Vaccino Covid: Ue cruciale per la campagna vaccinale
Il 2021 spazzerà via il Covid solo se sapremo gestire la campagna vaccinale meglio di come abbiamo gestito la resistenza al contagio. L'Ue sta svolgendo un ruolo chiave
Il 2021 spazzerà via il Covid solo se sapremo gestire la campagna vaccinale meglio di come abbiamo gestito la resistenza al contagio. L’Ue sta svolgendo un ruolo chiave
Con il 2021, che tutti ci auguriamo migliore del peggiore anno della nostra storia recente, la nostra attenzione si sposta dal conteggio dei contagi a quello dei vaccini, l’unica nostra speranza di uscire dall’incubo nel quale siamo precipitati il 31 dicembre del 2019, quando il Governo cinese ha comunicato ufficialmente all’Oms la presenza dell’epidemia Covid-19 in alcune regioni del proprio Paese. Trattandosi di materia tecnica, con impatti sulle nostre vite e finanche sui rapporti geopolitici, vale la pena impadronirci di qualche chiave di comprensione, anche per fugare visioni preconcette e populiste o qualunquiste, che animano sempre e soprattutto i nostri social media.
I vaccini approvati nel mondo ad oggi sono otto: Pfizer-BioNTech (Made in Germany and Usa), uno americano (Moderna), tre cinesi, due russi, ai quali si è aggiunto quello di AstraZeneca, ideato all’università di Oxford e approvato a fine dicembre da Gran Bretagna e India. Le procedure di approvazione cambiano da Paese a Paese. Cina e Russia hanno distribuito i propri vaccini prima della conclusione degli studi clinici. I due Paesi non hanno autorità regolatorie indipendenti e il via libera è dato direttamente dal Governo.
Dopo l’approvazione dell’Agenzia Europea del Farmaco e della Commissione europea, il 27 dicembre scorso è iniziata in Europa la somministrazione del vaccino prodotto dalla Pfizer e dalla BioNTech contro il Covid-19. I tecnici hanno dichiarato che il vaccino messo a punto dalle due aziende è sicuro e che non sono emerse indicazioni che il farmaco non funzionerà contro la cosiddetta variante inglese, dunque sarà efficace contro tutte le forme di Covid oggi conosciute.
Gli studi clinici hanno dimostrato che Comirnaty (questo è il nome dato al vaccino) è efficace nella prevenzione nei soggetti a partire dai 16 anni di età. Lo studio ha mostrato una riduzione del 90% del numero di casi di Covid-19 sintomatici.
I test eseguiti dall’agenzia del farmaco hanno coinvolto 44.000 pazienti in sei Paesi: Stati Uniti, Germania, Brasile, Argentina, Sudafrica e Turchia. I virus SARS-CoV-2 infettano le persone utilizzando una proteina chiamata Spike, che agisce come una chiave, consentendo l’accesso dei virus nelle cellule. Il vaccino induce una risposta che blocca la proteina Spike e quindi impedisce l’infezione. Le fiale di vaccino, che sono partite dallo stabilimento Pfizer di Puurs in Belgio, hanno raggiunto i vari Paesi della Ue.
Il ruolo dell’Ue
Un “toccante momento di unità”, ha detto la Presidente della Commissione Ursula von der Leyen. È stata la Commissione stessa a negoziare l’acquisto dei vaccini dai sei gruppi farmaceutici i cui studi sembravano più promettenti. In tutto, quasi 2 miliardi di dosi: 200 milioni da Pfizer, 160 da Moderna, 400 da AstraZeneca, 300 da Sanofi, 400 da Johnson e 405 da CureVac. Non è detto che i vaccini si riveleranno tutti sufficientemente sicuri e che riceveranno quindi l’autorizzazione dall’Agenzia Europea del Farmaco; questo conferma che solo una potenza economica come la Ue avrebbe potuto acquistare dosi massicce di vaccini senza avere la certezza che le ricerche sarebbero andate a buon fine. Di più: l’Unione europea ha stanziato 200 milioni di euro per la ricerca, a inizio pandemia; finanziamento indispensabile per sviluppare il vaccino anti Covid in soli 11 mesi, realizzando un prodotto che ha condensato caratteristiche tecniche che aprono una nuova frontiera anche nella cura di altre gravi malattie, come i tumori.
