In Gran Bretagna si voterà il 4 luglio, per rinnovare il Parlamento e poi scegliere il nuovo Primo ministro. Ad un mese dal voto, la sconfitta dei conservatori sembra certa e i dibattiti si concentrano su cosa aspettarsi dal ritorno al potere dei laburisti.
La data delle elezioni è stata annunciata dal primo ministro Rishi Sunak alcuni giorni fa, a sorpresa. In teoria, infatti, il suo mandato avrebbe dovuto continuare fino alla fine dell’anno e la gran parte degli analisti credeva che Sunak avrebbe aspettato almeno fino all’autunno, per indire le elezioni. Il Primo ministro ha però cercato di giocare d’anticipo, cogliendo impreparato anche il suo stesso governo.
Sunak ha deciso di puntare tutto sui timidi segnali positivi che si sono visti nell’ultimo periodo: l’economia è tornata a crescere, l’inflazione si è fermata, il governo è finalmente riuscito ad approvare il discusso accordo con il Rwanda per la deportazione dei richiedenti asilo. E così il primo ministro, pur consapevole dell’ampio divario che divide i conservatori dai laburisti nei sondaggi, ha scommesso sul fatto che i prossimi mesi avrebbero ulteriormente diminuito le possibilità del suo partito di ottenere una vittoria elettorale. Non sono infatti previsti ulteriori miglioramenti dell’economia, l’inflazione non calerà ulteriormente ed è improbabile che l’espulsione dei migranti possa effettivamente iniziare a breve.
I media britannici hanno parlato di una mossa sconsiderata o potenzialmente geniale, sottolineando il grande rischio corso da Sunak. In realtà, però, i sondaggi indicano che lui e il suo governo hanno ben poco da perdere. Per i conservatori, la situazione è tragica: dopo 14 anni di governo ininterrotto, i loro consensi arrivano appena al 23%, contro il 44% dei laburisti. In parte, il calo del partito al governo è descritto come fisiologico, dopo tutto questo tempo al potere. Inoltre, gli elettori sono delusi da un partito che ha gestito in maniera disastrosa prima la Brexit e poi la pandemia, e che sotto Liz Truss ha causato un crollo della sterlina e notevoli difficoltà economiche. La sconfitta è annunciata, quindi. E se anticipare le elezioni può servire a limitare i danni o ad avere qualche flebile speranza di vittoria, tanto vale provarci.
Mentre iniziano i dibattiti televisivi tra Rishi Sunak e il suo rivale Keir Starmer, alla guida del partito laburista, oltremanica si inizia già ad immaginare come sarà il Regno Unito sotto la guida del centrosinistra.
In particolare, a tenere banco è il posizionamento internazionale del Paese, considerando anche che non molto dopo le elezioni britanniche si terranno quelle americane. Da sempre, quello tra Londra e Washington è un rapporto privilegiato. Con la Brexit, poi, il legame si è ulteriormente rafforzato: il Regno Unito si è trovato isolato a livello europeo ed ha trovato naturale volgere lo sguardo verso gli Stati Uniti.
Storicamente, la relazione tra i due Paesi non è stata eccessivamente influenzata dall’alternanza tra conservatori e laburisti da un lato, repubblicani e democratici dall’altro. Quest’anno, però, la situazione è quantomeno particolare. Negli Stati Uniti, ci sono concrete possibilità che il prossimo presidente sia Donald Trump: un personaggio già di per sé divisivo, che ora è stato anche giudicato colpevole di vari capi d’accusa in un processo per i pagamenti effettuati ad un’attrice di film porno. Nel corso del suo mandato presidenziale, il tycoon aveva trovato nel Regno Unito un forte alleato anche grazie alla presenza di Boris Johnson alla guida del Paese. Nel caso venisse rieletto, invece, dovrebbe probabilmente confrontarsi con Keir Starmer e con i laburisti. In molti si sono quindi chiesti se, in caso di una vittoria laburista e di una contemporanea sconfitta di Biden, il rapporto tra Londra e Washington rimarrebbe forte.
A rassicurare tutti, negli ultimi giorni, ci hanno pensato lo stesso Starmer e il suo partito. “Lavoreremo con chiunque sceglieranno come presidente” ha chiarito il leader del centrosinistra britannico, pur riconoscendo che in caso di una condanna definitiva la situazione sarebbe particolare, senza precedenti. Per Starmer, si tratta di una posizione obbligata: l’unica alternativa alla special relationship con gli Stati Uniti sarebbe un legame più stretto con Bruxelles. Ma un avvicinamento all’Unione Europea sarebbe dannoso, tanto più a poche settimane dal voto. Sarebbe guardato con sospetto da una parte consistente dell’elettorato, che ha votato a favore della Brexit e che teme un rientro di Londra nelle istituzioni europee.
In ogni caso, quelle di Starmer non sembrano essere soltanto parole di circostanza, per non scontentare nessuno. Il giornale Politico osserva come il suo partito si stia effettivamente preparando all’eventualità di una seconda presidenza Trump. Alcuni esponenti laburisti hanno notevolmente ammorbidito le posizioni verso il leader repubblicano. E in generale il partito di Starmer sta costruendo dei legami con numerosi esponenti vicini a Trump.
In Gran Bretagna si voterà il 4 luglio, per rinnovare il Parlamento e poi scegliere il nuovo Primo ministro. Ad un mese dal voto, la sconfitta dei conservatori sembra certa e i dibattiti si concentrano su cosa aspettarsi dal ritorno al potere dei laburisti.
La data delle elezioni è stata annunciata dal primo ministro Rishi Sunak alcuni giorni fa, a sorpresa. In teoria, infatti, il suo mandato avrebbe dovuto continuare fino alla fine dell’anno e la gran parte degli analisti credeva che Sunak avrebbe aspettato almeno fino all’autunno, per indire le elezioni. Il Primo ministro ha però cercato di giocare d’anticipo, cogliendo impreparato anche il suo stesso governo.