Ko Wen-je, uno dei due leader dell’opposizione, che qualcuno aveva definito il “vero vincitore” delle elezioni dello scorso gennaio, è stato arrestato nell’ambito di uno scandalo di corruzione. Dopo due giornate in cella, è stato rilasciato senza cauzione.
Ko Wen-je resta accusato in una vicenda che potrebbe produrre serie conseguenze sul panorama partitico dell’isola. Con l’opposizione che ora rievoca persino i fantasmi dell’era del “terrore bianco” e della legge marziale di Chiang Kai-shek, durante la quale tutti gli oppositori all’allora partito unico venivano incarcerati o eliminati.
Chi è Ko? Ex chirurgo ed ex sindaco di Taipei, si è lanciato pochi anni fa nell’avventura del Taiwan People’s Party (TPP), un partito costruito su misura per lui. Dopo che una sua fedelissima ha conquistato la poltrona di sindaca di Hsinchu, la capitale mondiale dei microchip, lui si è candidato alle presidenziali di gennaio 2024. Dopo un fugace accordo sottoscritto e poi strappato col Kuomintang, Ko ha corso da solo, ottenendo un sorprendente 26%. Il dato significa terzo posto dietro Lai Ching-te, il neo presidente del Partito progressista democratico (DPP) entrato in carica a maggio, e Hou Yu-ih del Kuomintang.
Ma è la prima volta che Taiwan ha una seria alternativa allo storico bipolarismo tra i due partiti storici, col DPP ritenuto “secessionista” da Pechino e il Kuomintang che è invece dialogante con la Cina continentale. In uno yuan legislativo (il parlamento unicamerale di Taipei) diviso e senza maggioranza assoluta, gli 8 seggi del TPP sono decisivi per qualsiasi riforma. Tanto che Ko è ritenuto il vero “ago della bilancia” della politica taiwanese per i prossimi anni, anche se nei primi mesi della nuova legislatura si è per la verità piuttosto appiattito sulle posizioni dell’opposizione del Kuomintang, appoggiando una riforma del potere legislativo contestata dal governo e finita ora alla Corte Costituzionale.
Ko ha costruito la sua proposta con un piano basato appunto su una terza via “pragmatica e non ideologica”. Aperto al dialogo con il Partito comunista, ma senza il retaggio storico del “consenso del 1992” (principio che riconosce l’appartenenza di Taiwan alla Cina, pur senza stabilire quale secondo il Kuomintang), le sue posizioni sono viste da molti come più realistiche e meno radicali dei due tradizionali contendenti. Anche perché mentre i due partiti storici litigano in continuazione sul tema dei rapporti intrastretto e dell’identità tra Taiwan e Repubblica di Cina (nome ufficiale con cui Taipei è indipendente de facto, pur se riconosciuta solo da 12 Paesi al mondo), Ko continua a parlare di temi più concreti.
Si tratta degli argomenti che più interessano soprattutto ai giovani: prezzi delle case, lavoro, economia e giustizia. Ko si è costruito una fama di incorruttibile, attaccando invece i partiti tradizionali per i loro presunti guai con corruzione e malaffare.
Ecco perché quanto sta accadendo in questi giorni rischia di colpire la reputazione di Ko ancora più in profondità. Sabato 31 agosto, i pubblici ministeri hanno presentato al Tribunale distrettuale di Taipei una richiesta di detenzione ufficiale di Ko per il presunto coinvolgimento dello scandalo di corruzione riguardante il progetto di riqualificazione di Core Pacific City durante il suo mandato di sindaco di Taipei.
Ko ha presentato una petizione contro l’ordine di arresto dei pubblici ministeri che è stata respinta inizialmente dal tribunale distrettuale di Taipei. Ko è stato arrestato sabato mattina presto, quando ha rifiutato di essere interrogato ulteriormente dopo una giornata di interrogatori e ha tentato di andarsene. Nel frattempo, i sostenitori di Ko si sono riuniti fuori dall’ufficio sabato e hanno esposto cartelli con la scritta “Le procedure devono essere giuste, la giustizia deve essere equa”.