Le fiale saranno distribuite in base alla popolazione, ma sono possibili aggiustamenti fra gli Stati membri a seconda delle esigenze, dal momento che alcuni Paesi potrebbero essere interessati a ottenere più dosi di altri. La Germania, ad esempio, ha unilateralmente acquistato 30 milioni di dosi supplementari di vaccino Pfizer-BioNTech, l’unico attualmente approvato dall’European Medicines Agency. Il Ministro della Salute tedesco Spahn ha detto che i colloqui con BioNTech a riguardo sono iniziati solo una volta assicurata la disponibilità di tutte le quote richieste dalla Ue, come previsto dagli accordi. Sgombriamo quindi il campo da dietrologie e complottismi: la Germania non ha violato alcuna intesa formale tra i Paesi Ue e nemmeno ha danneggiato alcuno dei partner.
Berlino si è inoltre attivata per aumentare la produzione interna, anche grazie all’acquisizione, da parte della tedesca BioNTech, di un laboratorio a Marburgo. Nei giorni scorsi, anche Ursula von der Leyen ha annunciato l’acquisto di ulteriori 100 milioni di dosi Pfizer-BioNTech. Il contratto stipulato fra le due aziende e la Commissione prevedeva già un’opzione per acquistare più dosi, oltre ai 200 milioni già pattuiti.
La Gran Bretagna ha bruciato Bruxelles, rilasciando due settimane prima un'”approvazione di emergenza” per il vaccino di Pfizer/Biontech e di AstraZeneca. Più tardi, è arrivata l’approvazione della FDA americana per Pfizer e Moderna, in seconda battuta quella della Ue solo su Pfizer. L’EMA è pronta a dare il semaforo verde anche al vaccino Moderna, nel corso del mese di gennaio.
Il caso britannico
Anche su questo punto, l’apparente ritardo europeo merita qualche chiarimento: come ha più volte ribadito Ursula von der Leyen, le due settimane di differenza con Londra sono dovute a una diversità nelle procedure e nel tipo di autorizzazione, elementi necessari per garantire la sicurezza dei cittadini europei, non certo bieca burocrazia. L’European Medicines Agency è considerato l’ente più rigoroso a livello mondiale. L’EMA, per dare il semaforo verde, deve rilasciare una vera e propria approvazione, chiamata Conditional Marketing Authorization, che richiede un processo di verifica più approfondito, rispetto all'”autorizzazione di emergenza”, approvata dal Regno Unito.
L’urgenza britannica, pur giustificata da un preoccupante incremento dei contagi, comporta diversi compromessi anche legali: la Medicines and Healthcare Products Regulatory Agency (MHRA) britannica ha concesso ad esempio alle aziende farmaceutiche una sorta di manleva in caso di eventi negativi. Mentre, con l’approvazione dell’Ue, la responsabilità per eventuali danni è dei produttori di farmaci, nel Regno Unito qualunque conseguenza ricadrà esclusivamente sullo Stato. Questo elemento conferma la consapevolezza da parte delle autorità inglesi di avere condotto la loro indagine con estremo pragmatismo, forzando i tempi per avviare gli effetti della terribile pandemia che stiamo vivendo a un drastico ridimensionamento, assumendosi tutti i rischi di una efficacia ridotta del vaccino (perché di questo si tratta, non di danni più gravi, come temono i no vax). Aspramente criticato per i ritardi nella gestione della pandemia, il premier Boris Johnson può quindi vantarsi del fatto che il Regno Unito abbia iniziato a vaccinare la popolazione per primo, in Europa.
