Mentre la procedura di impeachment è incerta e farraginosa, il megafono di Twitter si è spento in un secondo. Riflessioni per il futuro delle nostre democrazie
Mentre la procedura di impeachment è incerta e farraginosa, il megafono di Twitter si è spento in un secondo. Riflessioni per il futuro delle nostre democrazie
Nella notte fra venerdì e sabato, Twitter ha deciso di “sospendere in maniera permanente” @realDonaldTrump, l’account personale del Presidente degli Stati Uniti.
In un breve comunicato stampa, l’azienda di San Francisco ha dichiarato che, dopo aver bloccato per 12 ore l’account presidenziale, in seguito ad alcuni tweet che legittimavano l’assalto a Capitol Hill, ha deciso di sospenderlo in via definitiva, a causa del rischio di ulteriori incitazioni alla violenza.
Twitter aveva già iniziato a segnalare i tweet di The Donald da diversi mesi, quando parlava del voto per posta e soprattutto nelle ultime settimane, quando si riferiva alle elezioni vinte da Joe Biden come fraudolente.
“Avevo previsto che sarebbe accaduto”, ha denunciato Trump in un comunicato, accusando Twitter di aver cospirato con i suoi nemici politici e annunciando la possibile creazione di una propria piattaforma. Fino a oggi, il tycoon poteva contare su oltre 80 milioni di follower su Twitter e quasi 30 milioni di seguaci su Facebook.
Non c’è stato giorno, nei quattro anni della sua presidenza, che Donald Trump non abbia cinguettato. Altro che uffici stampa e portavoce, nessun intermediario, se aveva da qualcosa da dire, che fosse un compagno di partito o un leader straniero, The Donald si attaccava al suo social network preferito.
“Anch’io ho il pulsante nucleare, ma è molto più grande e più potente del suo, e il mio funziona!”. Così il 45° Presidente degli Stati Uniti ha risposto alle minacce del leader nordcoreano Kim Jong-un che, in un altro tweet, aveva soprannominato “The rocket man”. Una passione per i nomignoli beffardi, con cui nei suoi tweet ha attaccato tutti i suoi avversari politici: Sleepy Joe, Crazy Bernie, Pocahontas Warren. Trump non ha risparmiato nessuno.
Memorabili i suoi tweet sul clima, mentre nel mondo milioni di ragazzi manifestavano per una maggiore consapevolezza sul problema: “Il riscaldamento globale è un’invenzione cinese” oppure “Nei prossimi giorni dovrebbe diventare ancora più freddo. Che diavolo sta succedendo con il riscaldamento climatico? Per favore, torna presto, abbiamo bisogno di te!”
Mentre si chiude il sipario sull’account di Trump, in molti si domandano se non siano stati proprio i social network, aggregatori poco attenti di gruppi suprematisti, sovranisti e haters, a contribuire alla diffusione del germe dell’odio che ci ha portato fino all’assalto di Capitol Hill. Di sicuro, sono stati loro a far vincere le elezioni del 2016 a Trump, a suon di messaggi discutibili e toni da cyberbullo.
In attesa di conoscere come il famoso sistema istituzionale americano dei checks and balances avrà reagito all’assalto al Congresso, Twitter ha già adottato la sua sanzione, forse più dannosa di qualsiasi esito di un impeachment. Anche questa è materia di riflessione nella messa a punto che la democrazia Usa dovrà necessariamente promuovere e concretizzare, per evitare il ripetersi di episodi gravissimi come quello di Capitol Hill, figlio di tante premesse (che eastwest analizza in altri box), tra le quali spicca una distanza troppo lunga tra il voto (primi giorni di novembre) e l’insediamento del nuovo Presidente (20 gennaio).
Mentre la procedura di impeachment è incerta e farraginosa, il megafono di Twitter si è spento in un secondo. Riflessioni per il futuro delle nostre democrazie
Nella notte fra venerdì e sabato, Twitter ha deciso di “sospendere in maniera permanente” @realDonaldTrump, l’account personale del Presidente degli Stati Uniti.
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