Il formato Astana si incontra a Teheran per un meeting che tocca le principali questioni geopolitiche: dall’Ucraina alla Siria, passando per la Nato. L’incontro arriva pochi giorni dopo la fallimentare visita di Biden in Arabia Saudita
Una troika che acquisisce valore quella composta da Iran, Russia e Turchia, nata per indirizzare i problemi causati dalla guerra in Siria col formato Astana, che oggi si incontra in uno scenario geopolitico ancor più ingarbugliato rispetto all’ultima occasione di discussione. A Teheran il padrone di casa Ebrahim Raisi accoglie il Presidente turco Recep Tayyip Erdoğan e quello russo Vladimir Putin, pezzi da 90 della diplomazia internazionale capaci di fare il bello e cattivo tempo della politica estera, decisori e decisivi con le loro azioni verso i Paesi dell’area.
E non a caso l’incontro si svolge in Iran, tornato recentemente al centro delle discussioni per via della mancata ripresa del JCPoA. Teheran vive una crisi sistemica dall’abbandono dell’accordo sul nucleare da parte degli Usa, che ha di fatto spinto il Paese verso Russia e Cina. Putin e Raisi hanno discusso del rafforzamento delle rispettive economie, con grandi aspettative commerciali attese nei prossimi anni, tanto da essere pronti ad abbandonare il dollaro per gli scambi commerciali bilaterali.
Ad annunciarlo Dmitry Peskov, portavoce del Cremlino, che ha ricordato l’esponenziale crescita del commercio tra Mosca e Teheran, aggiungendo che i due Paesi sono pronti allo sviluppo delle interazioni bancarie. Ci sarebbe, così, la creazione effettiva di quel sistema parallelo tanto discusso in passato, capace di bypassare le sanzioni degli Stati Uniti che pesano proprio sulla Repubblica Islamica e ora anche sulla Federazione Russa. Un passo in avanti significativo verso l’accordo generale di cooperazione strategica, che renderebbe ancor più alleati Teheran e Mosca.
La visita di Putin in Iran arriva a pochi giorni di distanza del fallimentare incontro di Joe Biden con i leader di Arabia Saudita e Israele. La Casa Bianca ha cercato di spingere Riad e Tel Aviv verso posizioni più dure contro Mosca, ma senza successo. Entrambi i Paesi mantengono buone relazioni con la Federazione, dimostrandosi sordi alle richieste di Washington. Per il Presidente russo una buona notizia, specie se al ritorno in patria potrà raccontare ai suoi elettori un successo diplomatico laddove gli Usa non sono stati capaci di ottenere risultati.
La troika nella capitale iraniana permette, dunque, discussioni ad ampio spettro sui temi salienti della diplomazia, lasciando spazi importanti per la mediazione turca sulla specifica questione ucraina. Infatti, tra gli obiettivi di Erdoğan quello di portare a casa un accordo definitivo sullo sblocco delle navi cariche di grano bloccate dai russi nel Mar Nero. Fin dal primo giorno di invasione moscovita in Ucraina, Ankara si è dimostrata fondamentale nella ricerca di soluzioni per porre fine al conflitto ancora in corso, con la Turchia unico soggetto visto positivamente da Mosca e Kiev.
Un successo di Erdoğan aiuterebbe la diplomazia internazionale, ma anche sé stesso: con un’inflazione da capogiro e la svalutazione costante della lira turca, il Presidente ha bisogno di successi internazionali per guadagnare dividendi politici in casa, specie in vista delle storiche elezioni che si terranno nel 2023, anno del centenario della Repubblica. Per questi e altri motivi, il leader turco fa la voce grossa anche sull’allargamento della Nato a Finlandia e Svezia, ricordando che la delibera per il loro accesso non è scontata.
Ancor di più, dopo lo stop della Corte suprema svedese all’estradizione di Yilmaz Aytan, per Ankara membro della ribattezzata Fetö, organizzazione guidata da Fethullah Gülen, personaggio inviso a Erdoğan accusato di aver fomentato il tentato colpo di Stato del 2016. Per la corte, le azioni di Aytan non costituiscono un crimine in Svezia, motivo per il quale è stata rigettata la richiesta di estradizione, complicando l’accesso di Stoccolma al Patto atlantico.
Numerosi dossier dalla vasta portata internazionale quelli discussi a Teheran da Iran, Russia e Turchia, potenze estremamente attive nella geopolitica regionale e mondiale, che cercano un riequilibrio all’indomani della modifica dello status quo precedente all’invasione russa in Ucraina. Uno status quo fittizio, che evidentemente non beneficiava nessuno degli attori ospiti in questi giorni nella capitale iraniana, intenti a trovare il massimo beneficio dal cambiamento in atto nelle relazioni internazionali.
E non a caso l’incontro si svolge in Iran, tornato recentemente al centro delle discussioni per via della mancata ripresa del JCPoA. Teheran vive una crisi sistemica dall’abbandono dell’accordo sul nucleare da parte degli Usa, che ha di fatto spinto il Paese verso Russia e Cina. Putin e Raisi hanno discusso del rafforzamento delle rispettive economie, con grandi aspettative commerciali attese nei prossimi anni, tanto da essere pronti ad abbandonare il dollaro per gli scambi commerciali bilaterali.