Il Partito dei Lavoratori fatica a crescere alle municipali nonostante l’immagine positiva di Lula in tutto il paese. Cresce il centrodestra, in cerca di un’alternativa solida in vista delle presidenziali del 2026
Il secondo turno delle municipali che si è svolto questa domenica in Brasile ha confermato il verdetto negativo espresso dai votanti della maggior parte delle grandi città del paese nei confronti delle proposte locali del Partito dei Lavoratori (PT) del presidente Lula da Silva. Delle 51 città con più di 200.000 abitanti in cui sono stati celebrati i ballottaggi, il PT ne ha vinte quattro, di cui una sola capitale, Fortaleza. Il bolsonarista Partito Liberale (PL) invece si è imposto in sei municipi, tra cui due capitali: Cuiabá, nello stato del Mato Grosso, storica roccaforte della sinistra brasiliana, e Aracaju, capitale dello stato di Sergipe. L’estrema destra è riuscita anche a vincere in alcune città chiave, come Guarulhos, seconda città più popolosa dello stato di San Paolo e São José do Rio Preto, e governerà così 517 comuni in tutto il paese, contro i 252 in mano al PT di Lula.
Nella città di San Paolo, la più popolosa dell’America Latina e capitale economica del paese, si riconferma il sindaco uscente, Ricardo Nunes, di centrodestra, che ha battuto il deputato di sinistra, apertamente sostenuto da Lula, Guilherme Boulos. Sebbene l’appoggio dell’ex presidente Bolsonaro sia stato palesemente celato da Nunes durante l’ultimo periodo di campagna, per la destra brasiliana si tratta sicuramente di un risultato positivo. Nunes, che nel suo discorso dopo la conferma della vittoria non ha nemmeno nominato Bolsonaro, ha ringraziato calorosamente il governatore dello stato di San Paolo, Tarcisio de Freitas, ex ministro di Bolsonaro e in lizza per rappresentare la destra alle prossime elezioni presidenziali nel 2026. Jair Bolsonaro infatti è stato interdetto dalla corte suprema e non potrà presentarsi a ricoprire cariche elettive fino al 2030, per la condanna ricevuta per la diffusione di informazioni false intorno al sistema elettorale brasiliano durante la campagna elettorale del 2022. Sebbene Bolsonaro e i suoi più stretti collaboratori confidano di poter ottenere una misura cautelare che gli permetta di competere per un nuovo mandato presidenziale, de Freitas sembrerebbe deciso a consolidare la propria carriera verso il Palacio do Planalto, e i risultati delle municipali di quest’anno, un vero e proprio termometro a livello nazionale per i partiti e i movimenti brasiliani, sembrerebbero dargli la ragione in quanto alla strategia.
Sia il risultato del primo turno, svoltosi in simultanea in tutti i municipi del paese lo scorso 7 ottobre, sia quelli dei ballottaggi conclusi questa settimana, hanno smentito la convinzione diffusissima in Brasile e all’estero intorno alla presunta polarizzazione della politica brasiliana, tra la sinistra al governo di Lula, e la destra estrema dell’ex presidente Bolsonaro. L’enorme maggioranza dei comuni brasiliani infatti sarà governata dal cosiddetto Centrão, una costellazione di partiti e partitini locali che subordinano il loro sostegno al governo federale non a una preferenza ideologica ma alla concessione di finanziamenti, agevolazioni e favori da poter mostrare al proprio elettorato nei dipartimenti o città di provenienza. Slegati da questa logica localista, ma disposti comunque a negoziare il proprio sostegno ad una o l’altra coalizione a livello nazionale nazionale, i due partiti che governeranno la maggior quantità di municipi del paese più grande dell’America Latina: il Movimento Democratico Brasiliano (MDB), che dalla caduta della dittatura militare nel 1986 ad oggi ha appoggiato praticamente tutti i governi brasiliani, e il PSD, antico Partito Socialdemocratico divenuto principale riferimento del centrodestra brasiliano.
