L’ambasciatore israeliano in America ha invitato Washington e Riad ad “aggiustare i rapporti” per il bene del Medio Oriente, riferendosi al fatto che durante l’amministrazione Biden questi sono peggiorati
Una decina di giorni fa l’ambasciatore di Israele a Washington, Michael Herzog, ha detto che sarebbe “molto importante” per il Medio Oriente se gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita facessero qualcosa per “aggiustare” la loro relazione. Si riferiva al fatto che sotto l’amministrazione di Joe Biden i rapporti tra Washington e Riad sono peggiorati molto: c’entra la nuova politica della Casa Bianca nei confronti del regno, storico partner di riferimento per gli americani nella regione mediorientale, utile in funzione anti-iraniana benché non sempre affidabile (si pensi alla crisi petrolifera del 1973 e agli attentati dell’11 settembre).
La politica saudita di Biden
Biden aveva detto che si sarebbe interfacciato con il re Salman e non con il principe ereditario Mohammed bin Salman (MbS) e che gli Stati Uniti avrebbero smesso di appoggiare le operazioni offensive dell’Arabia Saudita in Yemen. L’anno scorso l’intelligence americana ha rilasciato un rapporto declassificato nel quale si accusava MbS di essere il mandante dell’omicidio del giornalista del Washington Post Jamal Khashoggi, nel 2018. Più in generale, la politica estera di Biden, fondata sulla promozione dei valori democratici (è utile in senso anticinese), entra in conflitto con le violazioni dei diritti umani commesse in Arabia Saudita.
L’interesse di Israele, spiegato
Herzog pensa però che Washington debba ricucire lo strappo con Riad per bilanciare l’eventuale ripristino dell’accordo sul nucleare con l’Iran, sgradito a sauditi e israeliani.
Per comprendere il significato delle parole dell’ambasciatore e il motivo del suo interesse per la relazione tra l’America e l’Arabia bisogna tenere a mente alcune cose. Innanzitutto che tra Israele e l’Arabia Saudita esiste da anni una sorta di alleanza di fatto, ma tenuta segreta, fondata sulla volontà condivisa di contrastare Teheran. Tel Aviv, inoltre, vorrebbe da Riad la normalizzazione dei rapporti bilaterali e il suo ingresso negli Accordi di Abramo: si tratta, semplificando, dell’architettura mediorientale creata dall’amministrazione di Donald Trump per favorire i contatti tra Israele e le monarchie del Golfo e contenere l’Iran, nonché della precondizione per il distacco statunitense della regione (la priorità è l’Asia-Pacifico).
Il Governo israeliano teme che le tensioni tra Washington e Riad non permetteranno l’allargamento degli accordi di Abramo; al contrario, potrebbero favorire un avvicinamento dei sauditi alla Russia e alla Cina (prima acquirente del suo petrolio) e permettere all’Iran di ampliare la sua proiezione in Medioriente, andando a minacciare la sicurezza di Israele.
“Punto di rottura”
La settimana scorsa il Wall Street Journal ha dedicato un lungo articolo alla ricostruzione di come le relazioni tra Stati Uniti e Arabia Saudita abbiano raggiunto il “punto di rottura”. Il quotidiano scrive che i funzionari dell’amministrazione Biden, per cercare di sanare la frattura, hanno compiuto diverse visite nel regno e mostrato attenzione per le preoccupazioni saudite sulla sicurezza: Riad teme Teheran e i gruppi affiliati come gli houthi yemeniti, e vorrebbe più garanzie difensive da Washington. I progressi, tuttavia, sono stati solo “modesti”, perché la Casa Bianca non vuole fare grosse concessioni all’Arabia.
L’ambasciatore israeliano in America ha invitato Washington e Riad ad “aggiustare i rapporti” per il bene del Medio Oriente, riferendosi al fatto che durante l’amministrazione Biden questi sono peggiorati
Una decina di giorni fa l’ambasciatore di Israele a Washington, Michael Herzog, ha detto che sarebbe “molto importante” per il Medio Oriente se gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita facessero qualcosa per “aggiustare” la loro relazione. Si riferiva al fatto che sotto l’amministrazione di Joe Biden i rapporti tra Washington e Riad sono peggiorati molto: c’entra la nuova politica della Casa Bianca nei confronti del regno, storico partner di riferimento per gli americani nella regione mediorientale, utile in funzione anti-iraniana benché non sempre affidabile (si pensi alla crisi petrolifera del 1973 e agli attentati dell’11 settembre).