La Gran Bretagna è anche il solo Paese occidentale ad aver approvato il vaccino ideato dall’Università di Oxford e prodotto dalla AstraZeneca, avendo le autorità regolatorie del Regno proceduto sempre con le stesse regole. Una dose di AstraZeneca costa un terzo rispetto a una dose di Pfizer-BioNTech, si conserva in un normale frigorifero e questo rende gli spostamenti e la somministrazione molto più facili. “Grazie a Brexit siamo stati in grado di prendere questa decisione basandoci sull’agenzia regolatrice britannica e di non andare al passo degli europei”, ha dichiarato il Ministro della Sanità Hancock. Un insensato “nazionalismo vaccinale“, che conferma però la distanza culturale – che Brexit ha vieppiù accentuato – tra Europa e UK.
L’efficacia del farmaco
L’EMA, dal canto suo, ha comunicato a dicembre che non vi erano ancora sufficienti dati a disposizione per una rapida approvazione. “Servono dati ulteriori sulla qualità del vaccino”, ha dichiarato Noël Wathion, numero due dell’Agenzia. Anche la FDA statunitense attende i risultati di nuovi test clinici sul suolo americano, prima di prendere una decisione.
I dubbi delle due agenzie derivano dai molti punti ancora incerti sull’efficacia del farmaco: gli studi mostrano infatti che l’efficacia del vaccino è pari al 62%, ben lontano da quel 90% raggiunto dai vaccini di Pfizer e Moderna.
Inoltre, i trial clinici hanno evidenziato che il vaccino non previene le infezioni asintomatiche; dunque, i vaccinati in teoria potrebbero essere ancora contagiosi e questo potrebbe influire negativamente sul raggiungimento dell’immunità di gregge.
L’Italia ha comunque comprato quaranta milioni di dosi di AstraZeneca. Il vaccino Pfizer-BioNTech coprirà le vaccinazioni per il personale sanitario e per gli anziani, ma il resto della popolazione italiana dovrà aspettare che i dati prodotti dall’azienda siano convincenti e che l’EMA possa dare la sua approvazione.
Un ultimo commento: ancora una volta, gli Stati nazionali hanno dimostrato la loro incapacità di fronteggiare un’emergenza organizzativa come quella di produzione prima e distribuzione poi dei vaccini anti pandemici: solo una governance semi federale su 500 milioni di persone, come quella europea, può garantire a piccoli Stati come la Slovenia o la Croazia o l’Olanda (buona ultima a partire con la somministrazione) di poter distribuire vaccini ai suoi cittadini, al pari di giganti come Usa e Cina. E comunque, il mondo sarà definitivamente fuori pericolo solo quando 5 dei 7 miliardi di abitanti della terra saranno vaccinati. La capacità produttiva indiana sarà cruciale per la diffusione dei vaccini nei Paesi più poveri. Nelle prime due settimane di campagna vaccinale, si sono vaccinate poco più di 13 milioni di persone nel mondo. Per raggiungere un risultato accettabile in un anno, dovremmo vaccinarne 13 milioni al giorno…
Questo articolo è pubblicato anche sul numero di gennaio/febbraio di eastwest.
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Con il 2021, che tutti ci auguriamo migliore del peggiore anno della nostra storia recente, la nostra attenzione si sposta dal conteggio dei contagi a quello dei vaccini, l’unica nostra speranza di uscire dall’incubo nel quale siamo precipitati il 31 dicembre del 2019, quando il Governo cinese ha comunicato ufficialmente all’Oms la presenza dell’epidemia Covid-19 in alcune regioni del proprio Paese. Trattandosi di materia tecnica, con impatti sulle nostre vite e finanche sui rapporti geopolitici, vale la pena impadronirci di qualche chiave di comprensione, anche per fugare visioni preconcette e populiste o qualunquiste, che animano sempre e soprattutto i nostri social media.
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