Si attende il prossimo incontro a Riad per il reintegro di Damasco come Stato osservatore. Oggi la visita del Presidente dell’Iran Ebrahim Raisi
È un vero e proprio crescendo il ritorno della Siria sul palcoscenico internazionale, per ora limitato alla regione mediorientale, significativo del cambio di rotta assunto dai Paesi dell’area nei confronti della Repubblica di Bashar al-Assad e dei nuovi equilibri scaturiti nelle ultime settimane. La ripresa delle piene relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita ha offerto ulteriore spinta al riavvicinamento di Damasco alle nazioni del Golfo — vedi gli incontri con Emirati Arabi Uniti e con gli stessi sauditi —, rompendo così un tabù esistente dal 2011, anno dell’inizio degli scontri in Siria.
Oggi nella capitale siriana arriva il Presidente della Repubblica Islamica dell’Iran Ebrahim Raisi, viaggio dal significato profondo che suggella, ancora una volta, la vicinanza di Teheran ad Assad. Negli ultimi 12 anni, l’Iran è stato tra i pochi Paesi ad aver supportato la Siria politicamente, militarmente e dal punto di vista economico, motivo per il quale l’arrivo di Raisi è celebrato con grande enfasi.
“L’importanza di questo viaggio, oltre alle dimensioni politiche, di sicurezza ed economiche, è la manifestazione della vittoria del volere politico e della resistenza, del successo di una diplomazia gestita per completare il processo di convergenza regionale”, ha detto il Ministro degli Esteri iraniano Hossein Amirabdollahian. Per Raisi, le relazioni con la Siria sono “strategiche e profonde. Siamo pronti a collaborare con il Governo di Damasco nel processo di ricostruzione e per il ritorno dei profughi affinché ci siano le condizioni per riprendere un percorso di normalità”.
Per questo motivo, insieme al Presidente iraniano prenderà parte ai lavori una delegazione economico-politica che avrà il compito di intercettare necessità e bisogni siriani per uniformarli a quelli strategici di Teheran. Una presenza sul territorio di fondamentale importanza per la Repubblica Islamica ma anche per l’esercito siriano, spalleggiato dal Corpo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, addestrato dalle forze iraniane e assistito con forniture militari e appoggio aereo.
Quello di maggio sarà un mese dall’importanza cruciale per la Siria: dopo l’incontro, a marzo, di Assad ad Abu Dhabi con il Presidente Mohamed bin Zayed Al Nahyan e quello di aprile, a Damasco, con il Ministro degli Esteri saudita Faisal bin Farhan, il Paese guarda alla data di venerdì 19. Infatti, il meeting della Lega Araba che si terrà a Riad potrebbe riaprire alla Siria, iniziando con la concessione dello status di Paese osservatore, anticamera del pieno reinserimento della Repubblica siriana nell’importante organizzazione.
È un vero e proprio crescendo il ritorno della Siria sul palcoscenico internazionale, per ora limitato alla regione mediorientale, significativo del cambio di rotta assunto dai Paesi dell’area nei confronti della Repubblica di Bashar al-Assad e dei nuovi equilibri scaturiti nelle ultime settimane. La ripresa delle piene relazioni diplomatiche tra Iran e Arabia Saudita ha offerto ulteriore spinta al riavvicinamento di Damasco alle nazioni del Golfo — vedi gli incontri con Emirati Arabi Uniti e con gli stessi sauditi —, rompendo così un tabù esistente dal 2011, anno dell’inizio degli scontri in Siria.