Dopo lunghe trattative, i sei partiti della coalizione scelgono il leader del CHP, il Partito Popolare Repubblicano fondato da Atatürk
Per la prima volta dal 2002 le opposizioni all’AKP di Recep Tayyip Erdoğan hanno una reale chance di spodestare dal potere l’attuale Presidente della Turchia, arrivando alle elezioni del 14 maggio unite e con un nome: Kemal Kılıçdaroğlu. Il leader del Partito Popolare Repubblicano, CHP, fondato Mustafa Kemal, è stato indicato nei giorni scorsi dai 6 partiti della coalizione come frontman e candidato presidenziale: un percorso ad ostacoli iniziato nel 2019 che ora giunge ad una positiva conclusione del progetto. Ultimo miglio: l’elezione a Presidente di Kılıçdaroğlu, che ha progetti ben differenti rispetto a quelli di Erdoğan sulla gestione del Paese.
Europeista, di sinistra moderata, laico e parlamentarista, Kılıçdaroğlu potrebbe essere la novità politica capace di stravolgere la Turchia e il rapporto di Ankara con il resto del mondo. Partendo dalla Nato, di cui il Paese a cavallo tra Europa e Asia è un alleato indispensabile ma foriero di problematiche. Come il rapporto ambiguo con la Russia di Vladimir Putin, dalla quale la nazione acquista materiale bellico — vedi gli S-400 — e con la quale la Turchia flirta a fasi alterne su svariati dossier regionali e internazionali. Ecco perché si guarda alle elezioni in Turchia con crescente interesse: quella del 2023 sarà una tornata storica, a 100 anni dalla nascita della Repubblica post imperiale.
Ma attenzione: la coalizione unisce svariate anime, dalla sinistra alla destra, dagli europeisti agli euroscettici, passando per gli islamisti. Sarà un compito arduo creare un Governo capace di mantenere un giusto equilibrio tra le varie anime, tutte però convinte della necessità di un cambio di passo, del ritorno alla centralità del Parlamento, del ripristino dello stato di diritto e della separazione dei poteri. In poche parole: una modifica delle figure guida del Paese, partendo proprio da Erdoğan. Una strategia non dissimile a quella attuata dalle opposizioni in Ungheria e Polonia, per quanto incapaci di modificare l’assetto del potere politico, ma non lontane dal riuscirci.
Kılıçdaroğlu è stato scelto dopo attimi infiniti di estrema intensità che hanno, tra l’altro, visto in un primo momento il partito IP uscire dalla coalizione e IYI bloccare la sua nomina. Dopo una trattativa serrata, il ritorno nei ranghi e la scelta, come eventuali vice Presidenti, dei due noti sindaci di Ankara, la capitale, e İstanbul, Mansur Yavaş e Ekrem İmamoğlu. I 6 partiti appartenenti all’opposizione riunita sono CHP, IP, SP, GP, DP e DEVA. “Nel corso del periodo di transizione — si legge nel comunicato congiunto — governeremo la Turchia attraverso la consultazione e il consenso, in linea con i principi e gli obiettivi del rafforzamento del sistema parlamentare e i testi di riferimento sui quali si è concordato, nel framework della Costituzione, della legge, della separazione dei poteri”.
Questo è il primo reale e concreto tentativo unitario da parte delle opposizioni per chiudere con la lunga stagione dell’AKP di Erdoğan, azzoppato nell’immagine a causa dell’alto tasso di inflazione, della crisi economica latente e delle polemiche sul tragico terremoto che ha investito l’est del Paese. Agli elettori, a maggio — salvo rinvii dell’ultimo momento — l’ultima parola sul panorama politico della cruciale nazione turca.