Oltre alla sfiducia verso il governo, il risultato è dovuto alla capacità dell’opposizione di attirare consensi trasversali. Il Partito repubblicano ha preso molti voti esterni alla propria base, della popolazione curda nelle zone urbane e di una parte dell’elettorato islamico e conservatore.
In Turchia, il partito di Recep Tayyip Erdoğan è stato severamente sconfitto alle elezioni amministrative che si sono tenute domenica 31 marzo. Il voto locale ha visto infatti il Partito repubblicano CHP – la principale formazione di opposizione – prevalere ad Istanbul, Ankara e numerosi altri comuni. Mentre per il partito guidato dal presidente turco le urne hanno riservato la più importante battuta d’arresto degli ultimi vent’anni.
Il voto era atteso dalla maggioranza, in quanto sembrava l’occasione perfetta per rafforzare il controllo del Partito giustizia e sviluppo (AKP) sul Paese. La vittoria alle elezioni presidenziali dello scorso anno aveva infatti dato fiducia ad Erdoğan e ai suoi alleati, in quanto era stata ottenuta nonostante le numerose difficoltà economiche attraversate dalla Turchia e, soprattutto, nonostante i danni e lo scontento causati dal terremoto avvenuto pochi mesi prima. Inoltre, a differenza di quanto accaduto lo scorso maggio, l’opposizione si presentava divisa ed il CHP non poteva contare sul sostegno dell’Iyi Parti e sul partito filo-curdo DEM. Nel corso della campagna elettorale, Erdoğan si era perciò speso personalmente per spingere l’AKP e aveva spinto molti dei suoi ministri a fare lo stesso.
Alla fine, però, è andata molto diversamente da quanto preventivato, e il voto si è trasformato in un segnale di debolezza per la maggioranza. Istanbul ed Ankara non sono passate di mano, ma sono restate saldamente sotto il controllo del Partito Repubblicano. E, più in generale, l’opposizione si è affermata in tutte le principali città del Paese: tra queste Bursa, Izmir, Antalya, Adana e Balikesir.
Il partito di Erdoğan si è confermato la forza principale nell’area centrale del Paese e in parte del Sud-Est. Tuttavia, il CHP è riuscito ad ottenere il controllo di alcune aree dell’Anatolia, un risultato difficilmente preventivabile alla vigilia, e il partito DEM si è imposto nella regione che confina con Iran e Iraq. Infine, il Partito repubblicano ha prevalso sulla formazione governativa anche per quanto riguarda il calcolo complessivo dei voti ottenuti: il CHP è arrivato poco sotto al 38%, con un margine di 2 punti sull’AKP.
“Purtroppo non abbiamo ottenuto il risultato che volevamo. Ovviamente rispettiamo la decisione della nazione” ha dichiarato Erdoğan, riconoscendo la sconfitta e sottolineando come il risultato deludente non rappresenti la fine per il proprio partito, ma piuttosto “un punto di svolta”.
L’opposizione ha invece parlato di un momento storico, che cambierà il futuro della Turchia. “La fiducia e la fede che la popolazione ha riposto in noi è stata ricompensata” ha detto Ekrem Imamoglu, riconfermatosi alla guida di Istanbul.
La sconfitta di Erdoğan e del suo partito è strettamente collegata alla situazione economica che la Turchia sta vivendo. Da alcuni anni, infatti, il Paese è attraversato da una forte crisi, a cui il governo non sembra essere in grado di contrapporre misure adeguate. Le difficoltà sono particolarmente visibili se si guarda all’inflazione: questa ha raggiunto un picco del 67%, spinta dall’aumento dei prezzi delle abitazioni e dei beni alimentari, e sta causando una diminuzione costante del potere d’acquisto della popolazione.
Oltre che alla sfiducia verso il governo, il risultato elettorale è però certamente dovuto alla capacità dell’opposizione di attirare consensi trasversali. Pur privato del sostegno del resto dell’opposizione, il Partito repubblicano è stato infatti in grado di ottenere i voti di molte persone esterne alla propria base, ed in particolare della popolazione curda residente nelle zone urbane e anche di una parte dell’elettorato islamico e conservatore.
In Turchia, il partito di Recep Tayyip Erdoğan è stato severamente sconfitto alle elezioni amministrative che si sono tenute domenica 31 marzo. Il voto locale ha visto infatti il Partito repubblicano CHP – la principale formazione di opposizione – prevalere ad Istanbul, Ankara e numerosi altri comuni. Mentre per il partito guidato dal presidente turco le urne hanno riservato la più importante battuta d’arresto degli ultimi vent’anni.
Il voto era atteso dalla maggioranza, in quanto sembrava l’occasione perfetta per rafforzare il controllo del Partito giustizia e sviluppo (AKP) sul Paese. La vittoria alle elezioni presidenziali dello scorso anno aveva infatti dato fiducia ad Erdoğan e ai suoi alleati, in quanto era stata ottenuta nonostante le numerose difficoltà economiche attraversate dalla Turchia e, soprattutto, nonostante i danni e lo scontento causati dal terremoto avvenuto pochi mesi prima. Inoltre, a differenza di quanto accaduto lo scorso maggio, l’opposizione si presentava divisa ed il CHP non poteva contare sul sostegno dell’Iyi Parti e sul partito filo-curdo DEM. Nel corso della campagna elettorale, Erdoğan si era perciò speso personalmente per spingere l’AKP e aveva spinto molti dei suoi ministri a fare lo stesso.