sarà ardua la sfida di Shehbaz Sharif. Il nuovo premier non è altro che il fratello dell’ex capo del Governo Nawaz Sharif, che ha guidato il Paese tra il 1990 e il 1993, il 1997 e il 1999, più recentemente tra il 2013 e il 2017. La borsa locale ha accolto con favore la sua ascesa al potere, guadagnando più di 1450 punti e riavvicinandosi al cambio col dollaro che, dal tonfo storico di 188 rupie è migliorato a 183. Proprio l’incertezza politica aveva bloccato l’accordo col Fondo monetario internazionale per 6 miliardi di dollari, che ora potrà essere ridiscusso.
Ma Sharif dovrà valutare anche i progetti relativi al China-Pakistan Economic Corridor, che rappresenta l’emblema del forte legame tra Islamabad e Pechino, nonostante ci siano ancora chiaroscuri sull’effettivo vantaggio che questo porterà al Pakistan. Khan, a febbraio, ha rassicurato sulla bontà del progetto: “Vediamo il CPEC come una grande opportunità geo-economica, non esclusiva per Pakistan e Cina. Invitiamo anche altre nazioni a parteciparvi e investire in questi progetti. Vogliamo far uscire le persone dalla povertà prendendo come esempio la Cina”, ha aggiunto l’ex Pm.
E sulla Russia quale sarà la posizione del nuovo Primo Ministro? Proprio nei momenti in cui l’esercito della Federazione invadeva l’Ucraina il 24 febbraio, Khan era in visita a Mosca da Vladimir Putin. Un incontro definito dal Cremlino “visita di lavoro”, con i due leader che hanno discusso di cooperazione bilaterale, senza sottoscrivere nuovi accordi. Un meeting dal tempismo imperfetto, come appare imperfetta la nuova nomina di Sharif, eletto dal Parlamento però abbandonato dai deputati del partito di Khan, che hanno lasciato i loro scranni nel momento del voto.
Ancora una volta, nessun Primo Ministro pakistano riesce ad arrivare alla fine del mandato di cinque anni, con Khan che si ferma al 2022 dopo essere stato eletto nel 2018, e accusa Washington di aver sobillato la crisi politica messa in atto nel Paese, per mano dei partiti d’opposizione. “Questo è un Governo imposto”, ha dichiarato l’ormai ex Pm ai manifestanti scesi in piazza a Islamabad, promettendo nuove manifestazioni che, presumibilmente, dureranno a lungo.