Alcuni sostenitori hanno anche scandito slogan come “Terrore verde”, in riferimento al “terrore bianco” e al verde, colore di riferimento del DPP. “Dov’è finita ora la vostra democrazia?” hanno accusato a ripetizione gli account social del TPP, che sostiene che l’arresto sia avvenuto in totale assenza di prove a carico di Ko.
Le indagini sulla presunta corruzione che coinvolge Ko e altre persone nella riqualificazione del centro commerciale Core Pacific City, nel centro di Taipei, sono iniziate tra i sospetti sul significativo aumento del rapporto di superficie dal 560% all’840% durante il suo mandato come sindaco, dal 2014 al 2022. Già negli scorsi mesi, i pubblici ministeri hanno iniziato a interrogare ex funzionari, tra cui l’ex vice sindaco Pong Cheng-sheng. Le voci sul coinvolgimento di Ko sono aumentate, fino ad arrivare a venerdì quando gli agenti hanno fatto irruzione nella casa e nell’ufficio di Ko e nella sede del TPP.
Lunedì mattina, il nuovo colpo di scena: il tribunale ha stabilito che le prove fornite dai pubblici ministeri non erano sufficienti a giustificare la detenzione di Ko e ha ordinato il suo rilascio senza cauzione, mentre il suo ex vice sindaco resta in cella. La Procura distrettuale di Taipei intende appellarsi alla decisione. Il tribunale ha affermato che la chiave dell’innocenza o della colpevolezza di Ko risiede nel fatto che fosse o meno consapevole dell’illegalità della risoluzione approvata durante il suo mandato per aumentare la superficie del progetto immobiliare “senza seguire l’interesse pubblico” e se fosse consapevole che la risoluzione mirava a ottenere guadagni illeciti. Poiché Ko non ha partecipato al comitato o alla riunione della risoluzione, né possiede competenze rilevanti in materia, la sua affermazione di essersi fidato della risoluzione degli esperti e dell’opinione professionale di Pong non pare infondata, ha aggiunto il tribunale. Dopo essere stato rilasciato lunedì mattina, Ko è stato accolto da una folla festante, dalla moglie Chen Pei-chi e dal capogruppo del TPP Huang Kuo-chang.
Il finale di questa vicenda è ancora da scrivere. Qualora la posizione di Ko tornasse critica, il TPP (che ancora manca di struttura e si basa sulla sua figura) potrebbe subire una pesante battuta d’arresto. Qualora invece, come sembra dopo il rilascio, Ko dovesse uscirne pulito il TPP potrebbe ricevere un’ulteriore spinta dall’opinione pubblica grazie all’immagine (che il partito sta già usando) di “martire” dell’opposizione, colpito per ragioni politiche. Da questa storia dipende tanto anche il futuro della politica taiwanese, divisa tra il ritorno allo storico bipolarismo oppure la nascita di una seria alternativa in grado di sparigliare le carte.
Ko Wen-je resta accusato in una vicenda che potrebbe produrre serie conseguenze sul panorama partitico dell’isola. Con l’opposizione che ora rievoca persino i fantasmi dell’era del “terrore bianco” e della legge marziale di Chiang Kai-shek, durante la quale tutti gli oppositori all’allora partito unico venivano incarcerati o eliminati.
Chi è Ko? Ex chirurgo ed ex sindaco di Taipei, si è lanciato pochi anni fa nell’avventura del Taiwan People’s Party (TPP), un partito costruito su misura per lui. Dopo che una sua fedelissima ha conquistato la poltrona di sindaca di Hsinchu, la capitale mondiale dei microchip, lui si è candidato alle presidenziali di gennaio 2024. Dopo un fugace accordo sottoscritto e poi strappato col Kuomintang, Ko ha corso da solo, ottenendo un sorprendente 26%. Il dato significa terzo posto dietro Lai Ching-te, il neo presidente del Partito progressista democratico (DPP) entrato in carica a maggio, e Hou Yu-ih del Kuomintang.