Stando così le cose, per il governo Lula si apre una fase di revisione della propria strategia negli ultimi due anni di mandato. Sebbene non abbia ancora sciolto la riserva intorno ad un eventuale candidatura alle presidenziali, il leader sorto dai movimenti operai della San Paolo degli anni ’80, oggi settantanovenne, sembrerebbe deciso a correre per mantenersi al potere per altri quattro anni. I risultati finora non sono stati all’altezza delle attese, e la dispersione del voto tra i partiti moderati rende vano il tentativo della sinistra di polarizzare contro Bolsonaro e riproporre un nuovo “fronte democratico” contro l’estrema destra. Alcune decisioni volte a modellare la propria immagine politica e portarla su posizioni più moderate provengono dal fronte internazionale, quello in cui Lula si è mantenuto più attivo dal suo ritorno al potere. Durante gli ultimi giorni infatti il governo brasiliano ha posto il proprio veto all’ingresso del Venezuela come membro pieno dei BRICS, durante il Summit di Kazan concluso la settimana scorsa; e il principale assessore per la politica estera di Lula ed ex ministro Celso Amorim ha ribadito che il paese non entrerà a formar parte della Belt and Road Initiative cinese, nonostante solo tre paesi sudamericani oggi ne siano esclusi (Colombia, Paraguay e Brasile).
In ogni caso, il magro risultato elettorale locale per il PT non è certo una novità, anzi. Erano otto anni che la sinistra non vinceva in una città di più di 200.000 abitanti, e per trovare un risultato migliore rispetto a quello di domenica bisogna ritornare al periodo 2000-2008. Lo stesso ministro Alexandre Padilha, lo ha detto chiaramente dopo la diffusione dei risultati: “il PT è il campione indiscusso a livello nazionale alle presidenziali, ma alle municipali è sempre in retrocessione”. Una costante che non ha impedito al partito di Lula di crescere in tutto il paese e arrivare a governare con ampi gradi di approvazione in tutto il territorio nazionale. Nulla di nuovo dunque per Lula, che nei prossimi mesi dovrà cimentarsi non solo nelle negoziazioni con partiti e partitini galvanizzati dal risultato delle municipali, ma dovrà affrontare una tappa sicuramente più impegnativa come organizzatore del summit del G20 che si aprirà a Río de Janeiro il prossimo 18 novembre.
Nella città di San Paolo, la più popolosa dell’America Latina e capitale economica del paese, si riconferma il sindaco uscente, Ricardo Nunes, di centrodestra, che ha battuto il deputato di sinistra, apertamente sostenuto da Lula, Guilherme Boulos. Sebbene l’appoggio dell’ex presidente Bolsonaro sia stato palesemente celato da Nunes durante l’ultimo periodo di campagna, per la destra brasiliana si tratta sicuramente di un risultato positivo. Nunes, che nel suo discorso dopo la conferma della vittoria non ha nemmeno nominato Bolsonaro, ha ringraziato calorosamente il governatore dello stato di San Paolo, Tarcisio de Freitas, ex ministro di Bolsonaro e in lizza per rappresentare la destra alle prossime elezioni presidenziali nel 2026. Jair Bolsonaro infatti è stato interdetto dalla corte suprema e non potrà presentarsi a ricoprire cariche elettive fino al 2030, per la condanna ricevuta per la diffusione di informazioni false intorno al sistema elettorale brasiliano durante la campagna elettorale del 2022. Sebbene Bolsonaro e i suoi più stretti collaboratori confidano di poter ottenere una misura cautelare che gli permetta di competere per un nuovo mandato presidenziale, de Freitas sembrerebbe deciso a consolidare la propria carriera verso il Palacio do Planalto, e i risultati delle municipali di quest’anno, un vero e proprio termometro a livello nazionale per i partiti e i movimenti brasiliani, sembrerebbero dargli la ragione in quanto alla strategia.